Putin e Gerasimov: la guerra nei numeri e la retorica della vittoria

Il Cremlino sbandiera successi militari a Kursk, ma i numeri raccontano davvero una conquista o nascondono una narrazione costruita ad arte?

Putin briefing Gerasimov

Un’immagine potente, costruita per trasmettere autorità e determinazione: Vladimir Putin, in uniforme militare, affiancato dal capo di Stato Maggiore Valerij Gerasimov, visita per la prima volta la regione di Kursk dopo l’attacco delle Forze Armate ucraine. La trasferta, riportata dai media russi, ha lo scopo di consolidare la narrazione del Cremlino su un conflitto che, nonostante le difficoltà, continua a essere presentato come una campagna di riconquista e successo strategico.

Nel video diffuso dal giornalista Pavel Zarubin, in onda sul canale Rossija, Putin appare al centro di un briefing militare. Dietro di lui, mappe e schermi digitali rafforzano l’impressione di un controllo totale sul campo di battaglia. Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, conferma che la riunione si è tenuta in uno dei centri di comando del gruppo di truppe di Kursk.

Gerasimov, con il tono che il protocollo richiede, ha fornito a Putin numeri impressionanti: l’86% del territorio della regione di Kursk, precedentemente occupato dall’esercito ucraino, sarebbe stato riconquistato. Le perdite inflitte a Kiev, secondo il generale russo, ammonterebbero a oltre 67.000 soldati e 7.000 unità di equipaggiamento distrutte. Inoltre, negli ultimi cinque giorni, le forze russe avrebbero riconquistato 24 insediamenti e 259 km quadrati di territorio.

Sul suo canale Telegram, Mash ha sottolineato che il contingente ucraino nella regione sarebbe ormai circondato e sottoposto a una “distruzione sistematica”. Gerasimov ha poi evidenziato come in alcuni tratti del confine le forze russe siano avanzate nella regione ucraina di Sumy, alimentando nuove tensioni su un possibile ampliamento dell’offensiva.

Putin, nel suo discorso, ha posto l’accento sulla necessità di valutare con attenzione la creazione di una zona di sicurezza lungo il confine russo-ucraino. Una dichiarazione che alimenta l’ipotesi di un’ulteriore escalation e di un rafforzamento del controllo territoriale da parte di Mosca.

Altro elemento che non passa inosservato è la gestione dei prigionieri di guerra ucraini. Putin ha dichiarato che i militari catturati saranno trattati come terroristi, in conformità con le leggi della Federazione Russa, mentre i mercenari stranieri non godranno della protezione della Convenzione di Ginevra. Parole che suscitano preoccupazioni sulle possibili violazioni del diritto internazionale.

Secondo quanto riportato dalla testata giornalistica Baza, Gerasimov ha riferito che 430 militari ucraini sarebbero stati catturati nel corso delle operazioni. In particolare, ha menzionato un’azione condotta con successo nella zona di Sudža, con la partecipazione di unità speciali come Veterany, Achmat, l’11ª Brigata e il 30° Reggimento.

Come spesso accade, resta da chiedersi: è realtà o solo un’abile costruzione propagandistica? I numeri forniti da Mosca devono essere presi con estrema cautela. Non esistono conferme indipendenti su queste cifre, e la narrazione russa segue un copione ben preciso: presentare l’operazione militare come una vittoria inarrestabile. Tuttavia, gli analisti occidentali e le fonti ucraine offrono un quadro molto diverso.

La regione di Kursk è stata teatro di attacchi mirati da parte delle Forze Armate ucraine, con incursioni nelle retrovie e sabotaggi alle infrastrutture militari russe. Le difese russe nella zona sono state rafforzate, ma l’idea che Kiev abbia subito una disfatta totale è in contrasto con le dinamiche reali del conflitto.

L’ordine di valutare una ‘zona di sicurezza’ suggerisce che il Cremlino teme infiltrazioni nemiche e sabotaggi interni. Inoltre, la dichiarazione di Putin sui prigionieri evidenzia un’ulteriore deriva autoritaria nel trattamento degli avversari catturati.

Nel frattempo, Mosca sta valutando con cautela ogni sviluppo, soppesando le implicazioni della tregua di trenta giorni accettata da Kiev e sostenuta da Washington. Stando a quanto riferisce l’agenzia Bloomberg, Putin potrebbe accettare una tregua, ma tenterà di allungare i tempi per ottenere condizioni più vantaggiose. Il Cremlino ritiene inaccettabile lo schema dell’accordo raggiunto a Gedda dalla delegazione ucraina, poiché non accoglie le richieste russe di discussioni più ampie e a lungo termine.

Inoltre, Mosca potrebbe pretendere la sospensione delle forniture di armi all’Ucraina come condizione per il cessate il fuoco. “Putin non darà un secco ‘sì’ o un secco ‘no’”. Questo ha dichiarato Tat’jana Stanovaja del Carnegie Russia Eurasia Center, sottolineando che anche nel caso di una tregua, le condizioni imposte da Mosca sarebbero estremamente rigide.

Putin e Gerasimov hanno costruito un’immagine di avanzata inarrestabile, ma la realtà sul campo potrebbe essere ben diversa. La guerra d’informazione continua a essere un pilastro della strategia russa, dove la narrazione della vittoria è parte integrante dello sforzo bellico. E mentre la guerra prosegue su piani paralleli, con dichiarazioni e negoziati che sembrano appartenere a due realtà inconciliabili, il destino della regione di Kursk e dell’intero conflitto resta avvolto in un equilibrio precario, tra propaganda e battaglie reali, tra strategie diplomatiche e offensiva militare.

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