Più CO₂ nell’aria, cibo meno nutriente: cosa rivela il nuovo studio

L’aumento dell’anidride carbonica fa crescere le rese agricole, ma riduce minerali essenziali e può aumentare la presenza di metalli tossici negli alimenti.

cibo calorico

Quando si parla di cambiamento climatico, l’attenzione si concentra spesso sugli eventi estremi o sull’aumento delle temperature. Molto meno evidente, ma altrettanto rilevante, è ciò che sta accadendo alla qualità del cibo. Un nuovo studio scientifico mostra come l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera non si limiti a influenzare la crescita delle piante, ma ne modifichi in modo sostanziale il valore nutrizionale.

Secondo i ricercatori, livelli più elevati di CO₂ rendono gli alimenti più ricchi di calorie, ma poveri di micronutrienti fondamentali per la salute umana. In alcuni casi, inoltre, aumenterebbe la presenza di elementi potenzialmente tossici.

Lo studio dell’Università di Leida e l’approccio innovativo

La ricerca è stata condotta da un gruppo di studiosi dell’Università di Leida, nei Paesi Bassi, guidato dalla docente Sterre ter Haar. Da anni gli scienziati analizzano l’impatto della CO₂ sulle piante, ma confrontare i risultati dei vari studi si è sempre rivelato complesso. Le cause sono le diverse condizioni sperimentali e dei continui cambiamenti nella concentrazione di gas nell’atmosfera.

Per superare questo limite, il team ha sviluppato un metodo di comparazione basato su un presupposto chiave. L’effetto della CO₂ sulla crescita e sulla composizione delle piante sembra seguire un andamento lineare. In altre parole, se la concentrazione di anidride carbonica aumenta, l’impatto sui nutrienti e qualità del cibo cresce in proporzione.

Decine di migliaia di dati su colture fondamentali

Grazie a questo modello, i ricercatori sono riusciti a confrontare quasi 60.000 misurazioni provenienti da studi diversi, prendendo in esame 32 nutrienti e 43 colture di grande importanza per l’alimentazione globale. Tra queste figurano riso, grano, patate, pomodori e legumi.

L’analisi ha evidenziato che, sebbene le rese agricole tendano ad aumentare in presenza di più CO₂, la qualità nutrizionale degli alimenti peggiora in modo significativo. Non si tratta, spiegano gli autori, di una semplice “diluizione” dei nutrienti dovuta alla crescita più rapida delle piante, ma di una vera e propria trasformazione della composizione chimica degli alimenti.

Il cibo con meno minerali essenziali, più metalli indesiderati

Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda la riduzione di micronutrienti fondamentali come zinco, ferro e proteine. Il calo medio osservato è del 3,2%, ma in alcune colture i valori sono molto più drastici. Nei ceci, ad esempio, lo zinco potrebbe diminuire fino al 37,5%.

Parallelamente, lo studio segnala un aumento dei livelli di piombo nelle piante, un elemento che, anche in piccole quantità, può risultare dannoso per la salute. Secondo Ter Haar, la portata di questi cambiamenti è stata inaspettata: alcune colture reagiscono in modo molto diverso rispetto ad altre, rendendo il quadro ancora più complesso.

Dalla soglia “sicura” alle condizioni attuali

Per valutare l’impatto dell’anidride carbonica, i ricercatori hanno preso come riferimento una concentrazione di 350 parti per milione, considerata da molti scienziati l’ultimo livello relativamente sicuro. Questo valore è stato confrontato con uno scenario da 550 ppm, che alcune proiezioni collocano intorno al 2065.

Il dato più allarmante è che l’attuale concentrazione atmosferica ha già raggiunto 425,2 ppm. Ciò significa che gli effetti descritti dallo studio non sono ipotesi future, ma processi già in corso, che stanno gradualmente modificando la qualità nutrizionale delle colture.

Il rischio della “fame nascosta”

Le conseguenze per la salute potrebbero essere rilevanti. I ricercatori parlano di un aumento del rischio di “fame nascosta”, una condizione in cui l’apporto calorico è sufficiente, ma i nutrienti essenziali non lo sono. Questo fenomeno potrebbe colpire in modo particolare le popolazioni che dipendono fortemente da cereali e legumi come principali fonti di nutrimento.

A lungo termine, carenze di zinco, ferro e proteine possono avere effetti gravi sul sistema immunitario, sulla crescita e sullo sviluppo cognitivo.

Lo studio si inserisce in un filone di ricerca più ampio che analizza l’impatto del degrado climatico anche in ambienti controllati. I Paesi Bassi rappresentano un caso emblematico: sono tra i maggiori esportatori agricoli al mondo e coltivano oltre 4.100 ettari in serre arricchite di CO₂ per aumentare la produttività.

Queste pratiche, sebbene efficaci dal punto di vista delle rese, sollevano interrogativi sulla qualità nutrizionale degli alimenti prodotti in ambienti artificialmente modificati.

Le reazioni della comunità scientifica

Diversi esperti hanno accolto positivamente la ricerca. Courtney Leisner, professoressa associata al Virginia Tech, ha sottolineato come lo studio offra indicazioni fondamentali per comprendere il legame tra ambiente e qualità delle colture, un aspetto cruciale per la sicurezza alimentare futura.

Altri ricercatori, come Jan Verhagen dell’Università di Wageningen, invitano però alla cautela. Secondo lui, fattori come fertilizzanti, gestione del suolo e pratiche agricole giocano un ruolo importante nel determinare il contenuto nutrizionale delle piante, e il peso specifico della CO₂ va ulteriormente approfondito.

Un problema da riconoscere per poterlo affrontare

Gli autori dello studio ribadiscono che l’obiettivo non è generare allarmismo, ma stimolare una riflessione informata. Serviranno ulteriori esperimenti per sviluppare colture più resilienti e nutrienti, capaci di adattarsi a diversi livelli di stress ambientale.

Come conclude Sterre ter Haar, il cambiamento climatico non è una minaccia lontana nel tempo: sta già influenzando ciò che mangiamo ogni giorno, spesso senza che ce ne rendiamo conto.