Martin Scorsese e il cinema che non c’è

Esistono cineasti che hanno spaziato nei generi variando il loro stile secondo le esigenze che questo o quel titolo prevedevano. Uno di questi è Martin Scorsese , capace negli anni di adattare il suo talento a qualsiasi trama. Il regista di Taxi Driver è uno dei filmmaker che più hanno saputo spaziare raccontando qualsiasi tipo di ambiente sociale ed epoca. Proporre titoli conosciuti sarebbe un errore abbastanza grossolano per chi ha voglia di cimentarsi nell’approfondire il lavoro di questo grande artista. E’ preferibile parlare di quei lavori meno conosciuti al grande pubblico, vere perle nascoste di un indiscusso maestro del grande schermo.

Re per una notte 1983

Comico privo di talento bracca il conduttore di un talk show per lanciarlo in televisione. Il divo, molto imbarazzato, tenta di prendere tempo con qualche promessa. Questa indifferenza palese porterà il povero disperato a rapire il suo idolo barattando la sua vita con un’esibizione televisiva. L’ostaggio sarà liberato e il sequestratore arrestato diventando, dopo il suo numero a telecamere accese, un fenomeno mediatico.

The King of comedy ( titolo originale) è uno dei più grandi insuccessi commerciali e allo stesso modo dei lavori più riusciti di Scorsese. Il regista costruisce una satira sul potere della televisione e sulle implicazioni della fama. Robert Pupkin (interpretato da De Niro) è una mente semplice e frustrata che vive credendo che il successo sia una cosa a portata di mano. La sua ossessione per la fama è la metafora di un’America che vedeva nella televisione la strada più veloce per affermarsi. Un protagonista in stato di grazia cui il regista affianca Jerry Lewis ( nella parte del conduttore) perfetto anfitrione e intrattenitore a tutto tondo. Dialoghi in grado di far sorridere e pensare sono la forza di un film particolarmente interessante e ancora molto attuale .

Al di là della vita 2000

Tre giorni e due notti sull’ambulanza di un paramedico che lavora nei gironi di New York. Frank Pierce (Nicolas Cage) è un uomo che non riesce più a reggere le pressioni del suo lavoro. Accompagnato da colleghi reazionari o mistici, il protagonista sembra perennemente sull’orlo di un abisso fatto di storie impossibili da metabolizzare. Un film straordinariamente legato alle derive personali e collettive che riesce a scuotere il pubblico per la sua onestà intellettuale. Spesso anche chi salva, deve essere salvato.

La forza della regia di Scorsese è tutta nella rappresentazione di una città troppo lontana dalle anime dei suoi abitanti. L’uso che il regista fa della notte ricorda il cinema di George Romero ma con il consueto tocco di quello stile cui Scorsese ha abituato il suo pubblico fin dagli esordi. I dialoghi sono a metà tra il disperato e l’ironico ma mai definitivi nella condanna delle personalità sullo schermo. Al di la della vita è un film sull’espiazione e sulla redenzione alle soglie del nuovo millennio, un tempo dove le tradizioni mutano e determinati valori tendono a diradarsi.

Shutter Island 2010

La scena prende vita nel 1954 sulla piccola isola Shutter. Due agenti dell’Fbi sbarcano con la missione di indagare sull’improvvisa sparizione di Rachel Soldano. La donna, internata in un manicomio criminale, sembra essersi volatilizzata nel nulla. Appena entrati nella struttura, i due protagonisti saranno catapultati in una spirale di mistero, dove realtà e fantasia si confondono. I due agenti proveranno a risolvere il rompicapo che gli si presenta davanti chiedendosi cosa ci sia di reale.

