C’è un tratto di costa, a pochi chilometri dal centro di Palermo, che da decenni rappresenta un microcosmo della Sicilia irrisolta: Mondello. Spiagge che dovrebbero essere patrimonio collettivo, trasformate in un labirinto di tornelli, concessioni e silenzi. Oggi, quella stessa spiaggia è tornata al centro di un’inchiesta che intreccia politica, affari e, secondo accuse sempre più documentate, la lunga ombra della mafia.
La denuncia di Ismaele La Vardera
A squarciare il velo è stato un deputato all’ARS di 32 anni, Ismaele La Vardera, ex giornalista d’inchiesta e oggi leader del movimento ControCorrente. Le sue denunce, prima mediatiche e poi parlamentari, hanno portato la Commissione nazionale Antimafia a convocarlo a Roma per audirlo sui fondi PNRR e sugli appalti legati alla gestione del litorale palermitano. È un fatto grave e simbolico, l’Antimafia interviene dove le istituzioni locali hanno scelto di voltarsi dall’altra parte.
Lagalla e Schifani: la politica che non vede
La Regione Siciliana, guidata da Renato Schifani, e il Comune di Palermo, con il sindaco Roberto Lagalla, sembrano non essersi accorti, o non aver voluto accorgersi, di ciò che stava accadendo. Da anni, la gestione della spiaggia di Mondello è affidata alla Italo Belga, società al centro di polemiche per il sostanziale “monopolio” del litorale e per la presenza di dipendenti legati a famiglie mafiose note alle cronache giudiziarie. Le accuse non vengono da un comizio ma da documenti e denunce depositate alla Guardia di Finanza.
Eppure, nessuna parola di condanna, nessuna azione di verifica incisiva. Né dalla Regione, che concede e controlla le licenze demaniali, né dal Comune, che amministra il territorio e il bene pubblico. Si è preferito il silenzio, quello comodo e istituzionale, che lascia intatto l’equilibrio di potere tra politica, affari e criminalità organizzata.
Un deputato sotto scorta per aver fatto il proprio dovere
Nel frattempo, a La Vardera è stata assegnata la scorta. Una decisione che pesa come un macigno, significa che in Sicilia si può finire sotto protezione non per avere toccato interessi criminali da remoto, ma per avere denunciato l’illecito sulla sabbia, a due passi dal mare. “Mai mi sarei immaginato di finire sotto scorta a 32 anni per aver fatto il mio dovere”, ha dichiarato il deputato. E quel dovere, che dovrebbe appartenere a ogni rappresentante pubblico, diventa invece motivo di isolamento politico e rischio personale.
Il prefetto di Palermo ha agito, la Commissione Antimafia pure. Ma dove sono i vertici della Regione e del Comune? Dove sono le ispezioni, le revoche, le prese di posizione pubbliche? Il presidente Schifani e il sindaco Lagalla hanno preferito rifugiarsi in una prudenza che somiglia troppo alla famosa scimmietta che non vede, non sente e non parla. Mentre un deputato viene convocato a Roma per portare prove di infiltrazioni mafiose nei fondi PNRR, nessuna voce istituzionale siciliana si è levata a difesa della trasparenza.
La legalità delegata al coraggio dei singoli
Il caso Mondello non è solo una questione di spiagge. È una radiografia del potere in Sicilia, la concessione trasformata in rendita, la rendita protetta dal silenzio, il silenzio garantito dall’indifferenza politica. Finché la legalità sarà delegata a chi rischia in solitudine, la democrazia resterà vulnerabile.
Il coraggio di un deputato non può supplire alla cecità di due amministrazioni. Palermo e la Sicilia meritano un governo che guardi in faccia la realtà, non che la osservi da dietro le tende dei palazzi. Perché se c’è bisogno della scorta per dire la verità su una spiaggia, allora la vera emergenza non è il litorale, è lo Stato che non si accorge più di se stesso.
