
La tragica morte di Sara Campanella ha riportato alla ribalta il tema dei femminicidi e della necessità di interventi concreti. La violenza sulle donne continua a mietere vittime, e ancora una volta la società si trova a interrogarsi su cosa non stia funzionando. Se da un lato la legge offre strumenti per punire i colpevoli, dall’altro emerge chiaramente che la repressione da sola non basta: è necessario un cambiamento culturale profondo. Ormai siamo a un’emergenza senza fine: quando la politica agirà davvero?
Femminicidi : non solo leggi, ma educazione e prevenzione
Dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ai rappresentanti della Lega, tutti concordano sul fatto che il problema sia radicato nella “cultura del possesso”. La violenza di genere non è solo un problema legale, ma una questione sociale che nasce dalla mancata educazione alle emozioni e al rispetto del prossimo. Educare i giovani all’affettività, insegnare loro ad accettare il rifiuto e contrastare gli stereotipi di genere sono passi essenziali per interrompere questa spirale di violenza.
Il ruolo delle istituzioni e dell’università
La politica, in seguito all’ennesimo caso di femminicidio, ha chiesto un impegno maggiore da parte delle istituzioni. Il procuratore di Messina ha sottolineato l’importanza di promuovere protocolli nelle università per individuare segnali di pericolo prima che sia troppo tardi. “Non basta la repressione senza prevenzione,” ha dichiarato Schlein, ribadendo la necessità di una formazione obbligatoria sull’affettività.
Psicologia e linguaggio: il cambiamento contro i femminicidi
Molti esperti insistono sulla necessità di indagare più a fondo gli aspetti psicologici e socioculturali alla base della violenza e dei femminicidi. Un’educazione emotiva adeguata potrebbe aiutare i ragazzi a comprendere che l’amore non è possesso e che il rifiuto non è una sfida da vincere. Inoltre, è fondamentale prestare attenzione al linguaggio utilizzato dai media e dalla società: definizioni come “delitto passionale” o “amore non corrisposto” rischiano di minimizzare la gravità del problema, giustificando in qualche modo l’omicida.
Una pena esemplare non basta
Molti politici chiedono pene più severe per chi si macchia di femminicidio. Tuttavia, la detenzione da sola non risolverà il problema. Strumenti concreti come il potenziamento delle case rifugio, l’uso dei braccialetti elettronici per monitorare i soggetti pericolosi e il reddito di libertà per le donne che fuggono da situazioni di violenza potrebbero rappresentare misure efficaci per fermare questa emergenza.
Il cambiamento deve partire dalla società
La repressione è necessaria, ma senza un profondo cambiamento culturale la violenza sulle donne non si fermerà. Le istituzioni devono investire sull’educazione e sulla prevenzione, dando alle nuove generazioni gli strumenti per costruire relazioni sane basate sul rispetto e non sul possesso. Solo così si potrà sperare di porre fine a questa tragedia che continua a distruggere vite innocenti.