
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione cruciale per la guerra in Ucraina, gettando luce sulle fratture sempre più evidenti nella diplomazia globale. Con 93 voti favorevoli, 18 contrari e 65 astensioni, l’ONU ha ufficialmente condannato l’aggressione russa, sottolineando che l’invasione dell’Ucraina sta avendo “devastanti e durature conseguenze non solo per il paese invaso, ma per l’intera stabilità mondiale”. Un risultato che sarebbe potuto apparire scontato, se non fosse stato per un’inaspettata convergenza tra Stati Uniti, Russia e Israele.
Gli Stati Uniti hanno inizialmente presentato una loro risoluzione, che però ometteva di definire la Russia come aggressore e non menzionava il rispetto dell’integrità territoriale ucraina. Un documento “debole” secondo l’Unione Europea, che ha quindi sostenuto la risoluzione più netta nei confronti di Mosca. Quando diversi paesi hanno introdotto emendamenti che rafforzavano la condanna della Russia, Washington ha finito per astenersi sulla propria stessa proposta.
L’ambasciatrice americana all’ONU, Dorothy Shea, ha cercato di giustificare la posizione di Washington, dichiarando: “Questa risoluzione guarda avanti, non indietro. L’obiettivo è la pace, non le recriminazioni”. Un tentativo di giustificare una scelta che, però, ha sollevato polemiche e sospetti.
Ancora più sorprendente è stato il voto di Israele. In un primo momento, Tel Aviv si era schierata contro la risoluzione di condanna, allineandosi alla Russia e agli Stati Uniti. Solo dopo la diffusione della notizia, l’ambasciatore israeliano ha annunciato un cambio di posizione, trasformando il voto in un’astensione.
Secondo fonti diplomatiche, Israele sta cercando di mantenere una linea prudente per evitare attriti con la Russia, che ha ancora una presenza militare in Siria e può influenzare la sicurezza israeliana nella regione. Tuttavia, il tentennamento di Tel Aviv ha suscitato polemiche tra gli alleati occidentali.
L’Unione Europea si è invece schierata compatta a sostegno dell’Ucraina. L’Italia, la Francia e la Germania hanno votato a favore della risoluzione, ribadendo che la Russia è l’unico responsabile del conflitto. “Non possiamo accettare che il principio della sovranità nazionale venga violato impunemente”, ha dichiarato Kaja Kallas, Alto Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri.
A rendere il quadro ancora più intricato, diversi media occidentali riportano una notizia, già emersa nel 2021, secondo cui Donald Trump avrebbe avuto legami con il KGB sin dagli anni ’80, venendo considerato una potenziale “risorsa” russa. Secondo il libro ‘American Kompromat’ del giornalista Craig Unger, l’ex agente sovietico Jurij Švec ha rivelato che il KGB aveva identificato Trump come “un imprenditore ambizioso e vulnerabile alle lusinghe”.
Una rivelazione che trova eco in un’altra dichiarazione esplosiva, rilasciata da Alnur Mussayev, ex capo dei servizi segreti kazaki, il quale ha affermato che Trump sarebbe stato registrato dai russi sotto il nome in codice Krasnov (il rosso). Anche se queste informazioni rimangono non verificate, alimentano in ogni caso il sospetto: l’ex presidente USA avrebbe avuto legami con Mosca molto prima del suo ingresso in politica.
Le divergenze tra Stati Uniti ed Europa sul sostegno all’Ucraina emergono con sempre maggiore evidenza, come dimostra un episodio emblematico avvenuto oggi alla Casa Bianca, quando il presidente francese Emmanuel Macron ha corretto pubblicamente una dichiarazione di Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti aveva infatti affermato: “L’Europa sta prestando denaro all’Ucraina. Recupereranno i loro soldi”. Macron ha replicato con fermezza: “No, in realtà. Per essere franco, abbiamo contribuito per il 60% dello sforzo totale: attraverso, come gli Stati Uniti, prestiti, garanzie, sovvenzioni. Abbiamo fornito denaro reale, per essere chiari”.
La strategia americana sembra sempre più legata a una logica economica: Trump ha infatti dichiarato che qualsiasi aiuto all’Ucraina dovrebbe essere compensato con l’accesso alle terre rare e alle risorse minerarie strategiche del Paese. L’Ucraina, devastata dalla guerra, è ormai un’economia dipendente dagli aiuti occidentali, e la sua ricostruzione potrebbe finire nelle mani di grandi gruppi finanziari come BlackRock e JP Morgan, già coinvolti in colloqui con il governo di Kiev.
Intanto, la Russia consolida il suo controllo su parte del territorio ucraino e avvia piani di ricostruzione con aziende locali e capitali cinesi. A livello internazionale, l’incertezza americana e le tensioni interne alla NATO rischiano di indebolire ulteriormente il sostegno all’Ucraina. Se questa risoluzione ONU ha segnato un punto a favore di Kiev, la partita diplomatica è tutt’altro che chiusa.
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