Il tour europeo di Volodymyr Zelensky, Londra, Bruxelles, Roma, arriva in un momento in cui le tensioni tra Stati Uniti, Ucraina ed Europa sono tornate a livelli altissimi. Sul tavolo c’è la proposta di pace dell’amministrazione Trump, discussa per tre giorni in Florida dai negoziatori americani e ucraini. Una proposta che, secondo più fonti, concede non poco a Mosca e che infatti il Cremlino ha accolto con inaspettata benevolenza.
Londra, Parigi, Berlino: l’Europa che decide (senza l’Italia)
Lunedì, a Londra, Zelensky sarà ricevuto dal premier britannico Keir Starmer insieme a Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz, un formato ristretto che dà l’idea di chi oggi guida realmente la linea europea sul dossier ucraino. L’Italia non è stata invitata.
La mossa di Meloni: telefonata e visita “recuperata”
Giorgia Meloni prova a rientrare nel quadro annunciando una telefonata con il presidente ucraino e una visita di Zelensky a Roma “entro la settimana”. La premier ha parlato dell’invio imminente di generatori industriali, un contributo certamente utile ma che non modifica la fotografia, Roma non siede al tavolo dove Parigi, Berlino e Londra cercano una posizione comune da presentare a Washington.
Trump spinge per la pace (a modo suo)
Nel frattempo, Trump ha puntato il dito contro Zelensky sostenendo che il leader ucraino “non è pronto” a firmare il piano di pace americano. Una presa di posizione che sembra più un tentativo di mettere Kiev sotto pressione che un’analisi dello stato delle trattative. A complicare il quadro, il fatto che Vladimir Putin abbia definito “impraticabili” alcuni punti della bozza, pur giudicandola, nella sua versione originaria, ampiamente favorevole alla Russia.
Meloni, l’avamposto europeo dell’America trumpiana
È in questo scenario che la posizione italiana si fa interessante. L’amministrazione Trump guarda da tempo a Meloni come a un alleato affidabile in un’Europa considerata poco amica e troppo autonoma. Una sorta di avamposto politico in grado di garantire una sponda dentro l’Unione Europea. Una percezione che la premier italiana non sembra voler smentire, mantenendo un profilo sempre molto prudente quando si tratta di criticare apertamente Washington, anche su questioni delicate come la cessione territoriale chiesta all’Ucraina.
L’ambiguità italiana e i rischi di un isolamento strisciante
La scelta di Meloni di ritagliarsi un incontro separato con Zelensky, fuori dal formato londinese, rischia così di assumere un significato più politico che diplomatico. Da un lato, l’Italia tenta di mostrare attenzione al dossier ucraino; dall’altro, evita di esporsi troppo su una linea comune europea che potrebbe entrare in rotta di collisione con quella statunitense.
Il risultato è una posizione ambigua, ufficialmente europeista e atlantica, nella pratica più vicina al pragmatismo trumpiano che alla fermezza mostrata dai grandi partner europei. Una postura che può forse garantire margini di manovra immediati, ma che rischia di isolare ulteriormente l’Italia in una fase in cui l’unità europea è uno dei pochi strumenti rimasti per influenzare davvero la partita.
Una diplomazia in bilico
Il viaggio di Zelensky, insomma, non racconta solo lo stato del conflitto. Racconta anche l’equilibrio instabile in cui si muove il governo italiano, troppo periferico per essere protagonista in Europa, troppo allineato a Washington per risultare del tutto credibile a Bruxelles. Una zona grigia diplomatica che, alla lunga, potrebbe presentare un conto politico salato.
