
Spesso si sente dire: «I giovani non vogliono lavorare». Ma ciò che emerge dal vissuto quotidiano—come quello del fratello della tua amica, costretto a non presentarsi al lavoro per rivendicare lo stipendio per due mensilità—racconta una storia diversa e ben più complessa. È uno stop imposto dalla dignità. Non è pigrizia: è un segno di consapevolezza.
Il lavoro come mezzo, non come fine
Secondo il Report FragilItalia (Area Studi Legacoop e Ipsos, 1 maggio 2024), per gli under-35 il lavoro è sceso all’ottavo posto tra le priorità, superato da valori come rispetto (50 %), onestà (44 %), libertà (42 %), amicizia (41 %), sincerità (37 %) e senso della famiglia (36 %).
Il lavoro è percepito principalmente come fonte di reddito, non come centro dell’identità personale. Lo scopo? Vivere, non esistere per produrre.
Il timore dello sfruttamento è reale
Il 40 % dei giovani intervistati teme di essere sfruttato, con punte del 48 % nel Mezzogiorno. È una sfiducia costruita giorno dopo giorno: stipendi tardati o mai versati, straordinari negati, stagionali pagati pochi euro lordi al mese.
Attenzione ai numeri: uno studio del 2025 documenta che il salario medio per i giovani è di soli 15.616 € lordi annui, con altissimi livelli di precarietà: il 79,8 % dei contratti per under-30 è a tempo determinato e di breve durata.
Via il mito del posto fisso: benvenuta flessibilità equilibrata
I giovani non inseguono più (solo) la stabilità: preferiscono lavori che compensino economicamente, offrano smart working, welfare e un equilibrio tra vita privata e lavoro. La remunerazione ideale? Una base fissa unita a una componente variabile motivante.
Il rifiuto dello sfruttamento: una scelta consapevole
Il fratello della tua amica ha smesso di lavorare “gratis” non per capriccio, ma perché si è reso conto di valere. Rifiutare lo sfruttamento, pretendere ciò che è dovuto, non è segno di menefreghismo: è affermare un limite sacrosanto.
Uno sguardo oltre i giovani: la valorizzazione intergenerazionale
Anche tra i senior c’è chi si sente ignorato. Uno studio recente mostra che molti lavoratori over-50 si sentono sottovalutati e a rischio “scarto”, quando invece hanno ancora tanto da dare.
La sfida del mercato del lavoro? Creare ambienti inclusivi che valorizzino ogni età, riconoscendo competenze e situazioni personali.
Riassumendo quanto emerge
“Non è che i giovani non vogliono lavorare: è che non vogliono farsi sfruttare. Se il lavoro è pagato puntualmente, con condizioni dignitose e rispetto, i giovani lavorano eccome.”
Una risposta efficace, centrata sui diritti e sulla reciprocità del rapporto di lavoro.
Non sono i giovani a non voler lavorare: è il lavoro che non è più disposto a rispettarli. Se vogliamo un mercato del lavoro sano, dobbiamo iniziare a pretendere stipendi certi, orari equi, trasparenza e valorizzazione. Soltanto così la voglia di lavorare tornerà a essere il motore, e non il freno, di una nuova normalità.