Pranzo alle otto

Nella New York del 1933 un gruppo di anime s’incontra per cenare nel lusso. Sono i tempi della Grande depressione e i personaggi provano a sopravvivere perpetuando la loro ricchezza. Da un magnate in difficoltà finanziarie a una vecchia star del palcoscenico fino alla moglie di un affarista il quadro della serata presenta storie d’illusioni e certezze con contorno di malinconia. Si discute dei vecchi tempi e del futuro in un’atmosfera convivale con un occhio agli interessi personali e uno alla bottiglia.

Pranzo alle otto è un film del 1933 diretto da George Cukor. Commedia introspettiva è un affresco dell’alta classe americana ai primi del 900. Dopo aver presentato i personaggi in scena il regista, si concentra sulla preparazione della cena e sulle personalità degli invitati dandone un ritratto umano interessante perché oltraggioso. Tratto dal lavoro teatrale di Edna Ferber e George Kaufmann il film è un raccoglitore di caratteri affini e complementari attorno alla tavola di una signora per bene. Si discute della New York che fu. dove la diva era senza doppio mento e le navi partivano, con grandi duetti tra un cast notevolissimo.

Mary Dressler è evocativa nel costruire un personaggio che ha perso il suo fascino ma non le sue esigenze, John Barrymore fa sorridere e intristire nei panni di un uomo disilluso e senza piò una ragione di vita. Un affresco di gran ritmo e sceneggiato in maniera eccellente che si presenta ancora efficacissimo nel trasmettere tristezza e divertimento al pubblico. E’ rasserenante assistere a certi lavori per conoscerne un fascino fatto di battute e riflessioni da una porzione di passato che appare leggenda. La regia di Cukor è lieve soprattutto nell’affrontare la psicologia dei protagonisti. Non esistono persone buone in Pranzo alle otto ma solo individui vinti dagli eventi che provano a ritrovare quella passione  che sembra averli abbandonati.

Un cinema d’altri tempi e di assoluto risultato che andrebbe affrontato per vivere nella sua bellezza formale e della sua completezza . Il film gioca con la realtà diventandone scultore attento. Nonostante l’ambiente sia di privilegio in scena vanno soprattutto le miserie del fato e della noia. Ottima Jene Harlow nella parte di una moglie malata immaginaria che non riesce a passare le sue giornate se non a letto. Un ritratto spietato quello del regista che non dimentica di mostrare senza dimostrare nulla se non la sconsolatezza umana