Il nulla che avanza: cronaca di un incontro simbolico

Dietro la retorica e le foto di rito, l’Italia porta soldi e riceve promesse. E l’America? Ride

TRump Meloni

Donald Trump ha una regola semplice per riconoscere un amico: chi non lo contraddice. Giorgia Meloni, recandosi a incontrarlo senza porre questioni scomode, senza difendere apertamente le posizioni europee o italiane, ha accettato il copione. Nessuna domanda su Ucraina, NATO, clima o diritti civili. Nessuna presa di posizione che potesse anche solo lontanamente far pensare a una divergenza. Trump, in cambio, concede un sorriso, un incontro e un futuro appuntamento a Roma. Ma a quale prezzo?

Dalla Ragion di Stato al “kiss my ass”

Meloni ha tentato un equilibrismo impossibile: tenere il piede ben saldo nell’atlantismo istituzionale, pur strizzando l’occhio a chi dell’istituzione vuole demolire ogni pilastro. Ha rischiato, e forse accettato, di passare per l’ennesima cheerleader di Trump. Non perché voglia esserlo, ma perché l’Italia non può permettersi fratture con la Casa Bianca. È realpolitik, certo, ma tra la Ragion di Stato e la sudditanza il confine è sottile. E in questo incontro, quella differenza è sembrata evaporare.

L’illusione di un garante impossibile

Meloni è volata negli Stati Uniti con l’ambizione di presentarsi come garante degli interessi europei, magari cercando di disinnescare le spinte più aggressive del trumpismo su dazi, difesa e politica estera. Ma si può davvero “garantire” qualcosa a chi ogni giorno costruisce verità alternative? A chi considera gli alleati europei dei parassiti e i giornalisti dei nemici da silenziare? Il risultato concreto dell’incontro, finora, è unilaterale: più gas americano, più spese militari italiane, dieci miliardi di investimenti italiani negli USA. E in cambio? Una promessa vaga e un buffetto sulla spalla.

La diplomazia del ricatto

Con Trump, tutto è transazione. Tutto è prestazione in cambio di fedeltà. L’Italia ha portato doni e ricevuto poco o nulla.  Ci si può aspettare solo nuove guerre commerciali, nuove pretese sui bilanci della NATO, nuovi ricatti morali e politici. L’Europa sarà ancora una volta costretta a fare i conti con un’America che guarda a sé stessa e al proprio tornaconto, senza più neanche il pudore di mascherarlo.

La costruzione del mondo alternativo

Il trumpismo 2.0 ha smesso di simulare: ora è palese. La realtà è diventata un’opinione, la verità una variabile. In questo mondo capovolto, è Zelensky a dover chiedere scusa e non Putin a rispondere dell’invasione. Gli europei non sono più alleati, ma approfittatori. E i leader occidentali, se vogliono avere voce, devono accettare le regole del gioco: o con lui, o contro di lui. Giorgia Meloni, che pure conserva un certo senso del ridicolo e non ambisce a fare la tifosa sfegatata come altri colleghi nostrani, si è tuttavia prestata a un copione già scritto.

Un’occasione sprecata

Alla fine, l’incontro ha mostrato la forza di uno e la debolezza dell’altra. Non è stata una visita di Stato, né vera diplomazia. È sembrata piuttosto una tappa del tour elettorale permanente di Donald Trump, con Giorgia Meloni nel ruolo di comparsa. E resta una domanda cruciale: chi si farà davvero carico di difendere l’Europa e l’Italia? Perché nel mondo di Trump si entra con entusiasmo, ma se ne esce solo quando non si è più utili.