“Libri da ardere” in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano

Intervista alla regista Cristina Crippa

"Libri da ardere" al Teatro Elfo Puccini

Chi avrebbe mai pensato che “Libri da ardere”, attualmente al Teatro Elfo Puccini di Milano, portato in scena per la prima volta più di quindici anni fa e tratto da un’opera scritta dall’autrice Amelie Nothomb nel 1994, sarebbe stato oggi tragicamente attuale.

«Non pensavamo, non potevamo pensare a Kharkiv o a Kiev quando abbiamo deciso di riportare in scena questo long seller del Teatro Elfo Puccini», dicono infatti Cristina Crippa ed Elio De Capitani. «Pensavamo, come nel 2006, al lungo assedio di Sarajevo (e forse anche l’autrice si ispirava a quello). Ma una città semidistrutta, la vita sotto i bombardamenti, il freddo terribile e la fame ora non sono un ricordo lontano, sono vita di tutti i giorni per tante persone, a due ore di volo da noi, e sempre qui, in Europa».

 

La storia

La storia è ambientata in una città che pare essere di un paese dell’est europeo, in un gelido inverno di guerra.

La vivace vita culturale è stata ormai distrutta dai bombardamenti e ridotta alla fame. Ancora in piedi, la casa di Elio De Capitani nei panni di un illustre professore di letteratura ospita, oltre al padrone di casa, Daniel, il suo assistente, e una giovane allieva, amante di turno di Daniel (Angelo Di Genio)

La situazione d’emergenza altera brutalmente questo microcosmo: a poco a poco i normali punti di riferimento crollano e freddo domina la scena, con la sua capacità di paralizzare,

È Marina, interpretata da Carolina Cametti, fragile sotto l’apparente spregiudicatezza, a proporre per prima l’utilizzo della fornita biblioteca del professore come combustibile.

All’inizio si tratta quasi di un gioco un po’ intellettuale, un complicato “distinguo” tra buona e cattiva letteratura. Ma alla fine, giunti all’ultimo romanzo sopravvissuto, non sono più le qualità letterarie ad avere importanza. E il libro rivela tutta la sua valenza simbolica.

 

La regista

La parola a Cristina Crippa, regista di “Libri da ardere”. 

Che effetto fa portare in scena “Libri da ardere” in questo momento storico?

Senz’altro dà un po’ di sconforto pensare che alcuni eventi si ripetono regolarmente.

Abbiamo cominciato a lavorare su questo testo nel 2004, la prima lettura in una biblioteca di Monza si è poi trasformata in uno spettacolo proposto in vari spazi, fino a che ha trovato la sua casa definitiva all’Elfo.

Amelie Nothomb, l’autrice del testo, ha vissuto, da un lato, esperienze molto privilegiate e al contempo drammatiche perché ha vissuto e viaggiato in tanti paesi, anche in miseria. Inoltre, lei stessa ho vissuto problemi di anoressia e alcolismo, per cui è una persona che conosce bene certi temi drammatici come la guerra e la tendenza a fare la guerra. Sa benissimo di cosa parla e ha questa capacità di parlarne con estrema leggerezza, perché si ride anche molto in questo spettacolo.

Già quando avevamo fatto lo spettacolo nel 2004 pensavamo che ad ispirare Nothomb fosse stato l’assedio di Sarajevo, una città dell’est europeo che avuto una grande tradizione culturale e universitaria, ed era molto vicina a noi.

Senz’altro adesso sentiamo la guerra ancora più vicina perché i mezzi di comunicazione ce ne parlano continuamente, sembra davvero in casa nostra. È incredibile come opere di secoli fa riescano ad essere tremendamente attuali.

Amelie Nothomb

L’autrice è molto brava anche a mettere l’accento, qui come in altri suoi romanzi, sul fatto che non bisogna stupirsi.

In una sua opera, “Sabotaggio d’amore”, i bambini si inventano il gioco della guerra: dopo aver individuato un nemico iniziano con grande passione a giocarci.

È necessario capire cosa affascina della guerra e cosa nella natura umana tende alla guerra.

Questo è un grosso problema che va capito, altrimenti rischiamo di non uscirne più.

 

Non ha mai fatto mistero di essere grande lettrice di Amelie Nothomb. Come mai ha scelto di portare in scena quest’opera?

