
Ben Rodhes è stato vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale per la Comunicazione Strategica nell’Amministrazione di Barak Obama, ha recentemente pubblicato un lungo articolo sulla rivista Foreign Affairs dal titolo: “Una politica estera per il mondo così com’è”. In questo articolo Rodhes sostanzialmente propone una politica estera che prevede la resa su tutti i fronti. Ma siccome dire “arrendiamoci” non suona bene, quando si leggono alcuni studiosi americani – e non solo – è facile imbattersi in alcune eleganti formule che corrispondono alla parola “resa” ma ne evitano la naturale durezza: “Usare un’attenta diplomazia”, oppure: “Praticare un’infaticabile diplomazia” sono tra queste.
In buona sostanza Rhodes propone di congelare il conflitto in Ucraina (“Concentrarsi sulla protezione del territorio controllato dal Governo Ucraino”); togliere o diminuire il sostegno militare all’attuale Governo israeliano spingendolo così a fermare la sua guerra, considerata inutile (“L’obiettivo di distruggere Hamas non è mai stato realizzabile”) e, scavalcando Israele, “Unirsi ai partner arabi ed europei per lavorare direttamente con i palestinesi (…) verso il riconoscimento di uno Stato palestinese”; dare un po di armi a Taiwan e stare a vedere come se la caveranno gli isolani (“A Taiwan, cercare di preservare lo status-quo investendo sulle capacità militari taiwanesi evitando di agitare le sciabole…); riaprire le trattative con l’Iran (“La de-escalation regionale con l’Iran che dovrebbe iniziare con restrizioni negoziate sul suo programma nucleare”). Un momento, la cosa non finisce qui, a controbilanciare questa ritirata su tutti i fronti ci dovrà essere una “infaticabile diplomazia”.
Almeno tra il 1936 e l’estate del 1939 gli Stati democratici europei hanno praticato una “infaticabile diplomazia” con la Germania nazista, salvo giungere alla conclusione che con gente come Adolf Hitler l’infaticabile diplomazia non serviva ad altro che a fargli ottenere concessioni su concessioni. Dobbiamo dunque domandarci se è ragionevole che, nella Storia del Mondo, di leader che usano la diplomazia come la usava Adolf Hitler ci sia stato e ci sarà solo e soltanto lui, caso unico e irripetibile. Se la risposta è “no”, allora è bene chiarire con chi è praticabile e come funziona la diplomazia. Putin ha scritto, detto, ripetuto, che l’Ucraina può esistere solo in partnership con la Russia, perché russi e ucraini sono un unico popolo. Il Cremlino ha mentito sottoscrivendo il memorandum di Budapest, ha mentito stipulando il Trattato di Amicizia Russo-Ucraino, ha mentito dicendo che mai la Russia avrebbe scatenato la guerra in Ucraina ed accusando nel contempo di isterismo gli Stati Uniti che davano l’invasione per probabile.
L’Iran degli Ayatollah ha scritto, detto e ripetuto fin dall’inizio della sua costituzione che si prefigge la distruzione di Israele, arma Hamas, l’Hezbollah libanese, quello iracheno, gli Houti ed una pletora di altre organizzazioni terroristiche. La Cina ha scritto, detto e ripetuto che Taiwan dovrà tornare in suo possesso con le buone o con le cattive, la Cina mente sapendo di mentire quando dice che non sta sostenendo la Russia nella sua attuale guerra d’invasione, la Russia riesce a fare quello che fa in Ucraina soltanto grazie alle gigantesche importazioni di materiale dual-use o ad uso civile provenienti dalla Cina.
Ad unire Russia, Cina ed Iran c’è il dichiarato auspicio di costruire un mondo in cui il ruolo degli Stati Uniti sarà fortemente ridimensionato. Bene, la diplomazia svolge il suo compito attraverso delle trattative e le trattative portano alla stipula di accordi, ma questi accordi sono auspicabili solo a condizione che ci si possa ragionevolmente fidare della controparte. Se la controparte è un mentitore seriale, se la controparte pensa che “può firmare qualsiasi accordo e stracciarlo il giorno dopo” – per usare le parole di Hitler e di Federico il Grande prima di lui – la diplomazia, per quanto infaticabile, è inutile. Russia, Iran, Cina hanno detto con chiarezza quali sono i loro obiettivi e ad hanno con chiarezza detto che questi obiettivi sono imprescindibili: perché ci si dovrebbe cullare nell’illusione che una “infaticabile diplomazia” possa fargli cambiare idea? Non è invece più ragionevole pensare che il percorrere lunghe trattative diplomatiche servirebbe a questi tre Paesi a guadagnare tempo, terreno e posizioni in modo da rendere più agevole il compito che si sono prefissi? La Russia a consolidare quanto ha finora conquistato in Ucraina, riprendendo fiato in modo da organizzare meglio il prossimo attacco; l’Iran per avere uno Stato Palestinese egemonizzato da Hamas che attaccherà successivamente Israele, la Cina per continuare il potenziamento dell’arsenale nucleare, fare pulizia tra i suoi ranghi militari corrotti e aumentare la potenza della sua flotta in modo da rendere più sicura la sua “inevitabile” cattura di Taiwan.
