Venezia78: Old Henry

Quando qualcosa finisce non sempre, si percepiscono i segnali. Un contadino nell’America del primo novecento vive e lavora con il figlio. Proprietari di un ranch i due si limitano a trascorrere le giornate facendosi fare dalla vita il minor male possibile. L’arrivo di un criminale ferito, con borsa d’oro in dote, sconvolgerà gli equilibri.

Old Henry, presentato fuori concorso a Venezia, è un western vecchio stile dove le atmosfere si respirano in maniera netta e tipicamente maschile. Dopo aver deciso di assistere il ferito, il contadino dovrà vedersela con il classico manipolo di “cattivi” alla ricerca dei soldi. L’attesa di una resa dei conti è il caposaldo di ogni genere ma nel western si ammanta di un’epicità in grado di ipnotizzare lo spettatore.

Henry ha un passato che non sviene svelato quindi il rifiuto di consegnare il suo paziente pare non giustificare la lotta . Tre uomini contro un personaggio che ha scelto di essere quieto ma conosce le maniere forti. Il regista Potsy Ponciroli conosce bene il western e si vede, la sua costruzione del film è ottima soprattutto considerato il declino di un genere ormai relegato al cameo per qualche nostalgico del testosterone.

Old Henry è la storia di un uomo costretto a cambiare perché un mondo sta cambiando portando con se ogni avvenire per quelli come lui. La produzione a basso costo rende merito al lavoro di Ponciroli che dosa perfettamente le scene d’azione alternandole a una quiete preparativa. Un film di genere che eccelle in sparatorie e dialoghi asciutti e ironici propri di atmosfere politicamente scorrette. Il bisogno del western di questi tempi rimane minimo ma continuo e grazie a lavori come Old Henry ogni estimatore della frontiera sarà appagato.

Va menzionata anche la prova di uno straordinario Tim Blake Nelson, nella parte del protagonsita, in grado di variare la recitazione man mano che le peculiarità del protagonista sono svelate.