Jane Goodall, la donna che ci ha insegnato a vedere l’anima degli scimpanzé

La celebre primatologa britannica si è spenta a 91 anni. Con le sue ricerche rivoluzionarie ha aperto una nuova frontiera nell’etologia, rivelando l’intelligenza, la complessità sociale e l’umanità dei nostri “cugini” più vicini.

Jane Goodall

Jane Goodall nacque a Londra il 3 aprile 1934 con il nome di Valerie Jane Morris-Goodall. Crebbe a Bournemouth, nel sud dell’Inghilterra, in una famiglia che incoraggiò la sua passione per gli animali. La madre Vanne, figura fondamentale nella sua vita, sostenne i suoi sogni fin dall’infanzia, quando Jane trascorreva ore ad osservare galline e a leggere libri d’avventura come Tarzan e Doctor Dolittle.

La sua strada verso l’Africa non fu immediata. Dopo il diploma, lavorò come segretaria e cameriera, ma tenne sempre vivo il desiderio di vivere a contatto con gli animali. Nel 1957 riuscì finalmente a partire per il Kenya, dove avvenne l’incontro che cambiò la sua vita: quello con Louis Leakey, paleoantropologo di fama mondiale.

L’inizio di una rivoluzione scientifica

Leakey, colpito dalla determinazione di Jane e dalla sua curiosità priva di pregiudizi accademici, la scelse per avviare uno studio pionieristico sugli scimpanzé. Nel 1960 Jane arrivò sulle rive del lago Tanganica, in Tanzania, nel parco nazionale del Gombe Stream. Lì cominciò un’osservazione che non si limitava alla distanza tipica della scienza dell’epoca: Goodall decise di immergersi nella vita degli scimpanzé, rispettandone i tempi e i comportamenti fino a conquistare la loro fiducia.

Questa scelta rivoluzionaria cambiò radicalmente l’etologia. Per Jane, gli scimpanzé non erano numeri, ma individui: diede loro nomi come David Greybeard, Fifi, Goliath e Frodo. Questo approccio, inizialmente criticato, le permise di cogliere aspetti della loro vita che nessuno aveva mai descritto prima.

Scoperte che hanno riscritto la storia dell’uomo

Tra le osservazioni più celebri c’è quella di David Greybeard, lo scimpanzé che utilizzava un rametto spogliato delle foglie per catturare termiti. Era la prova che anche i primati costruiscono e utilizzano utensili, capacità fino ad allora ritenuta esclusivamente umana. Leakey, di fronte a questa rivelazione, dichiarò: “D’ora in poi dovremo ridefinire il concetto di utensile, ridefinire il concetto di uomo o accettare gli scimpanzé come esseri umani.”

Le sue ricerche misero inoltre in luce altri aspetti fondamentali:

  • gli scimpanzé non sono solo erbivori, ma possono organizzare vere e proprie battute di caccia e consumare carne;

  • le loro società sono basate su legami familiari fortissimi, ma anche su conflitti violenti e strategie di potere;

  • tra loro possono emergere atti di crudeltà, come l’infanticidio e il cannibalismo, ma anche comportamenti di altruismo, cura e cooperazione.

Goodall mostrò al mondo che gli scimpanzé sono capaci di emozioni complesse, di ragionamento e di cultura sociale. Un patrimonio che li avvicina sorprendentemente all’uomo, tanto da mettere in discussione l’idea di un confine netto tra noi e gli altri animali.

Jane Goodall: dalla ricerca all’attivismo globale

Negli anni Settanta Jane Goodall comprese che limitarsi all’osservazione non bastava più. La rapida riduzione delle popolazioni di scimpanzé, dovuta a bracconaggio, deforestazione e commercio illegale, richiedeva un impegno diretto.

Nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute, organizzazione internazionale che promuove la conservazione dei primati e dei loro habitat, oltre a progetti educativi e civici. Il suo lavoro contro la caccia illegale, la sperimentazione animale e il commercio di carne selvatica africana ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale.

Un momento iconico del suo impegno è rimasto il commovente video del suo incontro con la scimpanzé Wounda, liberata dopo essere stata salvata dal traffico illegale: un abbraccio che ha fatto il giro del mondo come simbolo della connessione profonda tra uomo e animale.

Tra le iniziative più durature c’è Roots & Shoots, avviata nel 1991, che coinvolge giovani in più di 60 Paesi in progetti di riforestazione, tutela ambientale e cittadinanza attiva.

Premi, riconoscimenti e un’eredità senza tempo

Il contributo di Jane Goodall è stato riconosciuto a livello internazionale con numerose onorificenze: Dama dell’Impero Britannico, Messaggera di Pace delle Nazioni Unite, medaglia d’oro dell’UNESCO, oltre a decine di lauree honoris causa.

Oltre al lavoro scientifico, Goodall ha lasciato un’importante produzione editoriale. Tra i testi più influenti c’è The Chimpanzees of Gombe: Patterns of Behavior (1986), considerato il manuale di riferimento sul comportamento degli scimpanzé. Ha scritto autobiografie, saggi e libri per bambini, contribuendo a diffondere la conoscenza della natura al grande pubblico.

Un cambiamento culturale epocale

La morte di Jane Goodall, avvenuta il 1° ottobre 2025 a 91 anni, segna la scomparsa di una figura che non fu soltanto una scienziata. Il suo vero lascito va oltre la ricerca: sta nell’aver insegnato all’umanità a guardare gli animali come esseri senzienti, con emozioni, intelligenza e dignità.

Jane Goodall ha aperto una breccia nella visione antropocentrica del mondo, insegnandoci che proteggere la natura significa proteggere anche noi stessi. La sua voce resta un faro per chi crede in un futuro in cui uomo e ambiente possano convivere in armonia.