Iran: Shervin Hajipour condannato a tre anni e otto mesi di carcere

Shervin Hajipour è l’autore della canzone “Baraye” (“Per”); “Baraye” divenne la canzone simbolo della protesta iraniana del 2020, “Donne, Vita, Libertà”, che fu scatenata dall’omicidio di Masha Amini, uccisa di botte dalla Polizia Morale dell’Iran per aver indossato il velo in modo non corretto. Venerdì Shervin Hajipour è stato condannato a tre anni ed otto mesi di galera. Tre anni gli sono stati comminati per “incitamento alla rivolta”, altri otto mesi per “aver pubblicato propaganda contro il regime”. Questa condanna ha inoltre alcune pene accessorie: Hajipour dovrà pubblicare sui social media  un elenco delle conquiste della Rivoluzione (iraniana); dovrà redigere un riassunto di 30 pagine del libro: “La donna e i suoi diritti nell’Islam”, scritto dall’Ayatollah Morteza Motahari e del libro: “La donna nello specchio della bellezza e della gloria” di Javadi Amoli. (Non siamo riusciti a capire se sono 30 pagine di riassunto per ogni libro o per la somma di tutti e due; auguriamo a Shervin che gli tocchi quest’ultima soluzione). Inoltre dovrà obbligatoriamente partecipare ad un corso dall’interessante titolo: “Capacità comportamentali e conoscenze nel campo dell’arte”. Nella sentenza la corte ha dichiarato che Hajipour “non ha espresso rimorso per le sue azioni” e che “la guida degli esperti non è stata efficace nel correggere il comportamento dell’imputato”, (e qui immaginiamo la grande sofferenza degli esperti per non essere riusciti a portare questo giovane a comportamenti più appropriati). Gli è stato inoltre domandato di comporre una canzone contro “I crimini statunitensi”.

Auguriamo di tutto cuore a Shervin Hajipour che in futuro non si debba mai applicare a lui il verso di un cantautore italiano, Fabrizio De André, che purtroppo si attaglia perfettamente alla triste sorte delle compiante Masha Amini ed Armita Geravand: “Non mi uccise la morte ma due guardie bigotte – mi cercarono l’anima a forza di botte”.

Qui di seguito riportiamo il testo della canzone di Shervin Hajipour: “Baraye”.

Per ballare nei vicoli

Per il terrore quando ci si bacia

Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle

Per cambiare le menti arrugginite

Per la vergogna della povertà

Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria

Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri

Per questa economia dittatoriale

Per l’aria inquinata

Per Valiasr e i suoi alberi consumati

Per Pirooz e la possibilità della sua estinzione

Per gli innocenti cani illegali

Per le lacrime inarrestabili

Per la scena di ripetere questo momento

Per i volti sorridenti

Per gli studenti e il loro futuro

Per questo paradiso forzato

Per gli studenti d’élite imprigionati

Per i ragazzi afghani

Per tutti questi “per” che non sono ripetibili

Per tutti questi slogan senza senso

Per il crollo di edifici finti

Per la sensazione di pace

Per il sole dopo queste lunghe notti

Per le pillole contro l’ansia e l’insonnia

Per gli uomini, la patria, la prosperità

Per la ragazza che avrebbe voluto essere un ragazzo

Per le donne, la vita, la libertà

Per la libertà

Per la libertà

Per la libertà

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