Il Governatore dell’Illinois: “questo non è normale!”

Trump ribattezza il Pentagono “Dipartimento della Guerra” e minaccia Chicago con deportazioni

Donald Trump

Donald Trump non ci annoia mai. Stavolta non con un comizio, non con un ordine esecutivo discutibile, ma con un post su Truth Social in cui si è fatto ritrarre, rigorosamente grazie all’intelligenza artificiale, in posa da generale vittorioso davanti allo skyline di Chicago in fiamme, elicotteri che ricordano Apocalypse Now e lo slogan “Chipocalypse Now”. Una caricatura? Forse. Una boutade? Più probabile. Un atto presidenziale? Non proprio.

Il governatore dell’Illinois JB Pritzker ha avuto una reazione comprensibile: “Il presidente degli Stati Uniti sta minacciando di entrare in guerra con una città americana. Questo non è uno scherzo… Questo non è normale”. Non normale, appunto. L’America del 2025 si ritrova a commentare un presidente che trasforma le istituzioni in meme e la politica in trailer hollywoodiano.

Come se non bastasse, Trump ha firmato un ordine esecutivo per ribattezzare il Dipartimento della Difesa in Dipartimento della Guerra. Un’operazione semantica che suona più come marketing aggressivo che come riforma istituzionale. Il Segretario alla Difesa è ora “Segretario alla Guerra”: viene da chiedersi se la prossima mossa sarà la distribuzione di popcorn alla Casa Bianca durante i raid.

E qui sorge la domanda: davvero il comandante in capo ritiene che la soluzione per il crimine urbano sia minacciare l’invio di truppe federali, ICE mascherati e Guardia Nazionale in una città americana? O si tratta dell’ennesimo episodio di teatro politico pensato per galvanizzare la base?

Nella logica trumpiana, Chicago diventa la nuova Saigon, un territorio da riconquistare. “Adoro l’odore delle deportazioni al mattino…” ha scritto, parodiando Robert Duvall in Apocalypse Now. La battuta strappa forse un sorriso amaro, ma rivela molto di più: la politica trasformata in spettacolo bellico, dove i cittadini non sono più concittadini, bensì nemici da sottomettere.

Il senatore Dick Durbin ha definito il post “disgustoso”. Il sindaco Brandon Johnson ha parlato di “occupazione” e “violazione della Costituzione”. Reazioni forti, che mostrano come i leader locali percepiscano queste sparate presidenziali non solo come provocazioni, ma come minacce concrete.

La narrazione di Trump su Chicago, “la città peggiore e più pericolosa del mondo”, ignora volutamente i dati: i tassi di criminalità sono in calo, le politiche locali stanno dando frutti, e l’idea di una città sull’orlo dell’abisso appartiene più alla retorica elettorale che alla realtà. Pritzker lo ha detto chiaramente: “Sta insultando la gente di Chicago definendo la nostra casa un inferno”.

Ecco allora che ci troviamo davanti a un paradosso: un presidente che governa come se fosse regista di un colossal di guerra. Ma la differenza è che qui non ci sono set cinematografici, bensì città reali, con cittadini reali, e conseguenze potenzialmente gravi.

Pritzker lo ha colto nel segno: “Questo non è normale.” Non lo è davvero. Non è normale trasformare il linguaggio politico in sceneggiatura bellica. Non è normale scherzare su deportazioni di massa come se fossero effetti speciali. Non è normale minacciare una città americana con il lessico della guerra civile.

La democrazia vive anche di parole: se le parole diventano caricature, anche le istituzioni rischiano di diventarlo.

Trump ha scelto di evocare Apocalypse Now. Ma a differenza del capolavoro di Coppola, qui non c’è un finale artistico, non c’è catarsi cinematografica: c’è solo un presidente che, a colpi di meme e minacce, erode la normalità democratica.

E forse, come direbbe il governatore Pritzker, non c’è niente di più vero e necessario da ricordare in questo momento: questo non è normale.