In viaggio verso la ripresa, oltre i confini e con un passaggio obbligato

L’avvicinarsi della fase 2 confonde gli animi con paura e speranza. Rispetto, altruismo e consapevolezza sono più che mai chiamati all’appello. Insieme a una fiducia negli uomini, unici responsabili del futuro impatto dell'epidemia

Parigi – Nonostante il cielo grigio, questa mattina l’aria profumava di fresco. Le piante del fioraio prendevano finalmente luce fuori dal negozio. Il gestore di una pizzeria alzava una cigolante saracinesca. Su altre si leggeva, in grande, il giorno di riapertura. Qualche macchina in più “intralciava” la corsa ai runner, che però sembravano sorridere anche più del solito. Speranza, ma anche paura, negli animi della gente, sulla via di una “ripresa” dai contorni incerti. Qui la quarantena dovrebbe finire, così com’era cominciata, una settimana più tardi che in Italia. Un dettaglio dietro a un destino comune che, superando ogni confine o cultura, ha legato i due Paesi insieme a tutti gli altri.

Comune è l’aver gioito dei caldi sorrisi di sconosciuti per strada, mal sopportato la diffidente distanza sociale, più che fisica, di altri. Aver trovato conforto nelle persone amate, scoperto la vera natura di amici che pur si credeva di conoscere. Comune dovrebbe ormai essere la coscienza che l’impatto dell’epidemia non è predeterminato ma dipende principalmente dal senso di responsabilità, rispetto e fiducia di ognuno.

La fiducia, arma e rimedio

“Fiducia, responsabilità e senso civico” chiedeva martedì scorso Edouard Philippe, Primo Ministro francese, ai cittadini, a se stesso e ai deputati che in seguito, democraticamente, avrebbero votato il programma da lui esposto. Attenzione, il Primo Ministro, non il Presidente Macron, datosi alla macchia dall’inizio, a meno di 2 interventi pubblici. “Siamo in guerra”, proclamava solenne nel primo. Ma torniamo alla fiducia.

Una potente arma per scongiurare una nuova, violenta ondata di contagi. E insieme una cura per la grande pena che il virus ha inflitto anche a chi non ne è stato fisicamente vittima: l’impossibilità di stare vicini a chi si ama. Bisognerà scegliere le persone con cui spezzare quella distanza, con cui mutualmente decidere di rischiare, per salvare cuore e mente con abbracci e carezze. Gli ormai famosi “congiunti”, in quella nuova accezione del termine che non stanca di stupire. Per fortuna, anche lo sconcerto davanti a discorsi e operati di altri capi di Stato ha fatto di tutto il mondo un paese, facendoci sentire meno soli.

Non siamo soli

All’ultimo discorso di Conte, gli americani risponderebbero con un utile e liberatorio what the fuck! Nessuna lingua, invece, potrebbe adeguatamente reagire al suggerimento di Mr Trump di iniettarci tutti una buona dose di gel. Gli inglesi sono rimasti interdetti di fronte a un incredibilmente umile Boris Johnson, ieri presente in conferenza stampa. Il virus sembra avergli fatto realizzare di non essere il solo a dover prendere decisioni. Ma come dimenticare la sua sconsiderata proposta di immunità di gregge, 27000 morti dopo?

Il Presidente brasiliano Bolsonaro, ancora a fine marzo, definiva il Covid-19 una “misera influenza”. Tanti capi di Stato hanno gravemente (sotto)valutato il pericolo. Vero, lo abbiamo fatto anche noi cittadini. Certo, trovarsi di fronte a una pandemia è un’impresa senza pari. Certo anche però che democrazia e altruismo, in un momento come questo, dovrebbero essere assolute priorità per chi regge il Paese.

Virus rivelatore della vera natura delle persone

A ognuno il suo ego. In quarantena più che mai. Opinioni o commenti fuori luogo, post auto-celebrativi, auto-commiserazione da uniche vittime della situazione di alcuni hanno decretato, in molti casi, la chiusura di rapporti, non risparmiando neanche amicizie di vecchia data. Mentre semplici messaggi o chiamate per motivare, fare compagnia o strappare risate ne consolidavano e facevano nascere altre.

Se da un lato eccezionali talenti come i Rolling Stones, Eddie Vedder o l’organizzatrice Lady Gaga raccoglievano, con un live, 128 milioni di dollari per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Carla Bruni, dal suo lato – quale, sennò? – raccoglieva like mandando “musica e speranza” con l’ennesima foto di copertina che la ritraeva, divina, in abiti da figlia dei fiori.

Immaginare una nuova normalità

Qualche giorno fa, un medico prospettava in TV la “nuova normalità” alla quale, se saremo saggi, dovremo abituarci. Un quotidiano in cui gli incontri dovranno essere rigorosamente mascherati e a distanza, ma che ci lascerà anche qualche “libertà” e gesto di conforto. Potremo, per esempio, stringere la mano alle persone, a condizione di mettere il gel subito dopo. Surreale? Decisamente. Ma che alternativa abbiamo? Per fortuna possiamo contare sull’aiuto del sole, la cui magica presenza ha salvato tanti da una depressione capace di colpire, in quarantena, persino i più forti. Basta un giorno di pioggia per rendersene conto.

“L’uomo ragionevole si adatta al mondo; l’uomo non ragionevole si ostina a cercare di adattare il mondo a se stesso”, scriveva, nel 1905, il drammaturgo e attivista politico George Bernard Shaw. E concludeva: “qualsiasi progresso dipende quindi dall’uomo non ragionevole”. Consci di questa amara verità, gli uomini non hanno comunque altra scelta, oggi, se non quella di agire con lucida consapevolezza. E tanta, tanta pazienza.

 

Foto di Larisa Koshkina da Pixabay