Non è folklore, è allarme: la storia ce l’ha già spiegato

Bannon, Musk e il pericolo dei simboli fascisti. Quando il passato bussa, è meglio non aprire la porta

Bannon Musk

L’ombra del fascismo sembra aver trovato nuovi testimonial, e che testimonial: Steve Bannon ed Elon Musk. Durante il suo discorso al Conservative Political Action Conference (CPAC), Bannon, ex stratega della Casa Bianca e cheerleader ufficiale di Trump, ha suscitato scalpore con un movimento del braccio che molti hanno interpretato come un saluto nazista. Musk, dal canto suo, non ha voluto essere da meno, sfoggiando un gesto simile poche settimane prima. Sarà mica una nuova challenge dei social? Due episodi che, guarda caso, capitano proprio mentre il populismo di destra prende sempre più piede. Coincidenze? Difficile crederlo.

La simbologia non è mai neutrale

Ogni gesto ha un significato, soprattutto se proviene da personaggi pubblici. Il cosiddetto “saluto romano”, che di romano ha poco, come sottolinea il professore di storia Martin M. Winkler, è diventato nel XX secolo il simbolo per eccellenza dei regimi fascisti in Europa. Braccio destro teso a 135 gradi: un gesto che, più che alla Roma antica, rimanda tristemente a una stagione di oppressione e morte. Insomma, se vuoi farti notare, ci sono modi migliori di scimmiottare le peggiori pagine della storia.

L’impatto pubblico dei gesti simbolici

Che sia stato un gesto intenzionale o una goffa mossa da palcoscenico, il messaggio che arriva è lo stesso: la normalizzazione dell’estremismo di destra. Quando Bannon urla “combattere, combattere, combattere” e poi chiude con un gesto che richiama il fascismo, non sta esattamente lanciando un invito alla meditazione zen. Musk, con la sua fama globale, amplifica ulteriormente questo messaggio, che rischia di essere percepito come una strizzata d’occhio a chi si riconosce in certe ideologie.

Il rischio della minimizzazione storica

C’è sempre chi cerca di minimizzare: “È stato un equivoco”, “Non voleva farlo apposta”, “Era solo un gesto spontaneo”. Sì, come no. La storia ci insegna che i segnali del fascismo, all’inizio, venivano considerati poco più che folklore. Poi sappiamo tutti com’è andata a finire. E oggi, con un clima politico sempre più polarizzato, fare finta di niente sarebbe come spegnere l’allarme antincendio mentre la casa brucia.

La minaccia dell’autoritarismo contemporaneo

Il populismo di destra, da Trump agli epigoni europei, gioca sulla paura e sulla rabbia per guadagnare consensi. E se Bannon sogna un Trump presidente a vita, magari con tanto di trono dorato e scettro, il pericolo è reale. Non si tratta di fantapolitica: la democrazia non è un videogioco con vite infinite. Quando i simboli del passato tornano a fare capolino, meglio non ignorarli.

Il dovere di una condanna collettiva

Di fronte a tutto questo, chi tace acconsente. Non serve essere storici o esperti di politica per capire che certe derive vanno fermate sul nascere. La libertà di espressione non può diventare un lasciapassare per diffondere odio. E no, non è “politicamente corretto”: è semplicemente corretto. Ogni cittadino, ogni leader, ogni giornalista deve fare la sua parte per contrastare qualsiasi tentativo di riscrivere la storia o minimizzare i crimini del passato.

La memoria storica come arma di difesa

Bannon e Musk possono anche giocare con il fuoco della simbologia fascista, ma sta a noi, come società, spegnerlo prima che si trasformi in un incendio incontrollabile. La memoria storica non è un vecchio libro da lasciare a prendere polvere: è uno scudo, un monito e, se serve, un campanello d’allarme. Usarlo non è solo un dovere morale, è un atto di sopravvivenza.