Persi tra i numeri. Uno è poco, 2 più realistico, 6 un incubo

Insieme ai contagi, cifre e calcoli che già inondavano le nostre vite si sono moltiplicati senza limiti. Ma la discesa sulla curva del picco ci fa sperare di potercene finalmente liberare

Persi tra i numeri

Che ci piaccia o no, il nostro quotidiano è invaso dai numeri. Persino chi da sempre sostiene di rifiutare categoricamente la matematica non può sottrarsene. Numeri compongono l’orario scelto per la sveglia del mattino, il prezzo di ogni cosa, la larghezza del girovita. Alcuni, incarnando concretezza e astrazione proprie della matematica, acquisiscono un significato simbolico. Quello associato all’età porta con sé anni di pensieri, esperienza, scelte. Numeri che eleggiamo a “fortunati” non smettono di presentarsi – per coincidenza o perché inconsciamente li cerchiamo – sul nostro cammino, come a darci un messaggio e qualcosa in cui credere. Oggi, con la conferma da parte dell’Istituto Superiore della Sanità, la distanza dal picco sul grafico dell‘andamento del virus ci dice che siamo finalmente in discesa, dandoci speranza, accelerando il battito cardiaco meglio che un colpo di fulmine.

I nuovi numeri del quotidiano

Tanti nuovi numeri si sono insinuati nelle nostre vite insieme al virus nelle ultime settimane. Con incredula lucidità guardiamo quotidianamente quelli che indicano vittime, contagiati, ospedalizzati, in terapia intensiva e li confrontiamo con i dati della giornata precedente. Persino Isaac Newton ne sarebbe nauseato.

In un macabro spettacolo, la tabella di Worldometers, che mette tutti i paesi del mondo a confronto, ci informa che ad oggi i contagi totali hanno abbondantemente superato il milione, mentre i morti sfiorano i 70.000. A figurare tra i primi della lista, il nostro amato Paese, fino a pochi giorni fa definito epicentro del contagio. A malincuore abbiamo ceduto una seconda posizione ben lontana dal provocare orgoglio alla nostra sorella Spagna. Mentre gli Stati Uniti rimontavano in un lampo la classifica, finendo per sbaragliare tutti gli altri concorrenti.

Il primato degli americani è presto giustificato se si pensa ai 330 milioni di abitanti lasciati con grande imprudenza – stupidità, incoscienza – “liberi” di ignorare il consiglio di stare a casa e il disastro che aveva già stravolto Cina ed Europa. Offrendo al Covid-19 un’indimenticabile party: 9620 morti in solo pochi giorni e un numero di contagi che già ieri batteva, nel solo stato di New York, l’intera Italia.

Cerchiamo conforto nei dati. Ma a quali possiamo credere davvero?

All’osservare le immagini delle centinaia di urne cinerarie consegnate in un solo giorno ai familiari delle vittime di Wuhan, i cinesi e il mondo intero hanno avuto più che buone ragioni per dubitare delle 2535 dichiarate da Pechino. O peggio delle 3300 “accertate” nell’intera Cina, dove i soli abitanti della provincia di Hubei, di cui Wuhan è capoluogo, sono di poco inferiori agli italiani.

Stimati medici ci invitano a non fare affidamento alle cifre relative ai contagiati nel nostro Paese, perché non terrebbero in considerazione i numerosi “nascosti” nelle case. Possiamo almeno pensare di credere al numero dei morti, un lusso che ai francesi viene negato. Lì i decessi comunicati quotidianamente si limitano a quelli avvenuti negli ospedali, omettendo la maggioranza restante. Per un osservatore attento, non sono abbastanza per raggiungere il numero totale, al quale invece non vengono fatti sconti.

Perché certe scelte? Per “rincuorare” i cittadini tenendoli nell’ignoranza? Preservare l’immagine del Paese all’internazionale? Ecco che, piuttosto che cercare di alleviare con qualche certezza l’instabilità del momento, tra mancanza di trasparenza e travasi dei media, i dati navigano nell’incongruenza aggiungendo sconforto e confusione.

Numeri in cui sperare, numeri da riconsiderare

Alcuni numeri alimentano la nostra speranza. Pensiamo al più agognato, quello dei mesi che ci separano dalla “normalità”. Uno è poco, 2 più realistico, 6 un incubo. Da ottimisti, vogliamo credere a quel 2, che coincide con giugno, cioè l’estate. Chiudendo gli occhi, possiamo sentire il gusto di un bicchiere di vino consumato con gli amici nelle terrazze dei bar, il sole sulla pelle in spiagge, parchi, candide montagne. Oppure no.

Facciamo fatica a tenere a mente il numero del giorno di oggi. Se una cosa è certa, è che il mese di marzo cercheremo di cancellarlo dal calendario delle nostre vite. A pensarci bene, poi, quel 2020 che in tanti crocifiggono in queste settimane sui social, in fondo non è altro che un semplice numero. Legato all’idea di un mondo a cui credevamo di appartenere, ma che l’arrivo del virus ha scombussolato, rivoltato, insieme alle nostre certezze.

 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay