
Mentre la guerra in Ucraina prosegue tra stalli ed escalation, un nuovo capitolo si apre nell’ombra. Un capitolo che ha il sapore amaro del tradimento e la potenza emotiva di un colpo sparato da dentro le mura. Il Servizio di Sicurezza Federale russo (FSB) ha arrestato un militare russo di 49 anni con l’accusa di preparare un attentato terroristico contro un dormitorio che ospita cadetti delle accademie militari nella regione di Mosca.
Secondo quanto riferito dall’FSB, l’uomo era stato reclutato dai servizi di intelligence ucraini e stava recuperando componenti per costruire un ordigno esplosivo da un nascondiglio segreto. Il suo obiettivo – sostiene il rapporto – era colpire “il dormitorio in cui vivono cadetti militari”. Ragazzi. Studenti. Aspiranti ufficiali.
Il Comitato Investigativo della Federazione Russa ha formalmente avviato procedimenti penali nei confronti del militare, accusandolo di preparazione di atto terroristico (articolo 205 del Codice Penale della Federazione Russa) e detenzione illegale di esplosivi (articolo 222.1). Inoltre, l’uomo è stato definito “membro di un’organizzazione terroristica vietata in Russia”, ma il nome dell’organizzazione resta, al momento, non rivelato.
L’episodio, avvenuto in un momento di massimo allarme interno, rappresenta un duro colpo simbolico alla narrazione di forza e coesione propagata dal Cremlino. Il sospettato non è un civile radicalizzato, né un agente straniero infiltrato: è un soldato russo, addestrato, armato, presumibilmente fidato. Se confermata, la sua collaborazione con i servizi ucraini rappresenterebbe uno spartiacque nella percezione del conflitto: il fronte si è spostato dentro casa.
La notizia è stata trattata con estrema attenzione dai media statali, che cercano di mantenere un equilibrio tra allarme e controllo. Ma il sentimento tra la popolazione, soprattutto tra i familiari dei militari, è di inquietudine. “Come possiamo dormire tranquilli se a tradirci è uno di noi?”, si legge in uno dei commenti sotto una notizia apparsa su Rossijskaja Gazeta.
L’arresto del soldato non può essere analizzato in isolamento. Arriva in un contesto segnato da crescenti episodi di sabotaggio, droni ucraini lanciati in profondità nel territorio russo, attentati alle infrastrutture e una crescente sfiducia tra le forze dell’ordine e i ranghi militari. La guerra ibrida è già realtà. Non si combatte solo sul campo, ma anche con la disinformazione, l’infiltrazione, la destabilizzazione interna.
Secondo alcuni analisti militari, il caso rientra in una nuova strategia ucraina, focalizzata sul logoramento psicologico e operativo della macchina statale russa. In un momento in cui l’Occidente valuta una riduzione del supporto diretto a Kiev, colpire il cuore della Russia – seppur simbolicamente – serve a mantenere alta l’attenzione internazionale sul conflitto.
La vicenda pone interrogativi profondi: Quanti altri “sabotatori silenziosi” potrebbero trovarsi all’interno delle forze armate russe? Come risponderà il Cremlino? Con una stretta autoritaria, con epurazioni interne? E soprattutto, quanto sarà ancora possibile distinguere il nemico, se indossa la stessa divisa?
La guerra, lo sappiamo, cambia le persone. Le spinge verso l’orlo. A volte, le spinge oltre. Ma quando a varcare il confine è chi ha giurato fedeltà alla bandiera, il trauma non riguarda solo la sicurezza. Riguarda l’identità di un’intera nazione.
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