Israele e i palestinesi: la percezione del conflitto

l Ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, ha presentato ai Ministri degli Esteri dell'Unione Europea la foto di Kfir Bibas e delle donne rapite.

Chi si fosse trovato a passeggiare per le calli veneziane intorno al 1570 ed avesse provato a domandare al primo viandante incontrato: “Di chi è la colpa della guerra di Venezia contro i turchi?”, si sarebbe quasi sicuramente sentito rispondere: “Degli ebrei”. Alla fine del ‘500 i documenti scritti formavano già una mole notevole e, per che indaga sui fatti di quel periodo, la documentazione a disposizione è copiosa; ebbene, gli storici di ogni tendenza hanno a lungo scrutato negli archivi dell’epoca: non hanno trovato traccia di alcun coinvolgimento degli ebrei nel conflitto che si concluse con la Battaglia di Lepanto. Ma la percezione dell’epoca a Venezia era del tutto differente: la voce sulla colpa degli ebrei era passata di bocca in bocca fino a diventare un fatto accertato.

I mezzi di informazione giocano un ruolo fondamentale nella percezione che i cittadini acquisiscono sugli accadimenti che li circondano. Un buon esempio è stato, nel corso dell’anno appena trascorso, il dilagare dell’ottimismo sulle sorti della Guerra d’Ucraina. Molte persone favorevoli alla causa ucraina leggevano soltanto i resoconti dell’informazione filo-ucraina; vedevano soltanto le sconfitte che i russi stavano subendo; prendevano visione soltanto dei filmati in cui i blindati russi saltavano in aria; venivano informati soltanto degli errori e dei problemi dell’Esercito Russo. La percezione risultante è stata che in Ucraina si scontravano una specie di Falange Macedone (l’Esercito di Kyiv) contro una sconquassata Armata Brancaleone putiniana. Immaginiamo che oggi sia chiaro a molti che la situazione non era esattamente quella percepita. Veniamo informati da anni della violenza dei coloni israeliani; che certamente fa parte dello scenario in terra di Palestina. Tanto è vero che il Presidente della Repubblica Francese, Macron, nelle more della guerra che stiamo osservando, ha sentito la necessità di emettere sanzioni contro i coloni israeliani che si sono resi protagonisti di violenze e soprusi.

Per comprendere la dimensione del problema abbiamo preso in considerazione il 2022 come anno di riferimento, in quanto questo può rappresentare un anno “normale” del conflitto palestinese-israeliano per gran parte dell’opinione pubblica: la maggior parte di noi era rivolta al conflitto in Ucraina, i media diffondevano poco o nulla su quanto stava accadendo in Israele. Dunque, il Dipartimento di Stato americano, per il 2022, ha calcolato che ci siano stati 850 episodi di violenza dei coloni contro i palestinesi in Cisgiordania che hanno portato a 230 casi di lesioni fisiche, con un aumento degli episodi del 71% rispetto al 2021 e del 137% rispetto al 2020. Gli echi di questa violenza, come si diceva, sono giunti fino a noi. Forse un po meno sappiamo degli atti violenti da parte dei palestinesi nei confronti dei cittadini israeliani. Sempre per il 2022, prendiamo come riferimento il report pubblicato dalla National Public Diplomacy Unit dello Stato di Israele. Gli attacchi palestinesi contro i militari e la popolazione israeliana sono stati 5.326: 2.997 lanci di pietre; 513 lanci di molotov, 959 lanci di razzi/colpi di mortaio/armi anti-tank; 111 esplosioni di bombe; 31 accoltellamenti tra quelli tentati e quelli riusciti; 173 aggressioni con armi da fuoco; 24 non meglio precisati “assalti”; 510 lanci di oggetti o incendio di pneumatici. Tutto ciò ha prodotto 31 morti e 415 feriti.

Per comprendere l’impatto di questi attacchi sull’opinione pubblica ebraica bisogna tenere conto che Israele oggi ha circa 7.200.000 di abitanti ebrei. Se vogliamo raffrontare l’impatto di questi attacchi immaginando che avvengano in uno Stato con 60 milioni circa di abitanti, (ad esempio l’Italia), dovremmo moltiplicare queste cifre almeno per otto; e immaginare quale effetto avrebbero sulla nostra opinione pubblica 240 morti e 3.200 feriti all’anno nel corso di 40.000 atti di violenza politica. Chi ha vissuto in Italia negli anni del terrorismo ricorda bene quali siano le reazioni di uno Stato alla presenza di un terrorismo diffuso: blocchi stradali, controllo poliziesco diffuso sul territorio, un atteggiamento sempre più duro da parte delle forze dell’ordine, dovuto in parte all’essere sotto pressione e in parte alla paura di essere colpite da un momento all’altro. (Durante il processo alla Brigate Rosse raccolsi lo sfogo rabbioso di una signora della buona borghesia sabauda – e che ne aveva inequivocabilmente tutto l’aspetto esteriore – la quale si era ritrovata contro un muro con la canna del mitra di un carabiniere puntata alla schiena).Spesso il racconto giornalistico si svolge a senso unico, inevitabilmente spostando il nostro giudizio a favore dell’una o dell’altra parte in causa.

Se ci arrivano soltanto le notizie delle angherie degli estremisti ebrei e nulla sappiamo della violenza quotidiana degli estremisti palestinesi la nostra percezione di quanto sta accadendo in Israele sarà inevitabilmente condizionata. Un ultimo esempio: un recente sondaggio rileva che il 91% dei palestinesi di Gaza ed il 97% dei palestinesi della Cisgiordania credono che gli attacchi di Hamas del 7 ottobre sono stati esclusivamente eseguiti contro obiettivi militari. Almeno in parte questo è dovuto al fatto che i palestinesi non guardano “Sky News” o la “CNN”; guardano “Al Jazeera”: ed Al Jazeera – come gran parte dei media arabi – sulle stragi di civili israeliani del 7 ottobre non ha proferito verbo. La percezione palestinese quindi sarà: “Noi attacchiamo obiettivi militari e loro fanno strage di civili”. Tra la percezione di quanto accade e ciò che davvero accade molte volte la differenza è notevole.

@riproduzione riservata