Ucraina: Sul terreno l’iniziativa è ora nelle mani della Russia

Sul terreno l’iniziativa è ora nelle mani della Russia. Le truppe del Cremlino stanno sviluppando contrattacchi che coprono praticamente tutto il fronte sud-est ed est. Questi attacchi finora hanno portato a guadagni territoriali minimi, ma sono indicativi della situazione di difficoltà in cui si trova l’Esercito Ucraino. Ad Avdiivka (Oblast di Donetsk) le ganasce della tenaglia russa intorno alla ex-città si sono strette ulteriormente ed ora ci sono soltanto 6,5 km circa che dividono le posizioni russe a nord-est e sud-ovest dell’insediamento. Particolarmente critica è la situazione a nord di Avdiivka, dove le truppe del Cremlino sono riuscite ad avanzare sino ai margini dell’impianto di lavorazione del coke, alla periferia dell’ex-abitato. Se i russi riuscissero ad entrare in questo impianto industriale potrebbero successivamente penetrare nel centro urbano senza dover avanzare tra i campi agricoli allo scoperto, come è stato finora. Contrattacchi russi anche a nord ed a sud di Bakhmut. A nord, nell’area del reservoir di Berkhivka, gli ucraini si sono ritirati su posizioni più favorevoli, a sud dell’ex-città di Bakhmut i russi hanno riconquistato terreno ritornando sulla linea ferroviaria che costeggia Khlishchiivka. Sul fronte di nord-est continua la pressione russa in direzione di Kupiansk ma finora senza alcun risultato territoriale. Invece, sull’estremo fronte occidentale (oblast di Kherson), gli ucraini sono riusciti a creare una testa di ponte oltre il fiume Dniepr, in prossimità dell’insediamento di Krynky.

Nel frattempo gli ucraini continuano a colpire le retrovie russe. Si sono rivelati particolarmente efficaci gli attacchi alla flotta russa. Nel mese di novembre gli ucraini hanno reso inservibile la nave lanciamissili “Askold”, della Classe Karakurt, un vascello nuovo di zecca che è stato colpito mentre era alla fonda nel cantiere di Zaliv, in Crimea. Sempre in Crimea sono state colpite anche due navi da sbarco della Classe Serna nei pressi di Chornomorske. A questo proposito si fa largo l’ipotesi che la diminuzione di missili Kalibr lanciati contro l’Ucraina sia legata alle difficoltà che i russi incontrano ora nel tenere alla fonda le proprie navi da guerra nei porti crimeani. Comunque sia l’Ucraina cerca di attrezzarsi per la presumibile ondata di missili che cercheranno di metterla al freddo ed al buio nel corso di quest’inverno; diversi Paesi, la Germania su tutti, hanno fornito in questi mesi ulteriori sistemi antiaerei ad alta tecnologia.

Un tasto dolente per Kyiv è lo stato delle forniture dei Paesi alleati; l’Unione Europea quest’anno aveva promesso 1 milione di proiettili entro il marzo 2024. Ne ha consegnati 300.000 ed ha già detto che non riuscirà a raggiungere l’obettivo. 27 Nazioni con sistemi di industrializzazione avanzati non sono stati in grado di produrre 1 milione di proiettili di artiglieria da 155mm in un anno. Per contro, dall’altra parte dell’Oceano, l’Esercito Americano ha chiesto al Congresso un finanziamento di 3,1 miliardi di dollari per acquistare questi stessi proiettili, visto che l’impegno a sostenere Ucraina ed Israele sta esaurendo le scorte nei magazzini. Sembra che l’Europa e gli Stati Uniti abbiano a un certo punto concluso che al mondo non ci sarebbero state più guerre prolungate e ad alta intensità. La dirigenza politica di queste Nazioni ha creduto soltanto più possibili guerre prolungate ma a bassa intensità (ad esempio l’Afghanistan) oppure guerre ad alta intensità ma di breve durata (ad esempio le passate guerre di Israele contro Hamas nella Striscia di Gaza). Invece la Guerra d’Ucraina si sta appunto rivelando una guerra campale di vecchio stile ed i Paesi alleati dell’Ucraina non sono attrezzati per farvi fronte. La volontà politica è una cosa, ma senza le filiere industriali e l’adeguata logistica questa volontà non ha possibilità di affermarsi.

Il tipo di guerra in corso ci mostra inoltre come, per prevalere, servano ancora, e molto, le “masse” di soldati. I contrattacchi russi alle soglie di questo inverno stanno smentendo tutti gli ottimisti che nei mesi scorsi hanno dichiarato che la Russia “non aveva più riserve”. Questo fa pensare che un numero consistente di cittadini della Federazione ha continuato ad offrirsi volontario per la guerra. A questo proposito lo staff di Novaya Gazeta ha analizzato i profili social di 700 volontari russi e li ha comparati con un gruppo maschile di riferimento. Non c’è nulla di particolare nel profilo sociale di questi volontari russi, i quali hanno caratteristiche specifiche facilmente intuibili: sono meno istruiti della media, fanno lavori pesanti e di basso livello (tipicamente presso l’industria estrattiva), cercano lavori temporanei ed hanno parenti nell’Ucraina orientale, insomma: nulla di speciale li divide dagli altri abitanti della Federazione. Prendiamo dunque atto che i russi sono ancora disposti in un discreto numero ad andare a farsi ammazzare per Putin e per la Patria. Dopo almeno 240.000 tra morti e feriti gravi nel giro di 21 mesi questo dato sarebbe del tutto inaspettato per un Paese Europeo che non combattesse per la propria sopravvivenza.

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