La nostra casa: un po’ fortezza, un po’ prigione

Ci siamo appena lasciati alle spalle causa Covid un mese buio e tragico, che nel bene o nel male ha avuto un unico punto di riferimento: la nostra casa

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Questo lunghissimo e tristissimo mese di marzo è appena scivolato finalmente via, e mentre cerchiamo di capacitarci del fatto che tutte le cose incredibili e stranianti che abbiamo visto e letto sono accadute davvero e nell’arco di soli 31 giorni, già ci prepariamo a vivere altre settimane con lo stesso stato d’animo e la stessa prospettiva: autoconfinarci in casa per evitare di diffondere il contagio.

Dimostrando responsabilità, un’intera nazione si è fermata e si è chiusa in casa

Abbiamo dimostrato, anche a chi ci guarda da oltreconfine, di essere perfettamente in grado di comprendere e di mettere in atto una misura così estrema. Con grande senso di responsabilità, si sono allineati tutti, giovani e vecchi. Privati, i bambini, dei giochi all’aria aperta e (un po’ meno) della scuola, gli anziani delle partite a bocce e a scopone, ma soprattutto del contatto con quella che è la loro vera luce degli occhi: i nipoti. C’è stato è vero, anche chi ha trasgredito. Una sparuta minoranza di incoscienti, verso i quali la nostra riprovazione è grande almeno quanto lo è la loro fantasia nel compilare i moduli delle autocertificazioni. Ma salvo queste eccezioni, un’intera nazione si è fermata e si è chiusa in casa. Ecco, la nostra casa appunto. L’unico riferimento, nel bene e nel male, in questi tempi di crisi.

La nostra casa trasformata da sicuro rifugio in ansiogena “escape room”

E allora fermiamoci un attimo a riflettere su quella realtà fisica che normalmente nelle nostre vite è al massimo una apprezzata attrice non protagonista e ora invece si è ritrovata all’improvviso a essere la star incontrastata delle nostre giornate. Diciamolo, sono veramente pochi quelli che non stanno vivendo questo periodo di forzata permanenza entro le mura di casa come una forma di costrizione. E a un tratto la nostra casa, il nostro rifugio, il nostro “buen retiro” dalle fatiche quotidiane, dallo stress del traffico e da una società sempre più competitiva e incazzosa, ecco che da fortezza che ci protegge si è trasformata in una prigione. Dal diritto fondamentale di ogni cittadino a possederne una, siamo passati a batterci per quello di uscirne. Le pareti che ci circondano sembrano stringersi intorno a noi ogni giorno di più come in un’ansiogena “escape room” da film horror. Agli aggettivi “accogliente” e “sicura” abbiamo sostituito ormai “soffocante” e “opprimente”.

Il recupero della funzione primaria offerto dalla casa: il riparo

Eppure no, anche se mi manca terribilmente l’aria aperta, il sole sulla pelle e nelle ossa, le passeggiate… non ci sto a criminalizzare la nostra casa e cerco di spezzare una lancia in suo favore, restituendole il ruolo di “fortezza” al posto di quello di “prigione”. E così, per interiorizzare il momento e far fronte a questa emergenza di portata epocale, cerco di recuperare dalla memoria il ricordo di altri periodi di permanenza forzata tra le mura domestiche, momenti che ho dovuto affrontare e che, con modi, tempi, problematiche diverse, possono essersi verificati anche nelle vite di altri ma che, ugualmente, sono accomunati dal fatto di essere stati alla lunga superati. Così il primo ricordo è lontano, confinato ai tempi seguiti all’esame di maturità, quando una patologia ancora sconosciuta e la mancanza di ausili e contatti che aiutassero a superare limitazioni nei movimenti e spostamenti all’esterno mi costringevano a trascorrere quasi tutti i giorni in famiglia e quindi a casa. Allora il mio nemico non era certo la casa ma il tempo, da riempire il più possibile con i miei hobbies, interessi e passioni (e senza l’ausilio di internet). Stiamo parlando non di settimane o mesi, ma di diversi anni passati così. L’altro ricordo è molto più recente e risale a tre anni fa quando, per una frattura a un femore, dopo il periodo trascorso in ospedale per degenza e riabilitazione, ho passato tre solitari mesi a casa uscendo soltanto per le visite mediche connesse alla mia convalescenza.

Bene, se alla fine, presto o tardi, anche quei lunghi e difficili periodi di permanenza a casa sono passati, passerà anche quello che sto, stiamo vivendo. E se difficilmente tutto il gran marasma si potrà risolvere entro il 13 aprile, inspiro a fondo e penso che lei, la mia fortezza, comunque mi impedirà di subire l’attacco del virus o di trasformarmi nel veicolo che gli permette di attaccare gli altri. E il prossimo week-end? E Pasqua e Pasquetta che già fanno l’occhiolino dietro l’angolo? Beh non so voi, ma… #iorestoacasa.

Foto di fancycrave1 da Pixabay