Il dovere di ricordare: un viaggio lungo dieci anni nei luoghi della Memoria

Questa è la storia di Ilde Bottoli e Francesco Pinzi, e del loro viaggio alla ricerca della memoria di un continente che ha visto orrori indicibili. L'intervista.

Visco
Il campo di concentramento di Visco (UD). @Francesco Pinzi

Ilde e Francesco sono due persone di grande cordialità, colte e appassionate, che portano avanti un progetto straordinario, e condividono con generosità il racconto dei loro viaggi. Partiti dalla Pianura Padana, da Cremona, hanno percorso l’Europa in un viaggio durato dieci anni, alla ricerca della memoria dei campi nazifascisti. Una memoria a volte viva e altre sepolta, vicina o lontana, raccolta o rimossa.

Il loro importante lavoro di ricerca ha dato vita a un libro uscito nel 2021, 1933-1945 lager Europa. Viaggio nel sistema concentrazionario nazifascista, corredato da oltre 700 fotografie, e dalle storie che emergono dalle ceneri di chi non c’è più, o dalle parole di chi è sopravvissuto all’orrore. Un unicum in Europa per la vastità del materiale raccolto, fatto di documenti, immagini, testimonianze, ricostruzioni.

Abbiamo parlato con loro in occasione della Giornata della Memoria.

Come mai avete iniziato questo viaggio?

Ilde: Dal 1996 organizzo i viaggi della memoria per gli studenti, cercando di portarli sempre in luoghi diversi, in paesi diversi. Dal 2011 con mio marito Francesco, che ha una grande passione per la fotografia, abbiamo iniziato a viaggiare con il nostro camper, cercando ciò che rimane dei luoghi della memoria.

Partivamo per un mese e mezzo ogni estate, andando alla ricerca dei campi, dei memoriali, partendo da itinerari precisi. Però, strada facendo, ci siamo accorti che l’Europa è piena di luoghi della memoria nascosti, non segnalati, poco o per nulla noti, talvolta oggetto di una vera e propria rimozione. Alcuni di questi luoghi oggi sono addirittura abitati, trasformati in villaggi.

Foresta di Rumbula – Riga, Lettonia. @Francesco Pinzi

Il nostro è stato proprio un viaggio di ricerca e di scoperta attraverso l’Europa, attraverso quelli che lo scrittore Pollack chiama Paesaggi Contaminati. Mentre attraversavamo le pianure, i villaggi, le boscaglie europee sentivamo davvero di essere all’interno di questi luoghi “contaminati”, che nascondono sotto la dolcezza e la bellezza del paesaggi gli orrori spaventosi che vi sono stati perpetrati.

Quali sono i luoghi e le storie che più vi hanno colpito?

Ilde: Un giorno ci siamo imbattuti in un luogo, il campo di Breitenau, in Germania, un convento che nascondeva un campo della Gestapo per oppositori politici e partigiani. Pensi che il campo si trovava proprio all’interno della chiesa, dietro l’organo si apriva il luogo di detenzione, con una torre con le celle per i prigionieri. Il luogo non era nascosto, non era segreto, chi frequentava la chiesa sapeva che lì venivano detenute, torturate, e uccise le persone, ma taceva. Oggi Breitenau è diventato un memoriale.

Sono stati importanti anche gli incontri con le persone che abbiamo conosciuto nel corso del nostro viaggio. Ad esempio, arrivati a Treblinka – che ha due campi, cosa poco nota e spesso le guide omettono di dirlo – scopriamo che il villaggio non ha luoghi per parcheggiare il camper. Treblinka è stata costruita letteralmente sulle ossa e sulle ceneri delle vittime, è un luogo pieno di tristezza, il campo fu smantellato e piantumato con un bosco prima della fine della guerra. Insomma decidiamo di suonare al campanello di una casa, e troviamo una famiglia gentile che pur non conoscendoci, e con difficoltà comunicative dovute alla lingua, ci ha aperto il frutteto, dandoci la possibilità di passare la notte lì, con il nostro camper.

