Salvini al bar dello sport ma il conto lo paga l’Italia

La battuta sul casco e il fucile a Macron diventa un caso diplomatico: convocata l’ambasciatrice italiana a Parigi

Matteo Salvini - Emmanuel Macron

L’ultima uscita di Matteo Salvini non è stata la classica polemica da talk show o da comizio in piazza. Stavolta ha finito per trasformarsi in un incidente diplomatico tra Italia e Francia, con tanto di convocazione formale dell’ambasciatrice italiana a Parigi. Un passaggio che, nel linguaggio della diplomazia, equivale a un cartellino giallo: non si espelle nessuno, ma si mette nero su bianco che la pazienza ha un limite.

Cosa ha detto Salvini? Niente di nuovo per chi lo conosce: ha risposto alla proposta di Emmanuel Macron di rafforzare l’impegno europeo in Ucraina con il suo consueto sarcasmo da bar sport. ” ‘taches al tram’ (attaccati al tram in milanese), se vuoi andare in Ucraina, mettiti il casco, il giubbotto e vai da solo col fucile”. Parole che suonano più come una battuta da avventore davanti a un bicchiere di rosso che come l’intervento di un vicepresidente del Consiglio.

E qui sta il punto. In un bar di periferia una frase del genere può strappare una risata o una pacca sulla spalla. Ma detta da chi siede al governo di un Paese del G7, diventa benzina sul fuoco delle relazioni internazionali. Non solo perché Macron è il presidente della Francia, ma perché Parigi e Roma negli ultimi mesi avevano faticosamente ricucito rapporti logorati da anni di schermaglie, specialmente sui migranti.

Il richiamo dell’ambasciatrice Emanuela D’Alessandro al Quai d’Orsay non è dunque un atto di cortesia, ma una reazione dura. I francesi hanno fatto sapere che simili dichiarazioni “minano il clima di fiducia e la forte convergenza” mostrata di recente tra i due Paesi, soprattutto nel sostegno a Kiev. In altre parole: mentre i governi provano a remare insieme, Salvini preferisce giocare al guastatore.

Non è la prima volta. Solo a marzo, sempre lui aveva definito Macron “pazzo” per la sua linea dura contro la Russia. E già in passato Parigi aveva alzato la voce di fronte agli attacchi del leader leghista, famoso per i suoi colpi di teatro e le parole al vetriolo. Insomma, non si tratta di una scivolata isolata, ma di un copione che si ripete.

C’è però una differenza sostanziale: Salvini oggi non è più soltanto il capo della Lega a caccia di consensi. È vicepresidente del Consiglio e ministro, cioè un uomo che rappresenta ufficialmente l’Italia. Ogni volta che parla, non si esprime solo a titolo personale ma trascina con sé la credibilità del governo e del Paese. E questo, alla diplomazia francese, non sfugge.

Qui la domanda è semplice: a che pro? Che utilità ha per l’Italia una battuta velenosa che manda all’aria settimane di lavoro diplomatico? Davvero il modo migliore per ribadire la contrarietà a inviare truppe in Ucraina è dire a Macron di imbracciare un fucile e andare da solo? Una posizione politica può essere difesa con fermezza anche usando il linguaggio del ruolo istituzionale. Invece Salvini preferisce l’insulto, come se fosse ancora all’opposizione, o in diretta Facebook.

Il risultato, prevedibile, è che l’Italia finisce nel mirino, non lui. Tocca all’ambasciatrice italiana subire la ramanzina a Parigi, mentre Meloni deve spendere capitale politico per ricucire. Macron, al contrario, rafforza la sua immagine di leader europeo isolato ma risoluto, mentre Salvini appare come l’alleato ingombrante che crea problemi in casa propria.

La verità è che questa polemica non cambierà la sostanza: l’Italia non manderà truppe in Ucraina e la Francia continuerà a spingere per una linea dura contro Mosca. Ma resterà il segno di un’uscita inutile, che mette in difficoltà la diplomazia italiana e che rischia di incrinare ancora una volta un rapporto bilaterale già fragile.

Alla fine, sembra la solita scena da bar: uno che parla sopra le righe per far ridere i presenti, salvo poi scoprire che la battuta ha conseguenze serie. Solo che qui il bar è l’Europa, e il conto lo paga l’Italia.