Cultura in tempo di Covid-19. Il cinema bellico italiano

Il cinema bellico

Un invito a conoscere è l’augurio migliore che si possa fare. Il cinema bellico italiano ha sempre avuto un fascino discreto, si è declinato dal puro neorealismo all’intrattenimento mantenendo risultati soddisfacenti. Va detto che, soprattutto nella prima fase, i film come “Caccia Tragica” o “Roma città aperta” utilizzavano la guerra come espediente per raccontare le vite delle persone comuni in tempo di conflitto.

Più in la con gli anni ricordiamo capolavori dell’intrattenimento come “Quel maledetto treno blindato” o “El Alamein” hanno introdotto il ritmo alla narrazione rendendo il genere più fruibile al grande pubblico. Ricostruendo una carrellata di film che riescano a comunicare quel modo dubbioso e cialtrone di rappresentare i conflitti occorre puntualizzare due cose. Il belpaese è incapace di rappresentare una guerra a senso unico. Scordare quindi qualsiasi genere di epicità o manicheismo, gli italiani anzitutto dubiteranno preferendo le sfumature alle tesi.

Non essendoci registi specializzati occorre proporre più artisti e i loro approcci differenti e per questo interessantissimi.

 

Il cinema bellico italiano – Primi anni 60

 

Tutti a casa, Luigi Comencini 1960

Protagonista del film è Alberto Sordi nei panni di un tenente fascista a capo dell’ennesimo plotone improvvisato. Dopo l’8 settembre 1943 non arrivano ordini e gli uomini decidono di tornare alle loro case.  Si uniranno al loro tenente in questa traversata del paese afflitto da un’anarchica disperazione. Film che mischia la commedia italiana al neorealismo grazie a una sapiente sceneggiatura in grado di spezzare il ritmo drammatico con dialoghi ironici inseriti in maniera sapiente. Il lavoro migliore di Luigi Comencini rappresenta una testimonianza importante sulla natura degli italiani in quel tempo.  Qui la guerra è un pretesto per parlare di quanto fosse difficile mantenere la lucidità e che, in assenza di certezza, la fuga è l’unico riparo sicuro. Prendere una decisione sotto pressione è un’abitudine che ricorre spesso in Tutti a casa, non senza qualche malizia e qualche sorpresa.

tutti a casa

 

Una vita difficile, Dino Risi 1961

Alberto Sordi è un partigiano distaccato nell’Italia settentrionale. In fuga con il suo battaglione si rifugia in una pensione, dove rischia di venir ucciso da un soldato tedesco. La figlia della locandiera lo salverà, qualche anno dopo diventerà sua moglie. Silvio Magnozzi (il protagonista) è un’eccellente metafora dei vent’anni italiani successivi al 1945. Risi presenta il  protagonista  in tutte le sue sfaccettature e nella  coerenza che lo accompagnerà per tutta la vita, mentre una morale italiana, in cui aveva creduto si sgretola davanti ai suoi occhi.  Magnozzi è un puro incapace di smettere quella guerra cominciata tanti anni prima.

I nemici non sono più tedeschi ma imprenditori senza scrupoli e i loro servi. Davanti a un paese che cambia Sordi, mette insieme un personaggio di una bontà pericolosa. Scritto da Rodolfo Sonego il film deve molto alle interpretazioni di tutto il cast. Oltre all’Albertone nazionale sono essenziali i ruoli di Claudio Gora e Lea Massari. E’ impresa ardua proporre, indegnamente, “Una vita difficile” si avrebbe comunque la sensazione di dimenticare qualcosa. Certe esperienze si possono solo provare.

una vita difficile

 

Il federale, Luciano Salce 1961

Un soldato della milizia fascista è inviato nel nord dell’Italia per arrestare un filosofo da sempre contestatore del regime. Il soldato cercherà di portarlo nella capitale con mezzi di fortuna sollo sfondo di un paese mezzo liberato. Diretto da Luciano Salce e interpretato da Ugo Tognazzi è un altro esempio di come gli artisti italiani, quando si parla di guerra, siano incapaci di creare storie tese a glorificare questa o quell’ideologia. La satira è dedicata a ogni fazione di pensiero e nessuno è risparmiato del tutto dall’occhio vigile della cinepresa. Una sceneggiatura solida e un Tognazzi bravissimo nell’interpretare le convinzioni del fascista rendono il film curioso e interessante per lo spettatore. Salce usa una regia attenta a mantenere il perfetto equilibrio tra la commedia e il reportage storico.  Siparietti propri di quell’Italia del 1944 che è opportuno conoscere per capire la natura di un paese pieno di contraddizioni. Il rapporto tra il professore e il soldato cambia con il passare del tempo facendo sparire le certezze del soldato a favore di un ritorno alla realtà pagato a caro prezzo.

il federale

 

Tiro al piccione, Giuliano Montaldo 1961

Esordio alla regia di Giuliano Montaldo, rappresenta uno dei pochi film italiani visti dalla parte “sbagliata”. Un giovane non particolarmente interessato alla politica si arruola volontario a guardia della RSI. Dopo un periodo di assestamento scoprirà la portata di cattiverie e nefandezze, compiute dai suoi commilitoni, restandone disgustato. Dotato di una sorprendente sincerità, riesce a spiegare una parte d’Italia che credeva ancora nel pensiero fascista solo per giustificare azioni poco onorevoli e senza alcun tipo di regola. Il film è un ritratto dell’Italia spaccata in due e di un esercito fantoccio in attesa della fine. Il regista punta tutto su un’operazione corale che riesce a trasmettere le sensazioni del protagonista. Film da vedere proprio perché permette di capire come si sono formate determinate convinzioni in alcuni individui .

tiro al piccione

 

Le quattro giornate di Napoli, Nanni Loy 1962

Pellicola dal taglio quasi giornalistico racconta l’insurrezione dei napoletani contro i nazisti. Dal 28 settembre del 1943 i cittadini della capitale campana scacciarono i tedeschi senza alcun aiuto degli alleati. Con armi di fortuna e tanta esasperazione uomini e donne si ribellarono scrivendo in pochi giorni una delle pagine più note della liberazione italiana. Il regista ci racconta gli avvenimenti intersecandoli con le vite di cittadini normali. Pur mantenendo un forte valore storico, il film non rinuncia a mostrare le condizioni della vita sotto “lo straniero” portando lo spettatore a una totale immedesimazione.

Una vicenda di coraggio e di onore che difficilmente si potrà ripetere qui perfettamente raccontata con gran ritmo e rigore visivo. Tratto da un soggetto di Vasco Pratolini è il film della consacrazione per Nanni Loy che dimostra di essere tranquillamente in grado di affrontare il dramma umano passando dall’intimismo personale alla volontà collettiva. Un film corale che testimonia lo spirito dell’impeto collettivo pur rispettando la molteplicità dei caratteri.

le 4 giornate di napoli