
Dopo giorni di indagini, è arrivata una svolta nel caso dell’omicidio di Roberto Bolzoni, conosciuto come “Rambo”. L’uomo 61enne trovato senza vita nella sua auto a Lodi. La vittima è stata colpita con 35 coltellate al collo e al volto, in un atto di estrema violenza che ha scosso l’intera comunità. Le forze dell’ordine hanno arrestato due uomini: Roberto Zuccotti, 48 anni, e Andrea Gianì, 29 anni, rispettivamente zio e nipote, con l’accusa di omicidio e rapina.
Roberto Bolzoni: una rapina finita nel sangue
I due sospettati, entrambi frequentatori abituali del centro scommesse Snai di Lodi, conoscevano la vittima. Secondo le indagini, avrebbero ucciso Bolzoni per sottrargli una collana d’oro, la fede e il cellulare. Dopo il delitto, i due avrebbero tentato di cancellare le tracce lavando le loro scarpe, ma le analisi scientifiche hanno rivelato la presenza di sangue umano, una prova determinante per gli inquirenti.
Indagini e prove decisive per l’omicidio di Roberto Bolzoni
Il lavoro degli investigatori del Comando provinciale di Lodi, con il supporto del Ris di Parma, ha portato a una serie di elementi schiaccianti. In particolare:
- Impronte digitali: una traccia ematica all’interno dell’auto della vittima conteneva l’impronta di Zuccotti. L’uomo era già noto alle forze dell’ordine per reati legati allo spaccio e al patrimonio.
- Riprese video: le telecamere del centro scommesse immortalavano i due uomini mentre, insieme alla vittima, lasciavano il locale e salivano sulla Volkswagen Golf bianca di Bolzoni, la stessa in cui fu ritrovato senza vita.
- Tracce di sangue: nonostante il tentativo di lavaggio, le scarpe di entrambi presentavano residui ematici confermati dai test forensi.
Dichiarazioni e difesa dei sospettati
Durante gli interrogatori, Zuccotti si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre il nipote Gianì ha fornito una versione dei fatti che non ha convinto gli inquirenti. Secondo il suo legale, il giovane avrebbe confermato di essere uscito dal centro scommesse con la vittima e lo zio. Sosterrebbe di essere stato lasciato a casa subito dopo, senza aver avuto alcun coinvolgimento nel delitto. Tuttavia, la presenza di sangue sulle sue scarpe resta un punto oscuro nella sua difesa.
Il mistero degli oggetti scomparsi
Mentre i due sospettati sono in carcere a Lodi, restano ancora diversi interrogativi aperti. Gli investigatori non hanno ancora trovato la collana e l’anello d’oro della vittima, così come il suo cellulare e il portafogli. Mancano all’appello anche le chiavi dell’auto e l’arma del delitto, un piccolo coltello a serramanico con cui Bolzoni è stato colpito 35 volte, fino al colpo fatale alla giugulare.
Le indagini proseguono per ricostruire nel dettaglio la dinamica dell’omicidio e fare piena luce sul movente. Intanto, la famiglia della vittima ha dichiarato di non aver mai sentito parlare prima dei due arrestati, aumentando il mistero intorno ai rapporti tra Bolzoni e i suoi presunti assassini.