Shutter Island è il film più inquietante di Martin Scorsese che costruisce una storia degna del cinema di Hitchcock portando lo spettatore a vivere l’esperienza dei due protagonisti. Nell’America degli anni cinquanta le passioni post belliche non erano certo sopite e l’agente Taddy Deniels, Leonardo Di Caprio, vive di ricordi difficili da metabolizzare. Un film che contiene molti più generi del semplice giallo per una storia che procede a scatti e una verità che cambia continuamente fino a creare una sensazione illusoria in chi guarda. Scorsese dosa sapientemente delle dissonanze narrative senza marcare eccessivamente le tinte, anche quando sono tirati in ballo possibili ex nazisti.

Il regista utilizza tutte le armi più sottili per arrivare alla consapevolezza di un presente dove l’illusione è la nuova realtà. Attraverso dialoghi secchi e privi di qualsiasi vezzo Shutter Island acquisisce un’atmosfera da hard boiled. Una situazione al limite, dove uomini duri ( gli agenti) cercano di capire come un’infanticida possa essersi cancellata senza lasciare traccia. Eroi Junghiani alla perenne ricerca della verità.

Fuori orario 1985

Un tecnico di computer molto diligente e coscienzioso diventa per una notte il suo alter ego. Arrivato per caso nella Soho newyorkese, Paul Hackett viene trascinato in una serie di eventi poco fortunati che gli regaleranno ore difficili da ipotizzare. Fuori orario è un’eccentrica commedia che Scorsese adatta sul suo umore di quel periodo.

Il film viaggia a metà tra un racconto di Kafka e Intrigo Internazionale ma è carico di quell’ironia spontanea che lo rende un ottimo intrattenimento. Il regista prende il quartiere degli artisti per eccellenza (Soho) e lo rende sporco e poco frequentabile così da trasformare New York in una creatura capace di far uscire ansie e paure del protagonista. Una commedia nell’accezione meno classica ma capace di mostrare l’eroe comune (ottima la prova di Griffin Dunne) in preda a uno smarrimento continuo creato attraverso un’uscita improvvisa dalla zona di confort.

Le commedie degli anni ottanta portavano in dote un’accezione giovanilista che il regista sovverte trasformando la vicenda in un giallo onirico. Nel film non mancano alcuni simpatici sberleffi agli eccessi di una decade che non prevedeva momenti di riposo, realizzati grazie l’uso di un montaggio alternato. Le avventure di Hachett sembrano non poter vivere alcuna pausa portando il protagonista al finale di un sogno molto reale.

New York, New York 1977

Storia d’amore tra un sassofonista e una cantante dal 1945, s’incontrano il 2 settembre nella notte della resa giapponese, al 1953. La vicenda parte da New York e tornerà nella grande mela per una conclusione tributo alla città più famosa del mondo. Dopo una gavetta da contratto nel mondo dello spettacolo i due faranno successo ma quando lei diventerà più famosa di lui, i guai in famiglia arriveranno. Il film è un esempio di come Scorsese sia tranquillamente in grado di adattare il cinema classico al suo stile di narrazione.

In scena va una coppia testimone di un periodo d’oro, quello della ricostruzione, dove il futuro appariva radioso a prescindere. Sullo schermo ci sono due anime che farebbero di tutto per diventare professionisti ma con un talento impulsivo a guidarli. Francine Evans (la cantante) è una donna di grande talento che vive la musica come una guida, ma lo fa in mondo sereno. Jimmy Doyle è un irrequieto musicista per cui la vita non ha mezze misure .

Scorsese segue gli stilemi del melodramma raccontando le carriere parallele di Francine e Jimmy mostrando l’America degli anni cinquanta (ricostruita in maniera eccellente) con l’aggiunta di malinconia. Il risultato è una riflessione sui sentimenti e su quel futuro radioso che per la coppia, come per la nazione, sarà perso di vista per futili incomprensioni. La sceneggiatura dosa perfettamente malinconia e ironia, andando a completare due anime complesse che pare abbiano fatto di tutto per funzionare senza esserci mai riusciti del tutto. La colonna sonora, con i brani più famosi del periodo, è un valore aggiunto quasi come la recitazione di Robert De Niro e Lisa Minelli.