La sospensione dello show di Jimmy Kimmel non è una notizia di gossip televisivo. È un segnale allarmante: negli Stati Uniti si può essere messi a tacere, licenziati o additati come nemici pubblici solo per aver osato scherzare, e dunque criticare, Donald Trump e il culto politico che lo circonda.
L’omicidio di Kirk come pretesto
Il pretesto questa volta è la morte di Charlie Kirk. Un omicidio drammatico, certo. Ma dal dramma si è passati alla santificazione: chiunque osi commentare la vicenda in termini non conformi alla narrativa trumpiana diventa automaticamente un “traditore”, un “nemico del popolo”. Così un comico, che ha fatto quello che fanno i comici da secoli, ridicolizzare il potere, è stato censurato su pressione politica, con l’avallo complice di colossi mediatici troppo avidi o impauriti per resistere.
La censura come moneta di scambio
La FCC, organismo che dovrebbe garantire pluralismo, è diventata la clava del presidente. Nexstar, con una fusione miliardaria in ballo, ha prontamente tolto lo show dalle sue reti. Disney-ABC, reduce da un patteggiamento con Trump, ha scelto di piegarsi. Non siamo davanti a un incidente: siamo davanti a un sistema che baratta la libertà di espressione con favori politici e vantaggi economici.
Trump festeggia, la democrazia arretra
E Trump? Esulta, compiaciuto, insultando Kimmel e bollando gli altri conduttori critici come “perdenti”. Non è solo l’arroganza del personaggio. È la dimostrazione che il silenziamento dell’avversario è diventato una strategia di governo. Non servono più tribunali speciali o polizie segrete: bastano un tweet, una minaccia normativa, un accenno a revocare licenze, e il mondo dell’informazione corre a inginocchiarsi.
Il marchio dell’autoritarismo
Questa dinamica ha un nome preciso: intimidazione politica. Ed è il marchio di ogni regime autoritario del Novecento. Oggi in America non ci sono ancora arresti di giornalisti o scrittori, ma il terreno è pronto. Se si accetta che un comico venga espulso perché “offensivo”, domani si accetterà che un reporter investigativo venga licenziato per un’inchiesta, e dopodomani che un cittadino venga incriminato per un post sui social. È così che la libertà muore: un passo alla volta, con la complicità di chi si illude di salvarsi restando in silenzio.
Il Primo Emendamento tradito
Il Primo Emendamento, brandito in passato come simbolo dell’eccezionalismo americano, rischia di diventare carta straccia. Gli Stati Uniti stanno mostrando al mondo un volto che ricorda i tempi più bui dell’Europa del secolo scorso, quando l’ironia, la satira e la critica erano considerate crimini contro lo Stato. E sappiamo bene come andò a finire.
La posta in gioco
Questa non è più la questione di un conduttore televisivo. È la questione della democrazia americana, del suo futuro, e della capacità delle sue istituzioni di resistere al ricatto del potere. Perché un Paese che mette il bavaglio ai suoi comici è un Paese che ha già imboccato la strada della paura e dell’odio.
E la storia insegna che quella strada non porta mai alla libertà.
