
L’elezione di Papa Leone XIV, al secolo Robert Prevost, non ha suscitato l’entusiasmo che ci si sarebbe aspettati tra i cattolici americani del fronte conservatore. E non è solo una questione di stile o biografia. Per l’ex stratega di Donald Trump, Steve Bannon, si tratta di un segnale preciso, quasi una dichiarazione di guerra spirituale e culturale contro il trumpismo cattolico.
Il verdetto di Bannon: “Scelta peggiore per i MAGA”
“È la scelta peggiore per i cattolici MAGA”, ha detto Bannon in un’intervista a Politico, poche ore dopo l’annuncio del nuovo pontefice. “L’elezione di Leone XIV è un voto anti-Trump da parte dei globalisti della Curia”. Parole pesanti, che delineano con chiarezza una faglia ormai evidente: quella tra la visione di Chiesa incarnata nel nuovo Papa e quella rappresentata dal movimento Make America Great Again.
Un pontefice globale, non nazionale
La figura di Leone XIV, agostiniano, ex missionario in Perù e già prefetto del Dicastero per i vescovi, è letta da Bannon come l’incarnazione di una Chiesa mondialista, disincarnata, incline a un universalismo astratto e distante dalla quotidianità delle famiglie americane conservatrici. Una Chiesa, in sostanza, che rifiuta l’ordine dell’amore patriottico che molti cattolici MAGA considerano parte integrante della loro fede.
Lo scontro con JD Vance: Agostino contro l’universalismo
Lo scontro si è fatto visibile già nei primi giorni di pontificato. Al centro, una polemica con il senatore repubblicano JD Vance, astro nascente del trumpismo e convertito al cattolicesimo. Vance, in un’intervista a Fox News, aveva sostenuto che la compassione cristiana deve cominciare dalla propria famiglia, comunità e nazione, citando Sant’Agostino come fonte della sua visione ordinata dell’amore. Leone XIV ha risposto criticando apertamente questa lettura, affermando: “Gesù non ci chiede di valutare il nostro amore per gli altri”.
Una Chiesa che educa invece di ascoltare?
Per Bannon, si tratta dell’ennesima prova di una Chiesa che ha smarrito il senso della concretezza evangelica, sostituendo la carità con l’ideologia. La visione di Prevost-Leone, secondo l’ex stratega, cancella la distinzione tra prossimità e astrattezza, tra responsabilità verso i propri e apertura indiscriminata.
Il sospetto della Deep Church
Ma il vero nodo è politico. Bannon, e con lui un’intera corrente della destra cattolica americana, vede nell’elezione di Leone XIV una manovra della “Deep Church”, un potere parallelo all’interno del Vaticano che lavora per neutralizzare l’influenza del populismo cattolico e marginalizzare figure come Trump, Vance e lo stesso Bannon. “Non hanno scelto un americano, ha detto Bannon, hanno scelto un anti-americano con passaporto USA. Un pontefice che parla più ai migranti che ai genitori delle scuole cattoliche dell’Ohio.”
Due visioni inconciliabili di fede e politica
In effetti, Leone XIV rappresenta una visione globale e pastorale del cattolicesimo, attenta ai margini, inclusiva, spesso critica verso le derive nazionaliste. Una visione che riflette più il modello bergogliano che l’immaginario di un’America redenta dalla tradizione e dal patriottismo.
Verso una frattura ecclesiale
La tensione tra queste due Chiese , quella “globale” e quella “nazionale”, rischia ora di accentuarsi. Se Leone XIV continuerà su questa linea, i cattolici MAGA potrebbero trovarsi ancora più isolati, non solo politicamente, ma anche ecclesialmente. Per molti di loro, il nuovo Papa non è un segno di speranza, ma il simbolo di una frattura ormai conclamata.
Una battaglia culturale e spirituale in corso
In gioco non c’è solo la guida spirituale di un miliardo di fedeli, ma il ruolo della fede nel grande scontro tra globalismo e sovranismo. E la Chiesa, volente o nolente, è tornata al centro di questa battaglia.