John Carpenter creatore di atmosfere

Ci sono registi che rimangono nella storia del cinema senza, purtroppo, rimanere nei cuori delle masse. Alcuni artisti sono in grado di condizionare, attraverso il loro lavoro, il modo di intendere la settima arte. E’ chiaro che farsi strada lavorando sotto traccia, affrontando generi di nicchia non è così facile. Un uomo di nome John Carpenter ha scritto alcune pagine straordinarie del cinema di genere occupandosi soprattutto di horror e di antieroi. Dalla fine degli anni settanta Carpenter ha rivoluzionato la paura facendola diventare spessore e ci è riuscito con pochissimi soldi, attori semi sconosciuti e molta inventiva. Lo stile che caratterizza questo filmmaker è il minimalismo declinato nella regia e nelle sceneggiature.

Storie e inquadrature che esaltano il particolare, il vezzo di una carrellata o di una similitudine nel linguaggio dei personaggi. Discorso a parte per il ritmo, che è una caratteristica fondamentale della produzione Carpenteriana, e la suspense.; entrambi garantiti dall’iterazione del naturale e del soprannaturale. Musicista “per gioco” è autore delle sue colonne sonore che sono, in molti casi, più conosciute dei film stessi. Un’America rappresentata in maniera costruttiva e distruttiva allo stesso tempo, dove l’atmosfera western (primo amore del regista) si reinventa contaminandosi con l’horror e la critica sociale. Per avvicinarsi alla poetica di uno dei più grandi registi viventi occorre approfondire cinque titoli che rappresentano un percorso ideale.

Grosso Guaio a Chinatown 1986

Jack Burton è l’antieroe solitario per eccellenza. Misantropo di ottimo cuore, l’uomo, si ritrova catapultato in una missione di salvataggio contro una triade di cinesi desiderosi di dominare qualsiasi cosa. In coppia con un ristoratore di origini asiatiche Jack dovrà vedersela contro un’orda di ninja semi umani. Il film, che vede ancora Kurt Russel come protagonista, è un piccolo gioiello di ritmo e ironia. Nella vicenda si trovano tutti i temi cari a Carpenter (dalla critica sociale all’onore) declinati in chiave deliziosamente leggera. Un film che entra nell’immaginario collettivo di quei ragazzi, ormai cresciuti, testimoni delle sale cinematografiche negli anni ottanta. Quando il cinema era ancora un evento e la poltrona, una scelta obbligata non sempre erano le pellicole messe giù a tavolino a conquistare gli spettatori.

La cosa 1982

In una base scientifica nella profonda Antartide una creatura aliena s’insinua tra gli umani uccidendoli uno per volta. Il film rappresenta totalmente il talento del regista che, con scarsità di mezzi, confezione una vicenda ricca di trasformazioni. Come la “Cosa” anche il film passa dal thriller all’horror senza dimenticare il drammatico. Rifacimento di un classico degli anni 50 la pellicola segue una trama a orologeria riuscendo ad aumentare la suspense con lo scorrere dei minuti. Nonostante la presenza di Kurt Russel la vicenda non prevede un vero e proprio protagonista ma una serie d’individualità che il regista tratteggia in maniera eccellente, servendosi delle personalità per variare il ritmo della vicenda. Un plauso speciale va dedicato alla colonna sonora del maestro Morricone che riesce a enfatizzare l’atmosfera ghiacciata di ambiente e personaggi. Il finale della storia rappresenta di per sé un film nel film.

Il seme della follia 1994

Un viaggio ai confini della mente per il protagonista da cui non farà mai più ritorno. Il detective Trent viene incaricato da un’assicurazione di ritrovare uno scrittore di romanzi horror. Sutter Kane ( lo scrittore) è sparito nel nulla senza consegnare l’ultimo lavoro. Il detective s’insinua nella mente di Kane fino a trovarlo in una cittadina del Maine dove ogni abitante è il frutto della fantasia dello scrittore. Il protagonista è un personaggio del Carpenter classico , antieroe senza possibilità di esercitare il libero arbitrio.

L’uomo arriverà a dubitare della sua stessa salute mentale o di quella del mondo intero. Un film difficile da spiegare, non essendo la trama del tutto lineare, ma una vera esperienza estetico/ visiva. Il regista continua con un lavoro ai margini della società mettendo in dubbio qualsiasi certezza e lo fa attraverso la dissacrazione e una lettura sapiente della mente umana. Anche in questo film l’atmosfera è la colonna portante su cui costruire tutto il resto. Dialoghi e personaggi degni di un poliziesco anni 40 e una serie di colpi di scena rendono Il seme un piccolo capolavoro nascosto della cinematografia di genere.

Halloween la notte delle streghe 1978

In questa vicenda c’è la storia del teen horror. Prima di Jason o Freddy è arrivato Michel. In una cittadina dell’Illinois nella casa coloniale per eccellenza il piccolo Michael Myers uccide la sorella maggiore senza apparente motivo. Passano quindici anni e Mike scappa dal manicomio per tornare a casa e consumare la sua vendetta. Dopo i primi quindici minuti di film si ha la netta sensazione di assistere a un prodotto perfetto. Il film è un orologio di lusso che si snoda in una mescolanza di orrore e paura.

Carpenter costruisce un’atmosfera alla Hitchcock e riesce a farlo utilizzando gli stilemi di almeno quattro generi filmici. In Halloween il western coesiste con la paura e la commedia boccaccesca e lo fa attraverso una regia perfetta perché quasi indifferente al risultato. I dialoghi sono ridotti al minimo per enfatizzare la natura criminale di tutta la vicenda. Ottima la prova di una giovane Jamie Lee Curtis e del veterano Donald Pleasence nella parte dello psicologo.

1997 Fuga da New York

Jena Plissken, un pericoloso galeotto, è obbligato a entrare nell’isola di Manhattan con lo scopo di recuperare il presidente degli Stati Uniti. L’isola, trasformata in una prigione a cielo aperto, è preda di delinquenti vari uniti sotto il Duca, un despota vanesio. Capolavoro assoluto di Carpenter rimane il film che ha sdoganato i generi minori permettendo alla creatività di spaziare ovunque. La vicenda è una miscellanea d’ironia grottesca e pensiero. Le anime di protagonisti e comprimari sono tratteggiate in maniera eccellente.

Il regista, che è anche autore della sceneggiatura, crea un mondo fatto di paure e contraddizioni, ma anche di senso del dovere e nostalgia. L’atmosfera notturna è un valore aggiunto che permette di immedesimarsi totalmente nella vicenda apprezzandone il risultato, anche e soprattutto per la sua apparente parzialità. Una storia dagli echi teatrali (ricorda il lavoro di Brecht ) che si inserisce perfettamente nell’esagerazione marchiata inizio anni 80 dove la paura e l’euforia andavano di pari passo anche nella settima arte. Ottimo il cast che vede, oltre al solito Kurt Russel anche Ernest Brognine, Lee Van Cleef e Harry Dean Stanton.