Putin, 73 anni di potere: tra fedeltà, simboli e diplomazia del Cremlino

Dal messaggio di Kadyrov alla “fraterna amicizia” di Kim Jong Un: il compleanno di Putin diventa il palcoscenico geopolitico della fedeltà diplomatica russa

Settantatré anni e nessun accenno al ritiro. Per Vladimir Vladimirovič Putin, nato il 7 ottobre 1952 a Leningrado (oggi San Pietroburgo), il compleanno non è mai stato una data privata, ma un rito di potere. Un’occasione per riaffermare le alleanze, ricevere attestati di fedeltà e mostrare al mondo che la Russia, e lui con essa, restano al centro di un equilibrio geopolitico che si pretende multipolare.

Quest’anno, come confermato dal portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, il presidente ha trascorso la giornata “in modalità di lavoro”, con una riunione del Consiglio di Sicurezza e una serie di telefonate internazionali. Ma attorno a quel telefono, oggi, si è raccolta la solita costellazione di messaggi, telegrammi e dichiarazioni da ogni angolo del mondo: dai Paesi alleati ai fedelissimi di casa, in un mosaico di lealtà che racconta più di qualsiasi discorso ufficiale.

Vladimir Putin con il leader ceceno Ramzan Kadyrov.

Il più enfatico, come sempre, è Ramzan Kadyrov, leader ceceno, che sul suo canale Telegram ha pubblicato un messaggio che suona come un inno. “Oggi è un giorno speciale per tutto il Paese: il compleanno del nostro leader nazionale, del Comandante Supremo, del Presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič Putin. È un uomo che ha legato indissolubilmente la propria vita al destino della nostra grande potenza”, scrive Kadyrov, esaltando il presidente come “sinonimo di forza, onore e volontà incrollabile”. Nel suo messaggio, il leader ceceno intreccia la gratitudine personale – il ricordo del sostegno dato da Putin a suo padre, Akhmat-Hadji Kadyrov, nei difficili anni della pacificazione – con la retorica patriottica: “La Cecenia è orgogliosa di essere una parte inseparabile della grande Russia”, conclude, augurandogli salute, lunga vita e successo “nel suo difficile ma nobile lavoro”. Un linguaggio che trascende la politica e sfiora la liturgia: quella del culto della personalità, che in Russia non è mai davvero tramontato.

Il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, con quello nordcoreano Kim Jong Un.

Dalla Corea del Nord arriva un telegramma altrettanto enfatico. Secondo quanto riportato dall’agenzia KCNA (Korean Central News Agency) e ripreso da Italpress, Kim Jong Un ha definito l’amicizia con Putin “eterna” e “indissolubile”. Il leader nordcoreano ha parlato di una “nuova fase di prosperità” nelle relazioni tra Mosca e Pyongyang e ha promesso “pieno sostegno alla giusta lotta del popolo russo per la difesa della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale”. Inoltre, Kim ha riportato che “Pyongyang e Mosca saranno sempre unite, e la nostra amicizia sarà immortale”, evocando l’immagine di un fronte comune contro l’Occidente, nel segno di un trattato di partenariato strategico siglato nel 2024. Un messaggio che, nel linguaggio cerimoniale della diplomazia nordcoreana, ha però un chiaro valore politico: suggellare una vicinanza che non è più solo ideologica, ma anche militare, mentre le due nazioni si scambiano tecnologia, armamenti e sponde diplomatiche.

Tra le telefonate della giornata, quella con Benjamin Netanyahu ha attirato l’attenzione dei media israeliani e russi. Il Cremlino ha riferito che i due leader hanno discusso “degli sviluppi in Medio Oriente e della questione della Striscia di Gaza”, nel contesto del piano americano per la normalizzazione della regione. Putin ha ribadito “la posizione incrollabile della Russia a favore di una soluzione globale della questione palestinese su basi giuridiche internazionali”, mentre Netanyahu – secondo la nota ufficiale – “ha espresso i suoi migliori auguri a Putin alla vigilia del suo compleanno”. Uno scambio diplomatico che riflette il sottile gioco di equilibri che Mosca tenta di mantenere tra Israele, Iran e Siria, aree dove la sua influenza resta strategica.

Putin e il leader bielorusso Aleksandr Lukašenko.

Dalla Bielorussia, il presidente Aleksandr Lukašenko ha rinnovato il suo tradizionale messaggio di lealtà, definendo Putin “uno dei leader più rispettati al mondo, capace di difendere gli interessi del proprio Stato”. Secondo quanto riportato da TASS e dal portale BigAsia, Lukasenko ha elogiato la coerenza e la dedizione del presidente russo, sottolineando come tutto ciò che oggi c’è di meglio in Russia sia legato al suo nome. Ha poi espresso fiducia che “i legami di partenariato e alleanza tra Bielorussia e Russia rimarranno un punto di riferimento per le future generazioni”.

Il Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa Kirill con il presidente russo Vladimir Putin.

