Campioni del Dna di Yara al San Raffaele di Milano. Riaperto il caso Bossetti.

I legali di Massimo Bossetti potranno finalmente esaminare tutti i reperti dei vestiti di Yara Gambirasio

Campioni di Dna

Campioni del Dna di Yara al San Raffaele di Milano. Riaperto il Caso Bossetti. Gli slip, i leggins, le scarpe e il giubbotto potranno, forse, raccontare una verità diversa da quella fino ad oggi conosciuta. I difensori di Massimo Bossetti hanno ottenuto dalla Corte di assise di Bergamo l’autorizzazione a esaminare tutti i reperti dei vestiti che indossava la Gambirasio il giorno del suo ritrovamento. La notizia è stata battuta da Adnkronos che ha trascritto le parole del perito dell’accusa, Giorgio Casari, riportate dal settimanale “Oggi“.

Esiste materiale genetico per rifare il Dna a Bossetti

Sempre secondo quanto riportato dal settimanale “Oggi”, Giorgio Casari avrebbe dichiarato che “esiste del materiale genetico per rifare il Dna a Bossetti”.  Pare che il  Dna di Ignoto 1 sia da sempre custodito all’ospedale San Raffaele. “L’abbiamo conservato. C’è ancora. Anche se proprio in questi giorni stiamo restituendo il materiale genetico alla Procura di Bergamo che lo ha richiesto” avrebbe dichiarato Giorgio Casari.

La superperizia si può e si deve fare

Uno dei due legali di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni ha dichiarato: “Grazie a ‘Oggi’ scopriamo che il materiale genetico c’è sempre stato e c’è ancora. E la Procura lo ha sempre saputo. La superperizia si può e si deve fare”.  Salvagni e il collega Paolo Camporini (secondo legale di Bossetti ndr) hanno inoltre evidenziato come ad oggi non sia stato permesso alla difesa di avere accesso ai reperti disponibili presso l’ospedale San Raffaele di Milano.

Yara e Ignoto 1

Il fulcro dell’attività difensiva è la traccia genetica da cercare nei campioni di Dna. Una traccia mista, forse di sangue, di Ignoto 1 e di Yara Gambirasio in cui il campione di Dna nucleare combacia con quello del muratore di Mapello, cosa che non fa il campione di Dna mitocondriale (che indica la linea materna).

Un Dna con 261 criticità

“L’assenza del Dna mitocondriale di Bossetti non inficia il risultato: è solo il Dna nucleare ad avere valore forense”. “Quel Dna non è suo, non c’è stato nessun match, ha talmente tante criticità – 261 – che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori” è la tesi da sempre dei legali. La decisione di oggi della Corte consente alla difesa di avere accesso per la prima volta agli elementi della scena del crimine. Consentirà inoltre di visualizzare Dvd contenenti le immagini fotografiche dei reperti effettuate dal Ris e analizzare i campioni di Dna con le nuove tecnologie. Con l’impiego di nuovi metodi “è fondamentalmente possibile – si legge nell’istanza presentata dai difensori e in possesso dell’Adnkronos – effettuare ulteriori prelievi, da cui non solo verificare quanto già emerso, ma ricavare ulteriori informazioni potenzialmente utili anche ai fini investigativi e di ricerca di caratteristiche peculiari come l’originale ancestrale e il fenotipo dei Dna ignoti”.

Caro Direttore ti scrivo…

Massimo Bossetti, un mese fa circa, ha scritto al direttore del quotidiano Libero, Vittorio Feltri. “Gentile Direttore Feltri, forse rimarrà sorpreso che io le scriva”. Inizia così la lettera che il muratore di Mapello, accusato della morte della tredicenne Yara Gambirasio, ha indirizzato a Feltri. La richiesta al Direttore, anche lui bergamasco, è di dargli una mano a far chiarezza su quanto è successo. “Io, Direttore, non sono né l’assassino della povera Yara né il mostro che i media e i social hanno dipinto” ha scritto Bossetti. “Sono un uomo normale, semplice che pensa al lavoro e a non fare mancare nulla alla propria famiglia. Arriva quel maledetto giorno che ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia e dei miei cari”.

Un grave errore giudiziario

Sempre nella lettera di Bossetti al direttore Feltri si legge: “il trattamento che la giustizia italiana mi ha riservato è stato scorretto e ha calpestato ogni diritto alla difesa. Mi riferisco anche a quell’ex ministro dell’Interno incapace (Angelino Alfano ndr) che gridava al mondo che era stato preso l’assassino di Yara calpestando la Costituzione”. Massimo Bossetti aggiunge nella lettera :”in carcere a Bergamo la pm e vari responsabili dell’organo penitenziario mi pressavano a confessare in continuazione un delitto proponendomi benefici. Come potevo confessare un delitto che non ho commesso?”.

Un’indagine più completa ed attendibile sulla traccia biologica

I nuovi esami che la difesa chiederà di fare con un incidente probatorio, quindi alla presenza dei consulenti di tutte le parti, potrebbe dare “una risposta scientificamente sostenibile” ai dubbi dei difensori. L’auspicio di Claudio Salvagni e Paolo Camporini è di avere sulla traccia biologica “un’indagine più completa ed attendibile”, da cui poter partire per chiedere la riapertura del caso di Yara, trovata senza vita il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola.

Bossetti, nel frattempo, sconta l’ergastolo nel carcere milanese di Bollate.