Tragedia in provincia di Ancona

Tragedia domenica pomeriggio a Sirolo, in provincia di Ancona. Il ventisettenne algerino Melloul Fatah procede nei pressi di una rotatoria in via Cilea a velocità eccessivamente ridotta; l’auto dietro di lui suona il clacson, cosa intollerabile per Fatah che scende dalla macchina e si scaglia contro l’altro automobilista, un padre di famiglia con a bordo moglie e bambini piccoli. A quel punto dall’auto che segue quella degli aggrediti scende Klajdi Bitri, un ragazzo albanese di 23 anni amico dell’automobilista picchiato e cerca di separarli. Per l’algerino questo deve essere sembrato l’ennesimo oltraggio, allora corre verso la propria auto, prende un fucile da sub e spara al petto di Bitri, uccidendolo praticamente sul colpo. L’assassino sale poi in macchina e scappa.

La fuga e la cattura

Scatta la caccia all’uomo con l’ausilio di un elicottero e la fuga di Fatah dura soltanto poche ore; in serata infatti i Carabinieri lo intercettano nei pressi del sottopasso di Palombina Vecchia, a Falconara Marittima. Era a petto nudo, aveva ancora la fiocina nascosta in un sacchetto ed era in compagnia della fidanzata, una ragazza italiana. I Carabinieri lo trascinano a terra tenendolo sotto tiro col taser e avvisano il comando di averlo preso. L’algerino intanto fa anche la parte di quello sorpreso: “Ma l’ho ammazzato? Sul serio? Noo”. Perché chi avrebbe mai pensato che un colpo di fiocina al petto possa uccidere, no? (Il video dell’arresto).

Il fatto che Fatah sia scappato a Falconara Marittima non sorprende, visto che la parte bassa della cittadina in provincia di Ancona è oramai da anni luogo ad elevatissima concentrazione di immigrati prevalentemente nordafricani, bengalesi e subsahariani. Luogo noto per prostituzione, microcriminalità e spaccio, è frequentemente al centro dell’attenzione dei media locali.

Emergenza criminalità

L’Italia è palesemente in piena emergenza criminalità, con soggetti che in molti casi non dovrebbero nemmeno essere liberi di circolare, ma che invece girano armati, pronti a qualsiasi cosa, consapevoli del fatto che rischiano poco o nulla.E’ sufficiente ricordare la donna di 61 anni aggredita e uccisa in un parco di Rovereto a inizio agosto per mano di un nigeriano senza fissa dimora già noto alle autorità e con una sfilza di precedenti violenti. Vi è poi il caso di un ragazzino rapinato da un gruppo di africani subsahariani, uno dei quali armato di machete, su un treno regionale Milano-Lecco. La scorsa settimana un’altra donna di 61 anni è invece stata uccisa a sassate da un soggetto senza fissa dimora a Genova.

Si sente spesso elogiare la presenza di telecamere che permettono l’identificazione e il conseguente arresto dell’autore del reato. La tecnologia è certamente utile, ma è bene tener presente che nel momento in cui si deve ricorrere alla videocamera, il reato è già avvenuto e in mancanza della certezza di pene esemplari ed eventuali espulsioni, l’utilità ne viene ampiamente ridotta.Bisognerebbe invece lavorare maggiormente sulla prevenzione e fino adesso se ne è vista ben poca. Servono più agenti, più mezzi ma anche filtri sugli ingressi, rimpatri e pene certe, tutte cose che allo stato attuale mancano e questo chi delinque lo sa benissimo. L’algerino infatti girava tranquillamente a petto nudo con l’arpione nel sacchetto dopo aver ucciso.

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