
Il cielo del Baltico, nella mattinata di ieri, 13 agosto 2025, aveva il colore freddo dell’acciaio. Dalla pista della base aerea di Ämari, in Estonia, il silenzio è stato spezzato dal ruggito compresso dei motori Pratt & Whitney F135. In pochi secondi, due F-35A dell’Aeronautica Militare italiana hanno lasciato terra e quota, scattando verso nord-est. Non si è trattato di un volo di addestramento: è scattato lo scramble, l’allarme reale che il Comando Aereo Alleato della NATO dirama solo quando c’è un contatto potenzialmente ostile. Due velivoli non identificati sono stati rilevati in avvicinamento ai confini orientali dell’Alleanza.
Quando i radar ne hanno tracciato i contorni, non ci sono stati dubbi. Erano un Suchoj Su-24 “Fencer” e un SuchojSu-27 “Flanker” russi, in volo senza transponder e senza piano di volo attivo. Un comportamento che, per chi vigila sui cieli, equivale a bussare alla porta senza annunciare il proprio nome. Gli F-35 italiani, in pattugliamento nell’ambito della missione NATO Baltic Air Policing, hanno preso quota e rotta, hanno intercettato i due caccia e li hanno scortati fino a quando, virando verso oriente, si sono allontanati senza violare lo spazio aereo dell’Alleanza.
La notizia, rilanciata immediatamente dalle principali agenzie, non ha tardato a varcare i confini nazionali. L’ANSA britannica ha parlato di una “prima storica” per le forze italiane, sottolineando che mai prima d’ora i caccia F-35 del nostro Paese erano decollati dalla base di Ämari per un’intercettazione reale contro velivoli russi. Non era la prima missione in assoluto dell’Italia nel Baltico, ma lo era per questa combinazione di elementi: tecnologia stealth di quinta generazione, partenza dal cuore dell’Estonia e contatto diretto con velivoli di Mosca.
Il dispiegamento italiano ad Ämari, iniziato il 28 luglio 2025 con quattro F-35A del 32° Stormo, è parte di un meccanismo di difesa aerea che dal 2004 protegge Estonia, Lettonia e Lituania. Il Baltic Air Policing è lo scudo invisibile della NATO in una regione che non possiede caccia da combattimento propri. Qui la prontezza non è un concetto astratto, ma una routine di radar, turni serrati e motori caldi, pronti a decollare ventiquattro ore su ventiquattro. Negli ultimi mesi, le segnalazioni di aerei russi privi di identificazione si sono fatte più frequenti, alimentando un clima di allerta costante.
All’estero, le reazioni sono state immediate. Il UK Defence Journal ha lodato la rapidità dell’intervento e la perfetta integrazione italiana nella catena di comando NATO. L’Economic Times indiano, invece, ha messo in evidenza la natura dei jet russi e la funzione deterrente dell’operazione. Huffington Post España ha preferito un’immagine geografica, definendo il Mar Baltico il “lago della NATO”, sempre più solcato da pattugliamenti alleati. Ovunque, il filo conduttore è stato lo stesso: non si è trattato di un semplice episodio operativo, ma di un messaggio.
E quel messaggio non si è perso nel vento: aveva un destinatario preciso. Domani, 15 agosto 2025, Donald Trump e Vladimir Putin si siederanno faccia a faccia ad Anchorage, in Alaska, nella cornice strategica della Joint Base Elmendorf-Richardson. La Casa Bianca ha presentato l’incontro come un “listening exercise”, un esercizio di ascolto volto a sondare le intenzioni di Mosca sul conflitto in Ucraina. Ma le parole pronunciate da Trump alla vigilia hanno il sapore di un avvertimento, più che di un’apertura: “Se la Russia non accetterà di porre fine alla guerra, ci saranno conseguenze molto gravi”. Sullo sfondo, secondo diverse fonti internazionali, ha preso forma anche l’ipotesi di un incontro a tre, con il presidente ucraino Vladimir Zelenskij a completare un tavolo già carico di tensioni.
In questo contesto, l’intercettazione italiana nel Baltico ha assunto un valore aggiunto. Non è stato soltanto un’azione di difesa aerea, ma un tassello di una strategia più ampia, in cui la NATO ha mostrato a Mosca non solo la volontà di dialogare, ma anche la capacità di reagire in tempi rapidi. In pratica, mentre ad Anchorage si stavano preparando le sale per il confronto, nei cieli baltici si mandava un segnale chiaro: lo spazio aereo dell’Alleanza è sorvegliato, protetto e pronto alla difesa.
Quando i due F-35 sono rientrati alla base e i motori si sono spenti, il messaggio è rimasto lì, concreto, sospeso nell’aria come una scia invisibile. L’Italia ha mostrato di esserci, non solo come partner politico, ma come forza aerea affidabile e reattiva. E mentre il mondo attende di capire cosa si deciderà in Alaska, sul Baltico è rimasta intatta quella sensazione di vigilanza, propria di chi sa che la pace, oggi più che mai, si protegge anche con le ali spiegate.
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