Ucraina, il vertice di Porto: Mattarella Vs Putin

“Se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini con la Russia e questo – come avvenne nel secolo scorso tre il ’38 e il ’39 – condurrebbe a un conflitto generale”. Così il Presidente della Repubblica Italiana si è espresso nel suo intervento al Vertice di Porto (Portogallo).

Questa del Presidente Mattarella è l’ennesima ripetizione di un concetto che l’uomo politico ha ribadito sin dall’inizio della Guerra d’Ucraina (se mai ce ne fosse stato bisogno, questo suo attuale riferimento agli anni 1938-39 toglie ogni dubbio su quanto va pensando). Il concetto è così sintetizzabile: l’acquiescenza delle democrazie aumenta la propensione dei dittatori per l’azzardo. In questo senso in Europa abbiamo “un caso di scuola”. Potremmo chiamarlo: “Il caso Hitler”, o meglio: “Il caso Hitler-Chamberlain”.

Dopo aver vinto le elezioni del 1933 la politica di Adolf Hitler si caratterizza per una serie di rotture unilaterali degli equilibri usciti dopo la I Guerra Mondiale. Hitler inzia con la violazione degli Accordi di Versailles (rifiuto di pagare i debiti di guerra, superamento del numero di truppe consentito alla Germania), nel 1936 Hitler occupa la Renania, nella primavera del 1938 si annette l’Austria, successivamente richiede i Sudeti (regione dell’allora Cecoslovacchia) che gli vengono concessi durante la Conferenza di Monaco nel settembre 1938; ma sei mesi dopo Hitler occupa Praga e la Boemia ponendo fine all’esistenza dello Stato Cecoslovacco; siamo ormai nella primavera del 1939, il primo di settembre di quello stesso anno Hitler invaderà la Polonia e questo segnerà l’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

Ogni slittamento in avanti dell’espansionismo tedesco negli anni precedenti lo scoppio del conflitto mondiale si caratterizzerà come un azzardo, ma il calcolo nazista funzionerà ogni volta: Hitler sa di avere di fronte un Europa stanca di guerra (la Prima Guerra Mondiale è terminata meno di vent’anni prima) e che non vuole nuovamente uscire distrutta da una guerra. Così, ad ogni azzardo del dittatore di Berlino, le potenze europee risponderanno in un modo da soddisfare le sue mire territoriali. (Sino a che l’Europa non comprenderà che le “mire territoriali” di Adolf Hitler altro non sono che l’Europa stessa).

L’uomo simbolo dell’acquiescenza europea di fronte all’espansionismo nazista è Arthur Neville Chamberlain, Primo Ministro inglese di quegli anni. All’indomani della Conferenza di Monaco – che, senza consultare i cecoslovacchi, regalerà parte della Cecoslovacchia al Terzo Reich – ritornerà in patria trionfante, dicendo di aver raggiunto con questo compromesso: “la pace del nostro tempo”. E’ il 30 settembre 1938, la Guerra Mondiale scoppierà un anno dopo.

E’ patrimonio comune delle élite intellettuali europee il pensiero per cui, se Hitler fosse stato fermato prima del 1939, ci saremmo probabilmente risparmiati qualcosa come la Seconda Guerra Mondiale. L’Hitler che occupa la Renania nel 1936 non è forte come lo sarà quattro anni dopo, non ha ancora il controllo assoluto sui vertici militari tedeschi e il riarmo nazista non è ancora compiuto. Secondo Churchill Hitler si poteva ancora fermare nel 1938; la sintesi estrema del fallimento della politica di compromesso che invece fu tentata sta in una sua dichiarazione: “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore ed avranno la guerra”.

Questo è il fantasma che si aggira per l’Europa: non ripetere con l’espansionismo russo di oggi lo stesso errore che fu commesso con l’espansionismo tedesco di ieri. Di questa sintesi intellettuale il Presidente della Repubblica Italiana si è fatto ancora una volte interprete al vertice di Porto.Ma torniamo al fronte ucraino: molti organi di informazione hanno ripetuto fino a ieri che “i russi si sono ritirati dal porto di Sebastopoli”. Le immagini satellitari ci mostrano come oggi, nel porto di Sebastopoli, siano presenti 13 navi da guerra russe (se ne risparmia l’elenco). Da settimane alcuni prestigiosi istituti di analisi ci ripetono che: “i russi non hanno truppe di riserva”; sempre le immagini satellitari ci stanno al contrario mostrando l’ampliamento dei campi di addestramento per nuove truppe nelle retrovie ucraine. In realtà non c’è alcuna prova tangibile che il Cremlino abbia esaurito le sue truppe di riserva. Un certo, malinteso ottimismo sta inquinando la realtà del conflitto ucraino, e chissà che l’intervento esplicito del Presidente Italiano alla Conferenza di Porto non abbia invece voluto segnare la drammaticità del momento.

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