
Le donne continuano a essere penalizzate nelle promozioni ai ruoli dirigenziali sottolineando la mancanza di parità ancora marcata nel mondo lavorativo. Secondo il report “Women in the Workplace” 2024, solo 81 donne su 100 uomini ricevono un avanzamento di carriera. La situazione è ancora più complessa quando entrano in gioco fattori etnici.
Un 8 marzo all’insegna della riflessione
La giornata internazionale della donna dovrebbe essere un’occasione per celebrare i traguardi raggiunti, ma i dati raccontano una realtà ben diversa. Il decimo report “Women in the Workplace”, realizzato dalla società di consulenza McKinsey, evidenzia come il numero di promozioni femminili nei ruoli manageriali sia ancora inferiore di circa il 20% rispetto a quello degli uomini. Divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni.
Lo studio, condotto su un campione di oltre 280 organizzazioni e più di 10 milioni di dipendenti, ha coinvolto anche 15.000 lavoratori e oltre 280 responsabili delle risorse umane. Ne emerge che, per ogni 100 uomini promossi, solo 81 donne ricevono la stessa opportunità. Un dato che non si discosta dai trend degli ultimi anni e che risulta addirittura peggiore rispetto al periodo 2020-2023.
Donne e disparità: aumento con le variabili etniche
Se si analizza il fenomeno sotto una lente intersezionale, la situazione peggiora ulteriormente. Tra i manager afroamericani, per ogni 100 uomini promossi, solo 54 donne avanzano di carriera. La percentuale sale a 65 tra i latinoamericani e arriva a 99 per le donne asiatiche. Le donne bianche, invece, si avvicinano alla media generale, con 89 promozioni ogni 100 uomini.
Un divario che frena il potenziale aziendale
Nonostante gli sforzi delle politiche aziendali per la diversità, equità e inclusione (DEI), la parità di genere nei ruoli apicali resta un obiettivo lontano. “Questo gap non è solo una questione di giustizia sociale, ma rappresenta un freno per le aziende, che non riescono a sfruttare appieno il talento presente sul mercato del lavoro”, spiega Debora Moretti, presidente di Fondazione Libellula e Co-Ceo di Zeta Service.
Le cause di questa disparità sono molteplici. Da un lato, vi sono fattori culturali che influenzano la percezione delle competenze femminili, dall’altro esistono barriere strutturali nei processi di selezione e promozione. Secondo Moretti, per favorire un reale cambiamento è necessario intervenire già nelle prime fasi di reclutamento, ampliando i canali di ricerca per includere un bacino più diversificato di candidati.
Una piramide aziendale che penalizza le donne
Uno dei motivi alla base di queste disparità è il numero complessivamente inferiore di donne presenti nelle aziende ai livelli iniziali. Nonostante il 59% delle lauree sia conseguito da donne e queste rappresentino circa il 51% della popolazione, solo il 48% dei ruoli entry level o specialist è occupato da donne. Questa percentuale diminuisce drasticamente salendo lungo la gerarchia aziendale: appena il 39% delle posizioni manageriali è ricoperto da donne, e il numero scende ulteriormente al 29% per i ruoli dirigenziali.
Sebbene si sia registrato un miglioramento rispetto al 17% del 2015, questo aumento è attribuibile più alla riduzione complessiva dei ruoli dirigenziali che a una vera crescita delle opportunità per le donne. Inoltre, il rafforzamento dei settori di staff (come HR, legale e IT) ha visto un maggiore inserimento di donne, ma senza incidere in modo significativo sulle posizioni di vertice.
Quanto tempo servirà per colmare il divario?
Secondo il report, al ritmo attuale serviranno 22 anni prima che le donne bianche raggiungano numericamente i colleghi uomini nei ruoli apicali. Per le donne nere, il divario si allungherebbe addirittura a 44 anni.
La strada verso la parità è ancora lunga e richiede un impegno concreto da parte delle aziende. Superare le barriere culturali e strutturali è essenziale per garantire alle donne le stesse opportunità di carriera degli uomini, trasformando l’8 marzo da una giornata di denuncia a una vera celebrazione dell’uguaglianza.