Una nuova arma per l’Ucraina: le sanzioni secondarie

Da quando è iniziata la guerra in Ucraina i giornali a grande diffusione hanno spesso magnificato, (sovente in modo maldestro), la fornitura a Kyiv di cosiddette “superarmi” da parte di questo o quel Paese alleato (il “supercarro armato”, il “supercannone” etc…). E’ passata invece piuttosto inosservata la notizia di quella che potrebbe essere un’arma molto efficace per il proseguo della Guerra d’Ucraina che gli Stati Uniti hanno messo in campo due giorni prima di Natale: l’introduzione delle sanzioni secondarie a chi finanzia o comunque agevola l’esportazione di alcuni prodotti che potrebbero sostenere lo sforzo bellico russo.

Le sanzioni primarie vengono applicate ad individui ed industrie statunitensi o che operano sul mercato statunitense. Nel secondo caso, un operatore straniero che opera sul mercato statunitense (tipicamente una società di servizi bancari), e finanzia o agevola transazioni di merci verso un Paese verso il quale gli Stati Uniti applicano le sanzioni primarie, rischia di essere multato. Se però la transazione incriminata ha fruttato all’istituto finanziario in questione dei profitti superiori all’ammontare della multa, la banca multata non fa che mettere tra le passività la multa ricevuta e la cosa non disturba l’istituto di credito più di tanto. Facciamo un esempio: la banca italiana Unicredit venne sanzionata dal Dipartimento americano del Tesoro per aver violato, tra il 2002 ed il 2012, le sanzioni statunitensi nei confronti di Paesi quali Myanmar, Cuba, Iran, Libia, Sudan e Siria.

Nel pagare la sanzione, Unicredit emetteva un “sereno” comunicato in cui si scriveva che gli accantonamenti relativi messi in bilancio erano stati superiori a quanto Unicredit pensava di dover pagare per la multa, “con un impatto positivo al netto delle tasse, di circa 300 milioni di euro”. Alla luce di questo esempio, forse possiamo dire, semplificando, che il sistema delle multe non scoraggia di molto le esportazioni verso le nazioni sanzionate.
Le sanzioni secondarie – che tutto sono meno che “secondarie” – colpiscono invece qualsiasi azienda che agevoli transazioni nei confronti dei Paesi sanzionati dagli Stati Uniti – in questo caso, la Russia – con un metodo di gran lunga superiore a quello della multa. Questa volta la sanzione si esplicita nel seguente modo: se fai affari che facilitano trasferimenti di un certo tipo di risorse ad un Paese che gli Stati Uniti hanno sanzionato, noi ti buttiamo fuori dal mercato statunitense. (Forse qualcuno ricorderà che, ai tempi della cosiddetta “massima pressione”, le sanzioni secondarie vennero applicate alle esportazioni nei confronti dell’Iran, ed ebbero una notevole efficacia).

Se le sanzioni sull’export russo da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti hanno fin qui avuto un forte impatto sulla bilancia dei pagamenti russa, il tasto dolente è stato rappresentato dalla difficoltà di impedire al Cremlino di importare beni utili alla sua macchina bellica. In questo senso, il ritrovamento in gran numero di componenti occidentali nelle armi abbattute o catturate ai russi in Ucraina ha rappresentato la “pietra dello scandalo”. Nel corso di questi 22 mesi di guerra, si è osservato come Paesi quali la Turchia od il Khirghizistan hanno registrato una percentuale di aumento delle importazioni di beni occidentali da capogiro. Mostriamo qui, a puro titolo di esempio, il diagramma dell’aumento delle esportazioni dalla Germania verso il Kirghizistan da quando è iniziata la Guerra d’Ucraina. E’ evidente che – siccome il Kirghizistan non è stato negli ultimi due anni toccato da inaspettata e formidabile fortuna – questa improvvisa fame di merci occidentali è figlia di una triangolazione: il Kirghizistan acquista merci per conto della Russia, gliele trasferisce e gabba il sistema sanzionatorio.


Le sanzioni secondarie istituite ora dagli USA vanno a toccare a livello mondiale il collo di bottiglia rappresentato dal sistema bancario nelle transazioni commerciali. Chiunque organizzi un grande sistema di importazioni deve necessariamente farsi finanziare l’operazione da una banca. D’ora in poi, gli istituti bancari di tutto il mondo – sì anche quelli cinesi ed indiani – dovranno pensarci due volte prima di finanziare ed organizzare transazioni che veicolano importazioni alla Russia tramite triangolazioni varie. Perdere il mercato statunitense non è affare da poco per nessuna multinazionale.Sappiamo che la Russia è leader mondiale, con un esperienza storica (fin dai tempi dell’URSS) nella capacità di eludere le regole internazionali del commercio. Vedremo i risultati di quanto deciso dall’Amministrazione americana il 22 dicembre scorso nel corso del tempo. Mentre 60 miliardi di finanziamento bellico americano all’Ucraina sono bloccati dal Partito Repubblicano negli USA e corrispettivi 50 miliardi dell’Unione Europea sono bloccati dal veto ungherese, l’introduzione delle sanzioni secondarie nei confronti del Cremlino rappresentano comunque una buona notizia per chi pensa che l’espansionismo di Putin debba trovare un freno.

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