Attacco israeliano all’Iran. Prime valutazioni

L’Esercito Israeliano non ha fin qui dato prove visive dei risultati dell’attacco sul suolo iraniano. Spulciando le foto satellitari pubblicate oggi possiamo dare per certo che sono stati colpiti almeno tre diversi siti legati alla produzione missilistica. Non risultano invece colpiti depositi missilistici. Sono comparse sul web un paio di immagini satellitari che mostrerebbero dei sistemi antiaerei iraniani colpiti: una è a bassissima risoluzione, l’altra sembra una fotografia presa da Marte. C’è una sola immagine davvero convincente che mostra un sistema antiaereo colpito nei sobborghi di Teheran. Su queste basi è davvero difficile fare una valutazione di quanto l’antiaerea iraniana sia stata degradata, ma una cosa è certa: per tre ore un centinaio di aerei israeliani hanno agito sul territorio dell’Iran e neppure un cacciabombardiere è stato colpito. E questo dovrebbe essere sufficiente a dimostrare le scarse, se non nulle, capacità difensive dell’Iran.

LE REAZIONI DELLE MILIZIE

Oggi Hezbollah ha lanciato verso Israele 90 missili, meno della media dei 150/200 lanci quotidiani dell’ultimo periodo. Hamas risulta non pervenuta. Nulla ci risulta sia stato lanciato da dietro le colline del Golan, né dall’Iraq. Tutto questo è significativo di come l’equazione iraniana di “deterrenza attraverso la punizione” da parte dei suoi alleati sia praticamente scomparsa. In caso di attacco all’Iran avrebbero dovuto essere in prima battuta le formazioni dell’ “Asse della Resistenza” a tempestare di missili il territorio israeliano, ma le milizie che avrebbero dovuto costituire le difese avanzate dell’Iran non sembrano più in grado di svolgere il ruolo a cui Teheran le aveva destinate.

LE REAZIONI DIPLOMATICHE

Chi scrive ha cercato una reazione di condanna da parte della Russia o della Cina ma non ha trovato nulla a proposito. Teheran su questo ha di che riflettere. Tutti i Paesi del Golfo hanno condannato l’attacco, ed anche la Giordania. Con una certa dose di ottimismo, un’analisi sul “Jerusalem Post” fa notare che nei loro comunicati né l’Arabia Saudita né gli Emirati nominano Israele. Certamente l’analista ha ragione quando scrive che 10 anni fa, nella stessa situazione, quei Paesi avrebbero emesso comunicati molto più duri nei confronti dello Stato ebraico.

Khamenei ha dichiarato che “Il male fatto dal regime sionista non deve essere né esagerato né sottovalutato”, se ce lo permettete, questa è una frase più adatta a un allenatore di calcio che ha appena perso una partita che alla Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran – che ha sempre deciso in prima persona le azioni del Paese in politica estera. Khamenei ha invece aggiunto: “Spetta alle autorità di determinare (…) le azioni che servono a questa Nazione”. Ripetiamo: questo: “Fate voi che sapete” non è nello stile di una Guida Suprema, e questo induce a pensare che tra i poteri dominanti in Iran ci possa attualmente essere un confronto tra posizioni diverse. Il Presidente Pezeshkian ha ripetuto la solita solfa che ripete in queste occasioni: “Non cerchiamo la guerra ma rivendichiamo il diritto di rispondere in modo appropriato all’attacco subito..”, il che significa davvero molto poco. La sensazione è che l’Iran stia valutando i danni e riflettendo di conseguenza. Come già detto, è probabile che non tutti i capi siano d’accordo sul da farsi.

ISRAELE: IL DIBATTITO

Sappiamo che in Israele, a livello politico, ci sono delle personalità scontente della portata limitata dell’attacco compiuto contro l’Iran. Alcuni uomini politici hanno detto: “Se non ora, quando?”, valutando come questa potesse rappresentare un’occasione d’oro per colpire a fondo le strutture del programma nucleare iraniano o anche le infrastrutture portuali e di raffinazione petrolifera. Possiamo dire che, con la limitazione dell’attacco soltanto ad alcune strutture militari, ha vinto invece una decisione tesa a evitare uno scontro a tutto campo con l’Iran. Alcuni analisti dicono che ciò è stato dovuto alle restrizioni poste dagli Stati Uniti; chi scrive pensa invece che in Israele ci sia chi pensa che meno fronti contemporaneamente si aprono meglio è. In questo senso una decisione simile era stata già presa all’indomani dei pogrom del 7 ottobre, quando è  stato risposto di no ai militari che volevano attaccare subito Hezbollah in Libano. Prima indebolire Hamas, soltanto dopo colpire Hezbollah, insomma: affrontare i nemici uno alla volta; questa è stata la logica che fin qui ha mosso chi guida la strategia israeliana. Questa strategia pare molto ragionevole: Hamas ed Hezbollah sono duramente colpite ma non sconfitte, per questo una guerra aperta con l’Iran, ora – per quanto è umanamente possibile – è meglio evitarla. E’ bene che lo Stato ebraico misuri prudentemente le proprie forze e non sottovaluti i suoi avversari. Lo ha già fatto una volta con Hamas nella Striscia di Gaza e gli è costato moltissimo.

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