Pensioni, Manovra 2026: il marketing elettorale non regge l’urto dei conti

La Manovra 2026 archivia le quote, rialza l’età pensionabile e smentisce anni di slogan: il sistema torna nei binari della Legge Fornero che il governo aveva promesso di demolire.

Doveva essere la legislatura che “aboliva la Fornero”. Era scritto nei comizi, nelle grafiche social, nelle dichiarazioni più identitarie della maggioranza. E invece, la Manovra 2026 del governo segna l’esatto contrario: Quota 103 sparisce, Opzione Donna non viene rinnovata, e tutte le uscite anticipate nate negli ultimi anni vengono archiviate senza clamore, quasi di soppiatto.

La retorica anti-Fornero, usata per anni come arma elettorale, si scontra così con una realtà impietosa: i conti non permettono scorciatoie. E la flessibilità promessa ai lavoratori sparisce esattamente laddove si chiedeva più libertà e meno rigidità.

L’età pensionabile torna a salire. La Fornero non solo resta: avanza

Dal 2027 l’età pensionabile aumenta: +1 mese nel 2027, +2 nel 2028. Un incremento “soft” solo nella forma, non nella sostanza, perché consolida il principio chiave della riforma Fornero: la pensione si sposta in avanti quando la vita media si allunga.

Parallelamente, anche la pensione anticipata ordinaria diventa più severa: 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini, 42 e 1 mese per le donne.

Un mese in più può sembrare poco per i politici che legiferano, ma pesa enormemente su chi ha carriere reali, spesso discontinue, logoranti, o iniziate tardi.

Il messaggio politico è chiaro: la flessibilità promessa non c’è più. Il messaggio economico è ancora più netto: il sistema non regge senza innalzare l’età.

Conti pubblici: quando il marketing politico incontra il muro dei dati

Gli slogan non pagano le pensioni. I contributi sì. E i conti, oggi, dicono una cosa semplice: se si blocca l’aumento dell’età pensionabile, il costo è 3 miliardi di euro.

Un prezzo che l’Italia non può permettersi in un contesto di: debito al 137% del PIL, regole europee più stringenti, crescita debole e margini di bilancio praticamente inesistenti.

Ecco perché anche l’ipotesi più moderata di una “Quota 41 flessibile” richiede coperture che non emergono da nessuna parte della manovra.

Alla fine, la realtà è che la macchina pensionistica italiana può essere governata solo in due modi: aumentare l’età o creare nuovo debito. Il governo, almeno su questo, ha scelto il primo. Ma senza rivendicarlo apertamente, perché contraddice anni di comunicazione politica.

Demografia, giovani e lavoro: il vero problema ignorato da troppi governi

Il dibattito sulle pensioni è sempre presentato come uno scontro tra partiti. In realtà è uno scontro tra generazioni.

Un Paese che invecchia e in cui il rapporto lavoratori-pensionati si restringe non può promettere uscite anticipate a tutti. Ma non può nemmeno chiedere a milioni di persone di lavorare più a lungo senza un mercato del lavoro adeguato.

Il risultato?

Rischiano di pagare due volte i soliti: gli over 60 che potrebbero ritrovarsi disoccupati invece che pensionati, e i giovani che erediteranno un sistema più pesante, più costoso, e meno generoso.

L’equità intergenerazionale non è una formula accademica: è la linea di frattura su cui si gioca il futuro del welfare italiano.

Eppure, manca una riforma complessiva che unisca: sostenibilità previdenziale, politiche attive serie e salari che permettano carriere contributive sufficienti,

La Fornero non è stata abolita, è stata assunta dal governo

La Manovra 2026 racconta una verità che nessuno ha voluto ammettere in campagna elettorale: la Fornero non solo resta, ma è ormai il pilastro su cui poggia l’intero sistema pensionistico italiano.

Il governo ha scelto la strada della disciplina contabile, non quella del consenso facile. E questo, in sé, potrebbe persino essere un bene.

Ma senza una riforma del mercato del lavoro, senza un piano per l’occupabilità degli over 60, e senza una strategia seria per incentivare natalità e produttività, l’Italia continuerà a galleggiare tra promesse irrealizzabili e aggiustamenti minimi.

La vera sfida è un’altra: creare un sistema pensionistico sostenibile e, soprattutto, giusto tra generazioni.

Per ora, però, la politica ha scelto la via più semplice: cancellare le quote, alzare l’età, tacere sulle promesse non mantenute e lasciare alla prossima riforma il compito più difficile.