Avevo letto “Mercurio” e altri suoi testi, ma questo è a tutti gli effetti una pièce. Avevo immediatamente individuato gli attori: Elio (De Capitani, ndr) come professore, appassionato, ma vanesio. Corrado Accordino nei panni del suo assistente che lo stima molto, che va a vivere da lui. A loro si aggiunge una giovane, magra, sensibile, apparentemente molto spregiudicata ma invece fragilissima che diventa che va a completare il terzetto, interpretata da Elena Russo Arman, una vera e propria eroina nothombiana.

Gli attori

Nel 2018 c’è stato un riallestimento e in scena con Elio De Capitani ci sono due nuovi interpreti Angelo Di Genio e Carolina Cametti. Com’è stato lavorare con loro?

Sì, poco prima del lockdown avevamo fatto una nuova edizione con Carolina e Angelo.

Angelo ha interpretato il figlio di Elio in “Morte di un commesso viaggiatore” e ha preso parte a “In piedi nel caos”, in cui c’era anche Carolina, poi ultimamente è stato Ismaele del “Moby Dick alla prova” insieme a Elio.

Anche Carolina ha lavorato con noi. Quest’autunno ha presentato un monologo molto interessante scritto e recitato da lei.

Anche fisicamente, come Elena Russo Arman, è una perfetta incarnazione dell’eroina nothombiana.

Sono due attori la cui la storia si è intrecciata moltissimo in questi anni con l’Elfo ed è interessantissimo il rapporto che si crea tra gli attori e i personaggi e che cresce di sera in sera: ho visto la prima e poi due sere dopo, ed è in crescita continua.

 

Elio De Capitani, Carolina Cametti e Angelo Di Genio in scena

 

Il messaggio

Cosa vorrebbe lasciare allo spettatore che esce dalla sala?

Nonostante il finale tragico, il fatto di poter parlare di questi temi e poterlo fare insieme, spero che porti lo spettatore a una sensazione di gioia, a una catarsi.

Nonostante la tragicità, vorrei trasmettere la fiducia di poterne parlare e cercare di affrontare la guerra con la massima sincerità possibile, per vedere se prima o poi riusciremo a venirne a capo senza rimanere imbrigliati in questa ripetizione

Dopo una guerra sembra tutto tornare allo stesso modo, ma vorrei trasmettere la speranza che la cultura e i libri appunto  possano arrivare a rompere questo loop ed evitare di tornare sempre nella stessa situazione.

Lei è Fondatrice del Teatro dell’Elfo, oltre che attrice, regista e ideatrice di numerosi progetti. Quando ha capito che questa sarebbe stata la sua strada?

Io ho cominciato a recitare da piccola, poi ho fatto l’Accademia ma ci sono state delle interruzioni lungo il percorso: all’università mi sono iscritta alla Facoltà di Medicina perché volevo fare psichiatria.

Questa deviazione è data da diverse vicende della mia vita, probabilmente volevo mettermi sotto a lavorare anche per non pensare troppo. Poi però in qualche modo sono arrivata a quello cui ero in fondo destinata. Gabriele Salvatores che era nel gruppo di persone che hanno fondato l’Elfo mi ha proposto di partecipare al progetto. All’inizio ho detto no, perché ero indirizzata a fare tutt’altro, ma alla seconda richiesta mi sono fiondata e oggi sono ben contenta di questa scelta, anzi ne sono molto felice.

I prossimi spettacoli

Progetti per i prossimi mesi?

Adesso siamo in tournée con “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, poi riprenderemo l’anno prossimo con “Moby Dick alla prova.”

Quest’estate, con debutto a Napoli, riprenderemo uno spettacolo di molti anni fa, “Alla Greca” di Steven Berkoff, che mi dà una grande soddisfazione perché anche qui c’è grande capacità di profondità, forza, energia, e persino un finale positivo, nonostante si tratti del mito di Edipo.

Allora interpretavo Giocasta, adesso vesto i panni della madre adottiva e della Sfinge.

Ci saranno nuovi attori con cui ho molta voglia di lavorare, Marco Bonadei e Sara Borsarelli, che ho già avuto modo di vedere all’opera sul palco.

 

“Libri da ardere” sarà in scena al Teatro Elfo Puccini fino al 10 aprile.