Sì al processo di revisione per Olindo e Rosa. Ora si spera anche per Bossetti

Processo Olindo Rosa

E’ arrivato il sì al processo di revisione per Olindo e Rosa. I coniugi di Erba, che hanno dato vita a uno dei romanzi neri più popolari e che hanno letteralmente diviso l’Italia in due, potranno ritornare in aula per ricominciare il processo daccapo. Il processo di revisione permetterà a Olindo Romano e Rosa Bazzi di ripercorrere quanto successo la notte nella quale hanno perso la vita Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini.

La storia di Olindo Romano

Olindo, che oggi è detenuto nel carcere di Parma, passa le sue giornate occupandosi di un piccolo orto. E’ ingrassato a dismisura (120 kg. per un metro e 65 di altezza). Nella sua vita, prima di finire in carcere, ha fatto il camionista e il netturbino. In passato, avevo rotto ogni legame con la sua famiglia di origine a causa di un litigio per una proprietà (dove ancora vivono i fratelli) perchè avendo partecipato alla costruzione della stessa, riteneva di  avere diretto a una quota. Sposato con Rosa Bazzi, è entrato con la moglie in una sorta di simbiosi al punto tale che gli psicologi lo ritengono “dipendente dalla sua metà in tutto e per tutto”. Vede Rosa due volte al mese e, sempre secondo gli psicologi, se non ci fosse Rosa, non ci sarebbe più nemmeno lui. Non è totalmente lucido, tanto che aspetta sempre che Mario Frigerio, morto nel 2014 ma unico sopravvissuto ai tempi della strage, possa testimoniare in aula cambiando la versione dei fatti.

La storia di Rosa Bazzi

Rosa Bazzi, è nata nel 1963, ultima di 3 sorelle. Dopo le elementari, lascia la scuola. E’ bullizzata dai suoi coetanei. Soffre di asma e parla sempre molto. Lavora come donna delle pulizie in alcune famiglie nella zona periferica di Erba. Conosce Olindo e lo sposa. Vanno a vivere in via Diaz a Erba, in un appartamento di 75 metri quadri che diventa il loro rifugio. Attualmente è detenuta nel carcere di Vercelli, se la passa meglio di Olindo. E’ riuscita a integrarsi malgrado qualche diverbio con le altre carcerate. Passa le sue giornate a cucire tende e tovaglie per il suo Olindo. La vita in carcere però le ha creato un problema: non è più capace di leggere e di scrivere quindi non risponde a nessuna lettera. C’è chi dice che si sia infatuata di un detenuto ma il suo avvocato ha smentito.

Il patto suicida

Secondo quanto riportato dagli psicologi che stanno seguendo i la coppia, i due avrebbero stretto in passato un “patto suicida”. Per loro è sempre stato impossibile pensare la vita di uno senza l’altro. Tanto che, hanno sempre sostenuto, che sarebbero disposti a togliersi la vita se dovessero rimanere privi della loro metà.

Rosa e Olindo vittime di un errore giudiziario

Il Tribunale di Brescia ha deciso di dare il via a un processo bis che inizierà il prossimo 1° marzo. La revisione del processo è determinata dal fatto che, Olindo e Rosa potrebbero essere stati vittime di un errore giudiziario. Grande soddisfazione per gli avvocati Fabio Schembri e Nico D’Ascola che difendono Olindo e per gli avvocati Luisa Bordeaux e Patrizia Morello che difendono Rosa.  “La nostra vera soddisfazione, però, è se arriverà un proscioglimento, chiesto sula scorta delle prove nuove” hanno dichiarato i difensori dei coniugi di Erba.

La testimonianza di Mario Frigerio

Mario Frigerio, unico spravvissuto della strage di Erba, deceduto nel 2014, aveva portato alla condanna di Olindo e Rosa nel primo processo conclusosi successivamente in Cassazione. Tra i fatti contestati dagli avvocati che hanno chiesto al revisione del processo ci sarebbero le dichiarazioni di Mario Frigerio. “Mario Frigerio fu indotto dal luogotenente dei Carabinieri, Gallorini, a costruire un falso ricordo nella mente di Olindo Romano”. Questa, oggi, è anche la tesi difensiva accolta dal sostituto pg milanese.

