Giustizia sotto attacco: Trump tenta di distruggere la CPI

Giustizia a senso unico: gli USA vogliono decidere chi può essere processato

Nel cuore di un mondo sempre più instabile, l’attacco alla Corte Penale Internazionale (CPI) da parte degli Stati Uniti, a cui l’Italia si è accodata, rappresenta una minaccia senza precedenti al diritto internazionale e alla ricerca della giustizia globale. Il caso Almasri non è un episodio isolato, è il simbolo di un pericoloso allineamento dell’Italia con politiche sovraniste e autoritarie che minano la legalità internazionale e la tutela dei diritti umani.

L’Italia rinnega i suoi principi

La decisione del governo Meloni di non collaborare con la CPI e di rimpatriare Osama Almasri in violazione degli obblighi previsti dallo Statuto di Roma sancisce uno strappo drammatico con l’ordine giuridico internazionale. L’Italia, storicamente fautrice della giustizia penale internazionale, oggi si trova tra i Paesi che ne sabotano l’operato. Un allineamento pericoloso con l’amministrazione Trump e con nazioni che, per tutelare la propria impunità, si scagliano contro le istituzioni che dovrebbero garantire la pace e la giustizia.

Una violazione del diritto internazionale

La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati è chiara: nessun Paese può invocare il proprio diritto interno per giustificare la violazione di un trattato. L’Italia ha ratificato lo Statuto di Roma e, con la mancata esecuzione del mandato della CPI, ha infranto l’obbligo di cooperazione sancito dagli articoli 86 e seguenti dello stesso Statuto. Il ministro della Giustizia ha ignorato deliberatamente l’atto della Corte, facendo decadere la cooperazione in un colpo solo. Un atto grave, che indebolisce la Corte proprio quando il suo ruolo è cruciale per la stabilità internazionale.

Gli Stati Uniti contro la CPI

Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno apertamente sanzionato la Corte e i suoi funzionari, impedendo loro l’ingresso negli USA e congelando beni e proprietà. L’accusa? Aver osato investigare su possibili crimini di guerra commessi da personale militare statunitense e dai suoi alleati. La Casa Bianca ha mostrato, ancora una volta, che la giustizia internazionale è accettabile solo quando non tocca gli interessi di Washington. Il tutto, mentre Trump continua a evocare la “ripulitura” di Gaza, un linguaggio che può configurare il reato di deportazione, se non addirittura di pulizia etnica.

Europa contro le sanzioni americane

L’Europa, invece, si è schierata fermamente contro le sanzioni americane alla CPI, difendendo l’indipendenza della giustizia internazionale. L’Italia, tuttavia, si è smarcata da questa posizione comune, scegliendo di appoggiare le decisioni di Trump e seguendo una traiettoria sempre più distante dai valori europei. Un’Italia sempre più trumpista, che si allontana dagli alleati storici dell’UE per inseguire una politica di subordinazione a Washington.

Le conseguenze di questa deriva

Il danno di questa deriva è immenso. L’indebolimento delle istituzioni internazionali, dalla CPI all’ONU, sta creando un vuoto pericoloso, simile a quello degli anni tra le due guerre mondiali. Allora, la mancanza di un sistema giuridico internazionale forte portò al disastro. Oggi, le istituzioni per prevenire nuovi genocidi e crimini contro l’umanità esistono, ma vengono delegittimate da chi teme di essere chiamato a rispondere per le proprie azioni.

La battaglia per la giustizia internazionale

Questa battaglia non riguarda solo Almasri, Trump o Meloni. Riguarda la difesa della legalità internazionale, della giustizia e della pace. Se non fermiamo questa deriva, il mondo diventerà sempre più instabile, e chiunque, ovunque, potrà essere vittima dell’arbitrio dei potenti senza alcun meccanismo di tutela. La CPI rappresenta un baluardo contro l’impunità, e attaccarla significa solo aprire la strada a un futuro in cui la legge del più forte sarà l’unica regola.

La giustizia non è un lusso riservato ai vincitori, ma un diritto di tutti.