
In un’Europa sempre più disposta a piegarsi alle pressioni di Washington, la Spagna di Pedro Sánchez ha scelto una strada diversa. Con un atto di sovranità politica e industriale, Madrid ha deciso di non acquistare i caccia F-35 di fabbricazione statunitense, virando invece verso soluzioni europee come l’Eurofighter e il progetto FCAS. La scelta, tutt’altro che tecnica, è un chiaro messaggio politico: la Spagna non è disposta a trasformarsi in cliente forzato di un’America che detta condizioni commerciali in cambio di “protezione”.
La vicenda è emblematica: il governo Sánchez ha rinunciato a un investimento da 6,25 miliardi di euro destinato all’acquisto degli F-35, pur sapendo che ciò avrebbe irritato Washington. In passato, Donald Trump aveva già minacciato la Spagna di raddoppiare i dazi se non si fosse allineata agli interessi statunitensi, in particolare in materia di spesa militare. Ma il governo spagnolo ha tenuto il punto, preferendo destinare l’85% dei fondi per la difesa all’industria europea. Una scelta strategica e simbolica: l’indipendenza non si predica, si pratica.
È impossibile non cogliere il contrasto con l’atteggiamento italiano. Di fronte alla stessa pressione americana, la premier Giorgia Meloni ha salutato come “un buon accordo” l’imposizione del 15% di dazi sulle esportazioni italiane in cambio di concessioni sull’acquisto di energia e armi statunitensi. In altre parole: ci siamo comprati l’indulgenza americana con miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro, senza ottenere alcuna garanzia strategica reale. Altro che sovranismo: si tratta di una sottomissione di Stato, mascherata da pragmatismo geopolitico.
La Spagna, al contrario, ha dimostrato che un paese europeo può dire “no” a Washington senza che il cielo cada. Lo ha fatto scegliendo di non comprare tecnologia militare che, oltre a essere costosissima, comporta vincoli pesantissimi sull’accesso ai dati e alla manutenzione. Lo ha fatto anche dopo che gli Stati Uniti hanno espresso “malessere” per un contratto firmato con la cinese Huawei, relativo a un sistema giudiziario, che secondo Madrid non comporta rischi per la sicurezza nazionale. Insomma, il governo Sánchez non accetta diktat né sull’economia né sulla sicurezza.
E così, paradossalmente, è un governo socialista a incarnare oggi in Europa l’idea più coerente e coraggiosa di sovranità nazionale. Mentre i presunti “patrioti” di casa nostra si affannano a firmare patti e concessioni con l’America in nome della stabilità atlantica, la Spagna punta sull’autonomia strategica e sull’integrazione industriale europea. Un atto politico che merita rispetto, ma anche imitazione.
Il caso spagnolo dimostra che c’è una terza via possibile tra il servilismo e l’isolazionismo: quella di un’Europa che coopera con gli Stati Uniti da pari a pari, senza rinunciare a decidere da sé dove investire, con chi commerciare, e da chi difendersi. Sánchez, da questo punto di vista, ha fatto quello che ogni vero sovranista dovrebbe fare: ha protetto l’interesse nazionale, senza proclami, ma con scelte concrete.
E forse è proprio questo che fa più paura a chi si riempie la bocca di “interesse italiano” mentre firma cambiali in bianco a Washington.