Ombre di jamming: l’Europa tra accuse affrettate e giochi di intelligence

La prima vittima della guerra è la verità: il pericolo delle narrazioni univoche

Ursula von der Leyen

L’episodio avvenuto domenica scorsa a Plovdiv, in Bulgaria, ha inevitabilmente destato scalpore. L’aereo che trasportava la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen è stato vittima di gravi interferenze al sistema GPS, costringendo i piloti a un atterraggio manuale con mappe cartacee, dopo aver sorvolato l’aeroporto per circa un’ora. Fortunatamente non vi sono state conseguenze, ma il caso apre uno scenario politico ben più complesso del singolo incidente.

Le autorità bulgare hanno ipotizzato fin da subito una responsabilità esterna, parlando di jamming intenzionale. La Commissione europea, pur confermando il disturbo al segnale, ha rilanciato con toni che evocano il clima di minaccia costante da parte di Mosca. Eppure, il ministro dell’Interno bulgaro Daniel Mitov ha escluso la pista di un cyberattacco, mentre il Cremlino ha negato ogni coinvolgimento.

Il punto non è tanto stabilire se la Russia abbia o meno diretto un’operazione mirata a disturbare l’aereo di una delle figure politiche più esposte dell’Unione. Il nodo è un altro: quanto possiamo fidarci di ipotesi e sospetti che, puntualmente, sembrano convergere sempre sulla stessa potenza accusata?

Il caso del gasdotto Nord Stream

La storia recente insegna prudenza. Il caso del sabotaggio del gasdotto Nord Stream è emblematico: inizialmente attribuito a Mosca, l’attentato si è rivelato, grazie a indagini e inchieste giornalistiche, un’operazione organizzata da apparati ucraini. L’Europa, privata di una delle sue principali fonti energetiche, si è ritrovata ancora più dipendente da costosi approvvigionamenti alternativi, mentre gli Stati Uniti hanno rafforzato la propria posizione come esportatori di gas liquefatto.

È dunque lecito chiedersi se il disturbo al GPS che ha colpito l’aereo di Von der Leyen non possa essere il risultato di manovre di terzi, volte a esacerbare le tensioni tra Bruxelles e Mosca. Un’operazione di intelligence che, simulando un’azione ostile russa, avrebbe l’effetto immediato di irrigidire l’Unione e accelerare decisioni politiche favorevoli all’Ucraina: più aiuti militari, più fondi, più coinvolgimento in un conflitto da cui l’Europa, a parole, vorrebbe tenersi a distanza.

Non si tratta di assolvere il Cremlino, che in passato ha fatto ampio uso delle tecniche di jamming per proteggere aree sensibili o per disturbare la navigazione in teatri di conflitto. Ma ridurre ogni evento sospetto a un’azione russa significa adottare un paradigma che rischia di diventare esso stesso uno strumento politico. Un riflesso condizionato che sottrae all’Europa lucidità e capacità di valutazione indipendente.

Episodi da boomerang

Von der Leyen, in questi giorni in missione nei paesi dell’Est europeo, porta con sé un messaggio di fermezza: l’Unione deve investire di più in difesa e mantenere incrollabile il sostegno a Kiev. Tuttavia, episodi come quello di Plovdiv rischiano di trasformarsi in un boomerang se non vengono trattati con la cautela necessaria. Alimentare narrazioni univoche senza prove solide significa farsi trascinare in un gioco che altri, dai servizi segreti ucraini a potenze interessate all’escalation, potrebbero condurre con grande abilità.

La guerra in Ucraina ha dimostrato che la verità è spesso la prima vittima dei conflitti. Tra propaganda, operazioni coperte e manipolazioni mediatiche, distinguere i fatti dalle percezioni è un compito arduo ma indispensabile. L’Europa, se vuole davvero essere autonoma e strategicamente solida, deve imparare a non cadere nella trappola delle accuse immediate e a considerare anche scenari scomodi.

La lezione del Nord Stream resta lì a ricordarci che il nemico non è sempre quello che appare. E che, a volte, le mani invisibili che agitano le acque non arrivano da Mosca, ma da molto più vicino.