Dalla retorica alla realtà: i dati ISTAT spengono l’entusiasmo del governo

Le stime sul PIL confermano una crescita nulla nel terzo trimestre, dopo la contrazione estiva dello 0,1%. La distanza tra i toni trionfalistici del governo e la realtà economica si allarga, contraddicendo le narrazioni di ripresa diffuse dall’esecutivo

I dati ISTAT mettono fine all’ottimismo istituzionale: dopo il calo dello 0,1% nel secondo trimestre, la crescita del PIL italiano si azzera. Un’economia immobile, sostenuta solo dalle esportazioni, ma frenata da consumi e investimenti in caduta.

La “ripartenza italiana” raccontata dal governo si scontra con la freddezza dei numeri e, mentre Palazzo Chigi parla di crescita solida, l’Italia sembra invece intrappolata in una nuova stagione di stallo economico. In un contesto di fiducia in calo e potere d’acquisto eroso, la narrazione del “rilancio economico” rischia di scontrarsi con la realtà quotidiana di famiglie e imprese.

Domanda estera: un sostegno sempre più debole

Nel terzo trimestre 2025 la domanda estera netta ha fornito un contributo solo lievemente positivo alla crescita, inferiore rispetto all’anno precedente.

Le esportazioni hanno mantenuto un ritmo moderato grazie ai comparti farmaceutico e meccanico, ma la frenata del commercio mondiale e la debolezza dei principali partner europei che hanno ridotto la spinta complessiva.

Parallelamente, le importazioni sono diminuite, riflettendo la contrazione della domanda interna, ma questo effetto non è bastato a compensare la perdita di slancio dell’export.

Il risultato è una bilancia commerciale in lieve attivo, ma un impatto sempre più marginale sul PIL: il settore estero, che nel 2024 aveva parzialmente sostenuto la crescita, ora mostra segnali di esaurimento del traino.

Consumi e investimenti in calo: famiglie e imprese in difficoltà

La parte più critica della stagnazione economica italiana arriva dal fronte interno. Le famiglie hanno ridotto i consumi per effetto dell’inflazione di fondo ancora elevata, della stretta creditizia e della perdita di fiducia sul futuro.

Secondo i dati ISTAT, i redditi reali non sono ancora tornati ai livelli pre-pandemici, e la propensione al risparmio è aumentata per motivi precauzionali.

Parallelamente, le imprese hanno tagliato gli investimenti produttivi: i costi di finanziamento restano alti e l’incertezza geopolitica frena i piani di espansione. L’aumento dei tassi d’interesse deciso dalla BCE negli ultimi due anni continua a pesare sul credito, riducendo la capacità delle aziende di innovare e di investire in tecnologia e transizione verde.

Il tessuto produttivo italiano, già fragile, soffre così una doppia compressione: domanda interna debole e prospettive esterne incerte.

Previsioni al ribasso: Banca d’Italia e ISTAT raffreddano l’ottimismo

Le stime con i dati aggiornati di Banca d’Italia e ISTAT convergono verso una crescita annua compresa tra +0,4% e +0,6%, ben lontana dalle proiezioni governative di oltre l’1%. La revisione al ribasso è attribuita alla bassa produttività, al ritardo degli investimenti pubblici e all’utilizzo ancora limitato delle risorse del PNRR, che in molti casi procedono a rilento per vincoli burocratici e inefficienze locali.

L’Italia investe ancora meno della media europea in politiche pubbliche per innovazione, formazione e digitalizzazione, mentre gran parte dei fondi destinati alla transizione ecologica restano in fase progettuale.

In questo scenario, la politica fiscale espansiva annunciata rischia di tradursi più in retorica di spesa che in crescita reale, alimentando il disallineamento tra le aspettative politiche e la capacità economica effettiva del Paese.

Tra propaganda e realtà, l’Italia che rallenta

Mentre l’esecutivo continua a descrivere un Paese “in ripartenza”, i dati mostrano un’economia che fatica a muoversi. L’impressione è che la comunicazione politica abbia preso il posto della programmazione economica, in un momento in cui servirebbero visione strategica e scelte coraggiose.

In un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche, incertezze commerciali e una politica americana sempre più isolazionista, l’Italia rischia di trovarsi senza una rotta chiara.

Concentrarsi sulla realtà dei conti, sulla produttività e sul rilancio industriale sarebbe più utile che rincorrere slogan. Perché la crescita, al di là della narrazione, oggi non c’è.