
Il recente vertice di Londra sulla sicurezza europea e sulla guerra in Ucraina ha messo in luce le fragilità della strategia occidentale. Keir Starmer, premier britannico, ha lanciato un appello per una “pace duratura e giusta”, sottolineando la necessità di una “coalizione di volenterosi”. Tuttavia, la realtà dei fatti ha evidenziato un aspetto cruciale: senza il sostegno degli Stati Uniti, qualsiasi iniziativa europea appare destinata a rimanere un esercizio di stile privo di efficacia concreta.
Il nodo della dipendenza dagli USA
Il Times ha subito evidenziato i limiti della proposta di Starmer, sottolineando come ogni forza di mantenimento della pace sia destinata a fallire senza la potenza di fuoco statunitense. Il concetto è chiaro: senza Washington, l’Europa non è in grado di garantire la sicurezza del continente. Ma ciò che colpisce è il paradosso politico in cui si trova il Regno Unito. Da una parte si cerca di rafforzare il ruolo dell’Europa nella gestione della crisi ucraina, dall’altra si dipende ancora in modo assoluto dagli Stati Uniti.
Inoltre, il Daily Mail ha definito il momento attuale come “la prova definitiva” per Starmer. Deve dimostrare di saper gestire un’Europa che si trova di fronte a un bivio storico: cercare un’autonomia strategica o accettare il proprio ruolo subalterno rispetto a Washington. Le crepe all’interno dell’Occidente iniziano a emergere in modo evidente, e il governo britannico non sembra in grado di colmarle.
L’assenza di un vero piano di pace
La BBC ha messo in evidenza le prime divisioni interne emerse sulla proposta di tregua di un mese. L’assenza di un accordo franco-britannico ha ulteriormente minato la credibilità dell’iniziativa di Londra, smentendo quanto dichiarato da Emmanuel Macron. Un “cessate il fuoco” che, per ora, rimane solo un’idea vaga, priva di una strategia concreta.
Nel frattempo, il Daily Telegraph ha sottolineato come l’Europa debba adattarsi al progressivo disimpegno americano. Gli Stati Uniti di Donald Trump potrebbero rivedere il loro coinvolgimento, lasciando il Vecchio Continente di fronte a una scelta difficile: assumersi la responsabilità della propria sicurezza o continuare a dipendere da Washington, accettando di contare sempre meno nello scenario globale.
La “foto di famiglia”: un’immagine che parla chiaro
Se le parole hanno cercato di mascherare le crepe politiche, la cosiddetta “foto di famiglia” a conclusione del vertice di Londra ha raccontato un’altra storia. La disposizione dei leader ha evidenziato una chiara gerarchia di potere. Mentre alcuni protagonisti si trovavano nelle prime file, altri sono stati relegati in posizioni marginali. Tra questi, Giorgia Meloni, posizionata in fondo alla scena, quasi a voler sottolineare un ruolo secondario per l’Italia.
La presenza di paesi come la Turchia e il Canada ha sollevato ulteriori interrogativi. Perché includere nella foto una nazione come la Turchia, che mantiene rapporti ambigui con la Russia? E perché il Canada, che ha un ruolo solo marginale nelle questioni europee, è stato posizionato in maniera più centrale rispetto ad altri leader dell’UE?
La posizione di Scholz in ultima fila è più comprensibile, dato il suo status di premier uscente, ma il caso italiano appare più significativo. Se l’Italia è un alleato strategico e una delle principali economie europee, perché la sua leader è stata relegata in secondo piano? Questa scelta, tutt’altro che casuale, riflette un ordine di priorità ben preciso all’interno dell’Occidente.
Un’Europa divisa e senza strategia
Il vertice di Londra non ha fatto altro che confermare un dato di fatto: l’Europa, senza un chiaro sostegno americano, si trova disorientata e priva di una linea politica autonoma. La strategia di Starmer, seppur apprezzabile nelle intenzioni, si scontra con una realtà geopolitica in cui gli Stati Uniti restano l’unico vero attore capace di garantire la sicurezza.
L’Italia, nel frattempo, continua a oscillare tra la volontà di essere protagonista e il rischio di essere considerata un elemento marginale. La fotografia finale del vertice non è solo un’immagine, ma un simbolo chiaro della posizione dell’Italia nel contesto internazionale. Un’Europa in cui le gerarchie sono già state decise e dove il nostro paese rischia di essere sempre relegato in ultima fila.