
La storia si ripete. Quando gli Stati Uniti cambiano rotta, l’Europa si ritrova a rincorrere, spesso senza una strategia chiara. Questa volta il nodo è la sospensione improvvisa degli aiuti esteri da parte dell’amministrazione Trump, un colpo di scure che ha messo in ginocchio l’USAID, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, e gettato nel caos le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo. In risposta, l’Unione Europea si trova ancora una volta a fare i conti con una realtà che non aveva previsto e, soprattutto, per cui non è preparata.
L’annuncio è arrivato il 20 gennaio 2025, con la firma dell’Ordine Esecutivo 14169, “Rivalutazione e riallineamento degli aiuti esteri degli Stati Uniti”. Donald Trump, con il supporto di Elon Musk, ha bloccato per 90 giorni la maggior parte dei programmi di aiuto gestiti dall’USAID, accusando l’agenzia di essere coinvolta in “corruzione di proporzioni mai viste”. L’ordine ha imposto una pausa su tutti i programmi di assistenza allo sviluppo estero per consentire una revisione approfondita.
Successivamente, il 24 gennaio 2025, il Dipartimento di Stato ha annunciato la sospensione di tutti i programmi di aiuto estero esistenti, fatta eccezione per gli aiuti alimentari d’emergenza e l’assistenza militare a Egitto e Israele. Quattro giorni dopo, il 28 gennaio 2025, sono state introdotte esenzioni aggiuntive, consentendo la prosecuzione dei programmi umanitari destinati alla fornitura di medicine salvavita, servizi medici essenziali, cibo, riparo e assistenza di sussistenza.
Tuttavia, le nuove esenzioni non coprono finanziamenti per aborti, conferenze sulla pianificazione familiare, costi amministrativi non direttamente legati all’assistenza salvavita, programmi legati all’ideologia di genere o alle iniziative DEI (diversità, equità e inclusione), interventi chirurgici per persone transgender e altre forme di assistenza non ritenute salvavita.
Trump e Musk hanno quindi puntato il dito contro l’USAID… Il risultato? Un blocco immediato di 40 miliardi di dollari destinati a oltre 100 Paesi, colpendo duramente Africa, Asia, America Latina ed Europa orientale. Il blocco è stato giustificato dall’amministrazione con accuse di corruzione e spreco di fondi pubblici, aggravando l’incertezza per le ONG che dipendono da questi aiuti
Ma non è tutto. Con 12.700 lavoratori USAID su 13.000 messi in congedo amministrativo, molte missioni umanitarie hanno subito uno stop improvviso. Inoltre, secondo un’inchiesta dell’Associated Press (AP), l’USAID ha perso quasi del tutto la capacità di tracciare 8,2 miliardi di dollari di aiuti umanitari non ancora spesi, a seguito del blocco dei finanziamenti imposto dall’amministrazione Trump e dell’inattività forzata dello staff.
Un rapporto dell’ispettore generale di USAID ha avvertito che la supervisione degli aiuti è ora “largamente non operativa”, rendendo difficile garantire che le risorse non finiscano nelle mani di gruppi estremisti o vadano disperse in regioni instabili o colpite da conflitti. Il watchdog governativo ha anche evidenziato il rischio che centinaia di milioni di dollari in beni umanitari deperiscano senza essere distribuiti, a causa delle restrizioni imposte ai lavoratori dell’agenzia.
Nel frattempo, l’amministrazione Trump e il miliardario alleato Elon Musk hanno continuato il loro smantellamento dell’agenzia, con la General Services Administration che ha ufficialmente revocato il contratto di locazione della sede centrale di USAID a Washington.
“Se gli Stati Uniti volevano cambiare il loro modo di gestire gli aiuti, avrebbero dovuto farlo con più responsabilità e lungimiranza, senza mettere a rischio così tante vite”, ha dichiarato una funzionaria di una ONG europea che riceve fondi USAID.
Il problema è che l’Unione Europea non è pronta a colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti. La Commissione Europea aveva già in programma una revisione della propria strategia di aiuti internazionali, ma ora si trova a dover fronteggiare un’emergenza. Secondo Politico, l’UE potrebbe “potenziare alcune operazioni, ma solo dove i suoi interessi strategici sono in gioco”. Il che significa che non tutti i fondi interrotti da Washington verranno sostituiti.
Secondo Bloomberg, la Commissione Europea sta lavorando a una ristrutturazione del sistema di aiuti internazionali, con l’obiettivo di riallineare i finanziamenti agli interessi strategici dell’UE. Attualmente, l’UE è il secondo più grande donatore di aiuti umanitari al mondo dopo gli Stati Uniti, con un budget di 99 miliardi di dollari nel 2023, mentre gli USA hanno erogato circa 72 miliardi. Tuttavia, l’impatto del blocco americano ha reso ancora più evidente la necessità di una strategia autonoma per il Vecchio Continente.
Il piano prevede di rafforzare le alleanze con Paesi affini, garantire l’accesso alle materie prime e contenere i flussi migratori. Tuttavia, come evidenziato dal documento della Commissione Europea, il bilancio complessivo dell’UE, tradizionalmente pari a circa l’1% del PIL del blocco, è sotto forte pressione a causa delle esigenze che spaziano dalla transizione ecologica alle spese per la difesa.
La sospensione degli aiuti USA ha infatti reso ancora più evidente una realtà che molti funzionari europei temevano: l’UE è ancora lontana dall’essere indipendente dal punto di vista della politica estera. “Ci stiamo avvicinando a un mondo dove il soft power americano non esiste più, sostituito da un rigido pragmatismo protezionista”, ha commentato Rachel Bonnifield, esperta di politiche internazionali al Center for Global Development. “Gli europei devono smettere di aspettarsi che gli USA si facciano carico dei problemi globali e iniziare a costruire una strategia indipendente”.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha parlato di “un’opportunità per dimostrare che l’Europa è un partner affidabile”, ma senza annunciare piani concreti per sostituire i fondi americani. Kaja Kallas, capo della politica estera dell’UE, ha dichiarato: “Dobbiamo far vedere di più la bandiera europea, rafforzando la nostra presenza internazionale”.
La questione è chiara: fino a quando l’Europa continuerà a seguire gli Stati Uniti, senza una propria visione strategica, resterà sempre in balia delle loro decisioni. Il blocco degli aiuti USA è solo l’ultimo esempio di come un cambio di rotta a Washington possa stravolgere le politiche europee.
La domanda ora è: l’UE riuscirà a trasformare questa crisi in un’opportunità per costruire una politica estera indipendente, o continuerà a rincorrere le mosse di Trump? Il tempo per rispondere sta per scadere.
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