Quali responsabilità ha avuto l’Europa?

Francesco: noi volevamo documentare e far conoscere il più possibile questo sistema, che era esteso a tutta l’Europa. Si tratta di un fenomeno enorme di cui non si ha la percezione, perché si parla sempre dei soliti luoghi. Nel libro noi abbiamo raccolto 130 campi, ma quelli che esistono sono almeno 40mila, un numero indicibile, spaventoso, che dà la misura di quanto tutta l’Europa fosse coinvolta.

Mauthausen. @Francesco Pinzi

Se dovessimo fare una graduatoria dei paesi che hanno fatto i conti con il proprio passato, chi ci è riuscita meglio è stata la Germania. La Francia in misura minore, perché fa ancora fatica a riconoscere il collaborazionismo del governo di Vichy. Addirittura non accetta di aver avuto dei campi di concentramento, li chiama ” campi di internamento”. Ma c’erano almeno 200 campi francesi di prigionia e sterminio.

Anche nel nostro Paese ci sono luoghi dimenticati?

Francesco: L’Italia è l’ultima di questa graduatoria, ci sono molti posti che sono stati dimenticati, rimossi. Ad esempio, a Salsomaggiore Terme c’è il Castello di Scipione, antico borgo medievale che fu trasformato in un campo di concentramento per ebrei in attesa di deportazione, ma non c’è nessuna targa che lo ricorda.

Documento proveniente dal campo di concentramento del Castello di Scipione. @Francesco Pinzi

Altri campi italiani si trovavano a Fontanellato, Montechiarugolo, Laterina. E poi ancora Gonars e Visco, quest’ultimo è un campo attualmente in stato di abbandono, dove ci volevano fare un centro commerciale.

Ecco, questo per dare l’idea di come in Italia ci sia stata e ci sia ancora adesso una vera e propria rimozione, non se ne parla. Come se ci fosse un senso di vergogna. Quando siamo andati a Laterina, dove ci sono ancora tutte le baracche, che dopo la guerra sono diventate un villaggio artigianale, ci siamo accorti che non c’è neanche una targa, nulla. Una persona che abbiamo incontrato lì ci ha tenuto a dirci che “qui non è mai morto nessuno”.

Come mai la memoria di questi eventi è così importante, ed è importante continuare a raccontare, soprattutto nelle scuole?

Ilde: E’ così importante non dimenticare perché attraverso la conoscenza storica dei luoghi e degli eventi, le testimonianze, la voce di chi è stato sommerso e di chi è sopravvissuto, si può comporre un quadro complicato ma necessario. Un quadro che ci fa percepire l’Europa in modo molto diverso, io mi sono fatta l’idea che sia stato un crimine europeo. Tutti i governi Europei dell’epoca sono stati complici, ma anche la popolazione ha condiviso, ha consegnato, collaborato. Allo stesso tempo però questo ci ricorda della fratellanza di chi ha resistito e combattuto il nazifascismo.

Queste cose fanno anche capire l’importanza dell’Unione Europea, ma anche la sua fragilità. Se non si ha la consapevolezza di quello che è accaduto, del come e perché è accaduto, c’è il rischio della rimozione, della sottovalutazione e del ritorno. Oggi ne vediamo le conseguenze, nella crescita delle organizzazioni di estrema destra. E’ una conseguenza del non aver fatto i conti con la propria storia fino in fondo, di come ci siamo autoassolti.

Spero, nei miei 25 anni di lavoro con le scuole, un piccolo contributo di averlo dato, ma siamo ben lontani da ritenerci alla fine di questo lavoro. Vedo nei giovani tanta tanta sensibilità, tornano cambiati dai viaggi della memoria, ascoltano, vogliono partecipare, conoscere. Speriamo che anche il nostro libro sia uno strumento per approfondire e ricordare, affinché quello che è stato non debba ripetersi mai più.