Esistono farmaci o vaccini per combattere il Coronavirus?

Esistono farmaci o vaccini per combattere il Coronavirus?

Esisitono farmaci o vaccini per combattere il Coronavirus? Come riportato sul sito dell’agenzia ANSA, si sta lavorando su vecchi farmaci, nati molti anni fa per combattere virus aggressivi come l’Hiv responsabile dell’Aids, ma una vera e propria cura e’ ancora lontana. Parte intanto la corsa internazionale al vaccino. “In una situazione cosi’ critica si lavora con quello che si ha“, ha detto all’ANSA l’esperto di malattie infettive Massimo Galli, dell’Università di Milano e primario dell’ospedale Sacco.

Attualmente non esistono farmaci specifici contro il nuovo Coronavirus. Si sta verificando la possibilità di utilizzare vecchi farmaci nati per combattere altri virus”, ha proseguito Galli. E’ il caso della combinazione di farmaci annunciata da Li Lanjuan, della Commissione cinese per la Sanità e la Medicina, ultima arrivata di almeno una trentina di terapie tra loro diverse.

Alcuni farmaci sperimentati

Il primo farmaco della combinazione, sperimentata solo in vitro, si chiama Abidol e’ utilizzato contro i piu’ comuni virus del tipo A e B dell’influenza stagionale. Il secondo si chiama Darunavir e disattiva l’enzima del virus Hiv chiamato proteasi, impedendo l’infezione. “C’e’ da dire pero’ – ha rilevato Galli – che la proteasi del virus Hiv e’ molto lontana da quella del coronavirus”. In generale, ha aggiunto, la capacita’ d’azione di questi farmaci “e’ modesta, ma può’ capitare il fenomeno favorevole per cui qualcosa funzioni. Ci si prova“. Somministrazione all’uomo e’ comunque possibile perché’ tutti in passato hanno superato i test sulla tossicità’.

Nella letteratura scientifica, ha osservato ancora l’esperto, sono riportati test su combinazioni di vecchi antivirali contro il coronavirus della Mers, responsabile di un’epidemia nel 2015. “Si tratta di lavori che non sono andati oltre le prove in vitro e su animali. Si e’ provata, per esempio, la combinazione di vecchi farmaci anti-Hiv, come lopinavir e ritonavir. Entrambi inibitori della proteasi utilizzati contro il virus Hiv, in associazione con l’interferone B”. Si tenta anche con la clorochina finora utilizzata contro la malaria.

Sperimentazione di fase 3

E’ poi al nastro di partenza in Cina una sperimentazione di fase 3, condotta cioè’ su una grande numero di persone, per verificare l’efficacia dell’antivirale remdesivir. Il remdesivir è stato sperimentato in passato in vitro e nei topi contro i virus Ebola e Nipha. Prosegue intanto la corsa al vaccino mentre grandi e piccole aziende farmaceutiche si stanno organizzando.  La collaborazione internazionale Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) ha fissato per il 14 febbraio il termine per presentare progetti. La gara, bandita in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (Oms), e’ aperta ad aziende e centri di ricerca.

Parlando di vaccini…

Quanto al vaccino, è ancora vivo il ricordo della Sars, quando il vaccino e’ stato ottenuto in tempi rapidissimi e non si riusci’ a utilizzare poiché’ l’emergenza fini’ rapidamente. Avere a disposizione l’informazione genetica alla base del nuovo coronavirus e’ fondamentale, ha osservato Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&D dell’azienda GSK vaccine.

“Fin dai tempi della Sars sappiamo che bisogna prendere uno dei geni che codificano le proteine di superficie del virus e su questa base di puo’ cominciare a lavorare su un vaccino”. Che si tratti di vaccini basati su particelle ricombinanti, simili a quelle del virus ma non infettive, oppure di vaccini a Rna, “la tecnica per ottenerli è rapidissima”. Ha poi aggiunto l’esperto “tanto che si possono fare in una settimana” rilevando che la tecnologia da sola non basta. Bisogna considerare le necessarie autorizzazioni nazionali e internazionali.

Fra le altre tecniche per ottenere rapidamente un vaccino una e’ quella utilizzata contro il virus responsabile della febbre emorragica di Ebola. “Si puo’ prendere un vettore virale e inserire al suo interno un gene sintetico del virus che si vuole combattere”, ha detto ancora Rappuoli. Avere la sequenza genetica del virus significa inoltre poter ottenere strumenti molto specifici per la diagnosi. Strumenti “che possono aiutare a controllare se il virus si sta espandendo nel mondo”. Conoscere le proteine che aiutano il virus a replicarsi vuol dire anche “poter lavorare su farmaci antivirali specifici” e capire “se contro il virus sono efficaci farmaci già’ esistenti. Questa e’ la prima cosa da fare”.

 

Fonte e copyright: ANSA