Non è mancato il messaggio del Patriarca Kirill, pubblicato sul sito ufficiale della Chiesa ortodossa russa (RPTs). Più di un quarto di secolo fa siete stati chiamati a un servizio importante e impegnativo. Vi auguro forze instancabili, aiuto divino e benedizione nel vostro lavoro per il bene del Paese e dei cittadini, scrive Kirill, ringraziando Putin per il sostegno dato alla Chiesa e alle sue iniziative.
Parole che suggellano ancora una volta l’alleanza tra il potere politico e quello religioso, oggi più salda che mai.

Tra i messaggi ufficiali figurano anche quelli del presidente del Turkmenistan, Serdar Berdymukhamedov, e dei co-presidenti del Nicaragua, Daniel Ortega e Rosario Murillo, che hanno espresso “ammirazione e gratitudine” per il ruolo del leader russo nel difendere i valori della sovranità e della giustizia internazionale.

Negli anni, i compleanni di Putin hanno spesso assunto un valore simbolico. Vi è stato il trattore, un modello BELARUS 1523.3, con l’iscrizione “To President of the Russian Federation Vladimir Putin on occasion of the anniversary” (Al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin in occasione dell’anniversario), donato da Aleksandr Lukašenko nel 2022 e, nello stesso anno, l’Ordine “Dostlik” una delle più alte onorificenze di Stato dell’Uzbekistan, il cui nome significa “Amicizia” – conferita dal presidente uzbeko Šavkat Miromonovič Mirzijoev durante il vertice della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) del 2022 a San Pietroburgo, “per il contributo personale allo sviluppo delle relazioni di amicizia e cooperazione tra Russia e Uzbekistan”.

2008, un cucciolo di tigre siberiana, battezzato Maša, fu donato come simbolo della campagna per la tutela della tigre dell’Amur allora Primo ministro della Federazione Russa Vladimir Putin.

Nel 2008, quando Vladimir Putin era primo ministro della Federazione Russa, ricevette in dono un cucciolo di tigre siberiana, battezzato “Maša”, in occasione del suo 56° compleanno. Il regalo arrivò da un gruppo di ambientalisti e zoologi russi come simbolo di riconoscenza per la campagna promossa da Putin a favore della protezione della tigre dell’Amur, una specie allora a rischio di estinzione. Durante una conferenza stampa, Putin mostrò il tigrotto ai giornalisti, che lo fotografarono mentre lo teneva tra le braccia. Successivamente, Maša fu trasferita nel safari park di Gelendžik, nel sud della Russia, dove divenne una mascotte nazionale e simbolo della campagna per la salvaguardia della fauna siberiana. Quest’anno, nessun grande evento pubblico. Ma i messaggi – amplificati da stampa, televisioni e social – sembrerebbero costruire la narrazione di una leadership “benedetta” e perenne, dove ogni augurio diventa un atto di fedeltà.

Nel corso dei decenni, Vladimir Putin ha festeggiato i suoi compleanni in modi sempre diversi: tra le montagne della taiga siberiana, durante i summit della CIS (Comunità degli Stati Indipendenti) –  un’organizzazione intergovernativa nata nel 1991 dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che riunisce gran parte delle ex repubbliche sovietiche con l’obiettivo di mantenere cooperazione politica, economica e di sicurezza – o in viaggi internazionali come quello a Bali nel 2013, dove partecipò al vertice dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation). In quell’occasione, nel giorno del suo 61° compleanno, Putin ricevette un piccolo dolce offerto dal presidente cinese Xi Jinping e una canzone improvvisata dal presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono, che gli suonò la chitarra davanti ai leader presenti. Il presidente russo raccontò poi ai giornalisti di aver diviso il dolce con gli altri capi di Stato e di non amare le cerimonie, sottolineando che “la cosa più importante è il lavoro condiviso”.
Ma il filo conduttore è sempre rimasto lo stesso: il leader che lavora anche il giorno del suo compleanno, l’uomo che non si concede tregua, il simbolo di una Russia che si vuole inflessibile e resiliente.

Gli auguri giunti oggi a Vladimir Putin rivelano il nuovo disegno delle alleanze del Cremlino nel 2025: un asse solido con i Paesi post-sovietici, un legame strategico con la Corea del Nord, e una rete di contatti bilanciati in Medio Oriente, dal dialogo con Israele al sostegno di Teheran e Damasco. Le parole di Kadyrov rappresentano la fedeltà interna, quelle di Kim Jong Un e Lukashenko la diplomazia dell’alleanza, mentre il messaggio del patriarca Kirill incarna la legittimazione morale. Tutti insieme delineano un ritratto preciso: quello di una Russia che cerca di mostrarsi unita al suo leader e di proiettare all’esterno l’immagine di una potenza in grado di resistere all’isolamento occidentale, puntando su un mondo multipolare in cui Putin resta il simbolo vivente della continuità del potere.

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