Nel suo articolo Ben Rodhes ha scritto che l’obiettivo che gli Stati Uniti devono perseguire è lo stesso che è stato perseguito durante la Guerra Fredda, cioè evitare la terza guerra mondiale. Prima di tutto la Guerra Fredda descrive un periodo, non una politica. C’è stato un periodo storico caratterizzato dal confronto tra USA ed URSS e noi ci siamo abituati a chiamarlo “La Guerra Fredda”, ma nel periodo della Guerra Fredda Amministrazioni americane diverse hanno attuato politiche anche molto diverse. Ma torniamo all’utilità della diplomazia. La diplomazia funziona se nelle trattative ciascuna delle controparti può fare leva sull’altra per ottenere ciò che vuole. In una trattativa sindacale le organizzazioni dei lavoratori possono minacciare lo sciopero, l’imprenditore può minacciare la serrata.
Ci si siede ad un tavolo e si discute, ma sempre con la chiarezza che è un rapporto di forza quello che intercorre tra le controparti. Se una delle due controparti non ha nulla su cui far leva per sostenere le proprie proposte non c’è più alcuna diplomazia intorno a quel tavolo: c’è soltanto qualcuno che pietisce e qualcuno che, a suo piacere, può decidere se concedere oppure no. Immaginiamo adesso che forza possa avere una Nazione che si siede al tavolo di una trattativa quando tutti sanno già che il suo obiettivo principale è evitare a tutti i costi il conflitto. E’ stato esattamente questo l’atteggiamento delle Potenze europee al tavolo delle trattative di Monaco, regalarono ad Hitler la Cecoslovacchia – neppure invitata alla conferenza – e Neville Chamberlain di ritorno a Londra disse: “Abbiamo raggiunto la pace del nostro tempo”, chiarendo con questa frase che quello era l’unico vero obiettivo di Londra e Parigi, obiettivo al quale vennero sacrificati la Cecoslovacchia ed il rispetto del diritto internazionale. Un anno dopo questa dichiarazione scoppiò la Seconda Guerra Mondiale.
Quando Ben Rodhes dice che l’obiettivo principale di tutto il periodo della Guerra Fredda era evitare la terza guerra mondiale e che quell’obiettivo rimane valido, non dice come è stato praticato quell’obiettivo durante la Guerra Fredda. Ebbene quell’obiettivo è stato praticato principalmente attraverso la deterrenza, solo al secondo posto, ma con grande distacco, si è collocata la diplomazia; e questa deterrenza mirava al ridimensionamento politico, economico e militare dell’Unione Sovietica. Solo quando questo traguardo è stato raggiunto la Guerra Fredda è terminata.
Il parallelo tra il periodo che portò alla Conferenza di Monaco ed il periodo durante il quale si svolse la Guerra Fredda sembra darci un’indicazione: la volontà di evitare a tutti i costi una guerra all’epoca della Conferenza di Monaco portò alla guerra, la volontà di puntare sulla deterrenza militare – sia attraverso la negazione che attraverso la punizione – durante la Guerra Fredda portò ad evitare la guerra.
Cedere alle pretese dei dittatori spesso non porta ad altro che a rafforzare la loro sicurezza e il loro azzardo. Dei leader democratici della Conferenza di Monaco Churchill ebbe a dire “Potevano scegliere tra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore ed avranno la guerra”. Su come e quando applicare questo principio ciascuno può pensarla come crede, ma sarebbe bene evitare di usare il termine “diplomazia” – “attenta” o “infaticabile” che dir si voglia – come una parola magica che apre tutte le porte e risolve tutte le situazioni. Questo mondo “così com’è”, non è di sicuro quello delle fiabe.
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