L’inchiesta delle Iene

Tra le tesi per scagionare Olindo e Rosa c’è l’inchiesta de Le Iene, il format televisivo del gruppo Mediaset, in onda su Rete4. Le Iene hanno trasmesso le registrazioni dell’interrogatorio di Frigerio, avvenuto in ospedale quando faceva ancora molta fatica a parlare. Frigerio dal letto di ospedale aveva indicato il suo assalitore come persona a lui sconosciuta e di carnagione olvistra. Dichiarazioni poi modificate, probabilmente, sotto una certa “pressione”.

La confessione di Olindo e Rosa

La stessa pressione utilizzata per Frigerio è stata messa in atto per la confessione “indotta” di Olindo e Rosa. I due coniugi confessarono dopo l’arresto con la promessa di uno sconto di pena e di potersi frequentare in carcere. Insomma, vennero messi sotto pressione e furono probabilmente vittime di una vera e propria circonvenzione”.

La macchia di sangue

Anche la macchia di sangue che venne ritrovata alla base della portiera dell’auto di Olindo e Rosa oggi viene classificata come “fortemente dubbia”. Quella goccia di sangue che conteneva tracce di DNA attribuibili a Valeria Cherubini, non è stata prelevata dall’automobile.

Chi ha commesso la strage di Erba?

Se dovessero essere prosciolti sia Olindo che Rosa, a questo punto bisognerebbe ricominciare la caccia al colpevole. C’è già chi ipotizza che dietro la strage di Erba si nasconde un regolamento di conti tra bande rivali per lo spaccio di droga. Verrà quindi ascoltato Abdi Kais, uomo che abitava nella case della strage, mai ascoltato all’epoca dei fatti che però aveva riferito di una “faida con un gruppo rivale” nella quale in un’occasione venne ferito. Secondo quando dichiarato da Abdi Kais, la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”.

Massimo Bossetti, una vicenda per molti versi simile

La sensazione che spesso gli italiani hanno è che la giustizia nel nostro Paese pecchi di superficialità. C’è chi è convinto che il caso Yara Gambirasio – Bossetti sia stato condotto male e che ci fosse da parte di giudici e magistrati “l’urgenza di trovare un colpevole”.
Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per la morte della tredicenne Yara Gambirasio, si è fin dal primo giorno dichiarato innocente. E non ha mai cambiato versione.

Molti, se non tutti, ricordano l’arresto di Massimo Bossetti, avvenuto mentre lavorava in cantiere, con tanto di riprese televisive. Un arresto costruito nei dettagli: spiegamento di forze dell’ordine, riprese televisive, primi piani sul muratore che, incredulo, scendeva timidamente le scale delle impalcature e si faceva ammanettare.

Noi, della Voce (ai tempi voceditalia), fin da quelle prime immagini avevamo sospettato che ci fosse una spettacolarizzazione dell’arresto e che la giustizia dovesse, a tutti i costi, trovare velocemente il colpevole, arrestarlo e, possibilmente, buttare la chiave. Abbiamo scritto articoli su articoli, abbiamo seguito passo passo le indagini (per quello che ci era permesso di fare) ma non abbiamo nai cambiato idea: Massimo Bossetti è la vittima sacrificale di un sistema che deve dimostrare che funziona.

Cassazione: accolto il ricorso per Massimo Bossetti ma con un errore

Dal 2019 è in corso un braccio di ferro tra il tribunale di Bergamo e la Cassazione. L’ultima sentenza della Cassazione del maggio 2023 ha di fatto autorizzato la difesa di Bossetti alla visione dei reperti. Ma l’errore sta proprio nella sentenza stessa: autorizzare a vedere i reperti non significa poterli toccare e analizzare.

Considerando che il processo a Bossetti e la condanna all’ergastolo si sono basati su una sola prova, ossia quella del Dna rintracciato su alcuni indumenti di Yara, l’impossibilità da parte della difesa di esaminarli rende vana ogni speranza di scagionare il muratore di Mapello.

Anche per l’omicidio di Yara Gambirasio gli italiani sono divisi in due: quelli che ritengono Bossetti un assassino e quelli che invece pensano che il muratore sia la vittima di un errore giudiziario. Tutti però sono concordi sul fatto che è giusto che a scontare la pena sia il colpevole e non un innocente. Speriamo quindi che anche a Massimo Bosetti sia concessa la possibilità di dimostrare, se realmente è così, la sua innocenza.