Solo cattive opzioni: la guerra nei tunnel

La prima documentazione di guerra nei tunnel che conosciamo è rappresentata da alcune incisioni assire risalenti a circa 4.000 anni fa. La quarta dimensione dello scontro militare – dopo quella terrestre, marina ed aerea – è vecchia come la nostra Storia e rappresenta la migliore situazione ambientale per un esercito a bassa tecnologia che deve battersi contro un esercito più avanzato militarmente. I tunnel servono prima di tutto a nascondere le proprie attività agli occhi del nemico; nel sottosuolo si costruiscono rifugi, punti di medicazione, prigioni per gli ostaggi, magazzini dove stoccare acqua, cibo e carburante, depositi di armi ed anche le officine in cui le armi vengono costruite, (ad esempio i razzi di Hamas). Se portare la guerra in un centro urbano abbassa la differenza di potenziale tra un esercito più debole ed uno più forte, la guerra nei tunnel arriva a rovesciare l’equazione. In uno spazio esiguo, in cui può avanzare un solo uomo alla volta, provvisto soltanto di un arma leggera, il vantaggio per il difensore aumenta in modo esponenziale.

La penetrazione di uno spazio chiuso, asfittico e buio, ha effetti disorientanti su chi lo esplora. Per entrare nei tunnel servono uomini con determinate caratteristiche naturali (bassi livelli di claustrofobia e di timore dell’oscurità assoluta). Aprire il fuoco in un tunnel ristretto significa produrre onde sonore violentissime: un solo colpo di pistola può portare lo sparatore alla sordità per il resto dei suoi giorni. Chi controlla i tunnel ha infinite possibilità di costruire trappole mortali per il nemico che prova ad introdurvisi.Il geo-radar non può far molto per individuare i tunnel, la sua capacità di rilevamento intercorre tra i tre ed i trenta metri, a seconda se la composizione del sottosuolo consiste in materiali che assorbono in maggiore o minore misura le sue emissioni.

Senza andare ai tempi degli antichi romani e degli antichi persiani, due casi di uso dei tunnel nella storia recente possono darci un idea di quanto sia ostica la guerra contro un nemico che si è organizzato nel sottosuolo: la battaglia nell’isola di Iwo Jima tra marines americani e l’esercito giapponese durante la II Guerra Mondiale e la battaglia dei tunnel di Cu Chi durante la Guerra del Vietnam. La battaglia per conquistare l’isola giapponese di Iwo Jima è stata la più sanguinosa di tutta la storia del Corpo dei Marines, con circa 6.000 uomini caduti in combattimento, ed è l’unica battaglia della II Guerra Mondiale dove il numero di morti e feriti americani fu superiore a quello dei giapponesi. Dei 27 chilometri di tunnel previsti, il Comando giapponese riuscì ad edificarne soltanto 18 prima dello sbarco statunitense. Il centro di comando nipponico era posto 20 metri sottoterra e si collegava ad altre stanze e grotte con un sistema di tunnel. La struttura più grande era una sala sotterranea lunga 50 metri e larga 20 con pareti in cemento. Il sistema di tunnel prevedeva un alto numero di ingressi, accorgimento che permette alla rete sotterranea di continuare a funzionare anche se il nemico trova ed ostruisce alcuni pozzi di entrata. La dimostrazione che questo sistema ad Iwo Jima funzionò sta nel fatto che dal sottosuolo dell’isola affiorarono truppe del Sol Levante, che si arrendevano per mancanza di acqua e di cibo, ancora dopo settimane da che i marines avevano conquistato l’isola e concluso la battaglia.

Il sistema di tunnel del Distretto di Cu Chi veniva usato dai vietcong come luogo di rifugio e sistema di spostamento truppe sul campo di guerra. Il danno che questa rete di tunnel creava all’esercito americano era tale che gli Stati Uniti scatenarono due offensive dirette alla loro distruzione, la seconda in particolare – denominata “Cedar Falls” – vide prima il bombardamento a tappeto dei B-52 americani che ridusse la jungla sotto la quale correvano i tunnel ad una superficie lunare, poi ben 30.000 uomini andarono sul terreno alla ricerca dei pozzi di entrata alle strutture sotterranee, tra loro c’erano la prime formazioni specializzate nella guerra sotterranea: i cosiddetti “Tunnel Rats”. Fu tutto inutile. Il sistema di tunnel di Cu Chi resistette a tutto ed oggi i Vietnamiti vi portano i turisti in visita.

Veniamo ora alla Striscia di Gaza. Per quanto detto sopra, se Israele vuole degradare in modo significativo le capacità militari di Hamas, la sua priorità è la distruzione della grande rete di tunnel che corre sotto tutta quest’area. Anche se “la caccia all’imprendibile…etc” fa vendere più i giornali, per Israele distruggere i tunnel è molto più importante che eliminare i capi militari di Hamas: le organizzazioni terroristiche sanno che i loro capi hanno, in linea di massima, un’aspettativa di vita molto breve e sono organizzate per sostituirli efficacemente e celermente.

Il metodo per degradare un sistema militare sotterraneo non è cambiato molto dai tempi del Vietnam: prima si bombarda con bombe penetranti l’area sotto la quale corrono i tunnel, poi la fanteria batte palmo a palmo la zona alla ricerca di tutti i pozzi di entrata. Ma la battaglia dei tunnel di Gaza non si svolge nella giungla o nella già evacuata isola giapponese di Iwo Jima, e neppure nelle spopolate montagne afgane di Tora Bora. I tunnel di Hamas corrono sotto un’area residenziale tra le più popolate al mondo e, per quanto le bombe “bunker buster” possano essere guidate con precisione sopra i percorsi dove corrono i tunnel, il loro alto potenziale esplosivo e la conseguente ampia area di frammentazione della bomba, danneggiano gravemente le aree intorno al punto di impatto e producono ampi danni collaterali.

Se ad Iwo Jima c’erano 18 km di tunnel ed a Cu Chi ce n’erano 121, secondo quanto dichiarato dal capo militare di Hamas a Gaza, i tunnel nella Striscia si estendono per 500 km circa, e sono stati costruiti con metodi e materiali più avanzati rispetto a quelli che potevano avere i giapponesi nel 1945 o i vietnamiti nel 1966. Riuscire a trovare i pozzi di entrata del sistema sotterraneo di Hamas comporta un lavoro certosino, che passi al setaccio ogni basamento architettonico di un’area edilizia enorme: perché questa operazione risulti davvero efficace occorreranno molti mesi. Dunque Israele non ha che cattive opzioni se vuole distruggere il sistema militare sotterraneo di Hamas a Gaza; ma non ha neppure alternative: se non dovesse riuscire nell’impresa, la rete dei tunnel – per quanto danneggiata – risorgerà come un’Idra dalle molte teste.

 

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