
Donald Trump continua a brandire la sua arma preferita: i dazi. Con il suo tipico stile da cowboy della geopolitica, ha minacciato di colpire l’Unione Europea con tariffe del 200% su vini, champagne e prodotti alcolici. Una ritorsione che sa di vendetta e di calcolo politico, diretta contro le “autorità fiscali e tariffarie più ostili e abusive al mondo”, come lui stesso ha definito l’Ue.
Ma questa non è una semplice disputa commerciale: è una mossa che scuote le fondamenta delle relazioni transatlantiche. Non si tratta solo di bottiglie di Bordeaux o di Prosecco, si tratta di equilibri economici e politici che rischiano di essere sconvolti da una strategia daziaria aggressiva, che sa più di politica interna che di reale strategia commerciale.
L’ira dell’Europa e la risposta del Canada
Ovviamente, l’Europa e il Canada non sono rimasti a guardare. Come in un classico duello western, hanno risposto colpo su colpo, annunciando contro-dazi per 46 miliardi sui prodotti americani. Il primo bersaglio? Acciaio e alluminio, con tariffe Usa del 25% già in vigore. Ma il tycoon non si ferma e già punta al prossimo obiettivo: le auto europee.
“Vinceremo la battaglia commerciale con l’Ue”, ha dichiarato con il solito piglio da uomo forte. Un’affermazione che sa tanto di propaganda per il suo elettorato più conservatore, quello che vede nei dazi uno strumento di riscatto contro la globalizzazione selvaggia che ha eroso i posti di lavoro nel cuore industriale degli Stati Uniti.
Nel frattempo, mentre la Cina affila le armi e il Regno Unito osserva con cautela, le Borse rimbalzano tra un’ondata di panico e una di speranza. Christine Lagarde, presidente della Bce, lancia l’allarme: “Altissima incertezza, la Bce è pronta a tutto”. E in effetti, la situazione si fa sempre più caotica.
Tronchetti Provera: illusione di parità
Nel bel mezzo di questo scontro commerciale, arriva una voce che invita alla riflessione: quella di Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli. In un’intervista alla Stampa, ha detto chiaramente quello che in molti pensano ma pochi osano dire: “Non siamo alla pari, forse illudendoci di esserlo”.
Secondo l’imprenditore, l’Europa dovrebbe riconoscere la forza degli Stati Uniti e sedersi a un tavolo per negoziare. Non si tratta di accettare supinamente le imposizioni americane, ma di comprendere una realtà ineludibile: senza il supporto degli Stati Uniti, l’Europa non ha la capacità di proteggere se stessa, sia economicamente che militarmente.
“Dobbiamo ragionare sul fatto che oggi, senza il supporto dell’America, non c’è una capacità europea di proteggerla”, ha affermato. Un’ammissione dura, ma realistica. Tronchetti Provera non si limita alla questione dei dazi: punta il dito su una più ampia debolezza europea, che si manifesta nella difficoltà a trovare una risposta comune alle grandi sfide globali.
L’ombra della guerra commerciale
Mentre l’Europa valuta un piano da 800 miliardi di euro per rafforzare la propria posizione strategica, l’Italia trema per i dazi sui prodotti agroalimentari. Un settore cruciale del Made in Italy rischia di finire schiacciato tra le mosse muscolari di Washington e le esitazioni di Bruxelles. “L’Europa sostenga le sue imprese”, avverte il ministro Adolfo Urso. Ma il problema è proprio questo: riuscirà l’Europa a rispondere con una voce sola?
Nel frattempo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti avverte: “Danni innegabili, ma non ci dimentichiamo di quelli che ci ha provocato la globalizzazione senza regole”. Un monito che sembra suggerire che, forse, il problema non è solo Trump, ma un sistema economico globale che per anni ha premiato la deregolamentazione selvaggia.
Dazi, propaganda e il futuro dell’Europa
Dietro a questa guerra commerciale si nasconde qualcosa di più profondo: la corsa di Trump alla rielezione. La retorica protezionista è una delle sue armi preferite per galvanizzare la sua base elettorale, sempre alla ricerca di un nemico da combattere. Ma se l’Europa vuole sopravvivere a questa tempesta, deve fare una scelta chiara: accettare il braccio di ferro o negoziare una nuova posizione di forza.
Quello che è certo è che il mondo sta cambiando rapidamente, e l’Europa non può più permettersi di essere solo spettatrice. Come dice Tronchetti Provera, “si fanno affermazioni estremamente pericolose, l’opinione pubblica è disorientata”. La domanda è: Bruxelles sarà in grado di rispondere con strategia e unità, o resterà impantanata nelle sue solite divisioni interne?