“Voglio raccontare la storia di tutti noi”. Intervista a Chiara Grimaldi

Il suo singolo “Aquilone” in rotazione radiofonica

Chiara Grimaldi

Chiara Grimaldi sorride e ha occhi pieni di vita mentre racconta chi è.

È una cantautrice giovane e fresca, ma piena di voglia di far conoscere la sua musica e continuare a migliorarsi.

Il suo primo singolo “Aquilone” è disponibile su tutte le piattaforme streaming e in digital download da venerdì 23 ottobre ed è prodotto dall’etichetta discografica Dear John Music.

Il singolo

“Aquilone”  racconta l’esigenza di cambiare e di credere in se stessi. Un’esigenza forte, che spinge contro ogni luogo comune, e che nasce dalla abitudine inconscia di attribuire forme di etichette discriminanti, o peggio di viverle in prima persona. Un brano che nasce spontaneamente in una camera, ma che cela subito una consapevole autoriflessione da una parte; mentre dall’altra coinvolge il suo ascoltatore in un vortice di immagini sin dalla prima strofa.

La libertà viene affidata all’immagine di un “Aquilone” nel ritornello, che si allontana volando via da falsità e menzogne, un “Aquilone”  consapevole di se stesso, forte e che non si fa schiacciare da “Grattacieli che sanno di ruggine”, ovvero da persone, frasi, immagini o situazioni, perché anche Chiara Grimaldi come il suo “Aquilone” vuole volare alto.

La produzione artistica del brano, è stata affidata a Matteo Sandri de “Il Monostudio” di Milano, che ha cucito un sound inglese, ma soprattutto beatlesiano, regalando ad un testo così forte, MA orecchiabile allo stesso tempo.

Un invito all’autenticità

Chiara, “Aquilone” è uscito in ottobre. Cosa racconta questo brano?

“Aquilone” racconta il bisogno di saper far valere chi si è, la propria persona e il proprio vissuto. L’ “Aquilone” rappresenta il nostro mondo interiore, capace di volare sopra i giudizi e le critiche svalutanti, che a volte possono segnarci e lasciare dei lividi.
Raffigura la libertà e il coraggio di essere chi si vuole, quando e come lo si vuole.
A volte ci facciamo condizionare troppo da fattori esterni per questo “Aquilone” vuole anche invitare a rimanere se stessi, senza necessariamente cambiare perché mutano l’ambiente o le persone che ci circondano, fingendo di essere ciò che non siamo.

Questo pezzo anticipa un album?

L’idea al momento è svelare un singolo alla volta, mostrando il mio mondo un passo dopo l’altro, svelandomi sempre di più, con sfumature diverse che appartengono allo stesso colore.

Fare la cantante

Quando hai deciso che la musica sarebbe stata la tua vita?

In cuor mio l’ho sempre sognato: facevo gli spettacoli in casa con i miei genitori sin da piccola e ho sempre amato cantare.

A 10 anni ho iniziato a suonare chitarra e pianoforte, in prima liceo cantavo con una blues band e facevamo dei concerti nei locali, ma ho davvero realizzato che era ciò a cui avrei voluto dedicarmi professionalmente quando avevo 18 anni.

Ero in Argentina per uno scambio interculturale ed è stata un’occasione per riscoprire me stessa.
Un giorno io e il mio gruppo, composto da italiani e argentini, siamo andati a visitare una cappella nel bosco, invidiata da tutti per l’acustica incredibile.

La ragazza che mi ospitava ha proposto di farmi cantare, così sono andata al centro della cappella, ho intonato la prima strofa dell’Hallelujah e si è creata un’atmosfera incantata, di ascolto totale e grande connessione  tra me e le persone che mi stavano ascoltando. Una volta conclusa la performance, una persona mi ha abbracciata piangendo, l’ho guardata negli occhi ed è lì che ho pensato: “Voglio e devo fare questo lavoro”.

 Chiara Grimaldi

Scrivere testi

I mesi del lockdown sono stati complessi per tutti, la solitudine un po’ forzata ti ha portato a scrivere musica oppure ad apportare delle modifiche al tuo stile?

I mesi del lockdown sono stati fondamentali, ho scritto molto e ormai non riesco più a farne a meno. In quel periodo mi sono messa molto in discussione cercando di diversificare le canzoni che scrivevo, mantenendo però sempre il mio stile, che grazie alla Dear John  Music, è sempre più forte e consapevole.
È stato un lavoro difficile, stimolante e di enorme crescita. La creatività è un mondo meraviglioso,  ma è necessario avvertire la sensazione di vuoto, di tabula rasa della mente, per poter poi creare canzoni.

Un tuo pensiero sulla crisi dello spettacolo sulla chiusura dei luoghi di cultura.

A costo di essere ripetitiva, dico che la mancanza più grande è quella dei concerti: sono un modo per stare insieme e creare legami e per me rappresentano la massima espressione di quello che scrivo.

È un momento magico per l’artista e il pubblico perché permette di conoscersi meglio. L’esibizione live è un rituale e l’essere umano ne ha bisogno.

Come si è evoluta la tua parte artistica da quando hai cominciato?

Si è evoluta sempre di più quando ho iniziato ad anteporre i miei valori alle  mie insicurezze. Inizialmente scrivevo in inglese – anche se ho sempre desiderato scrivere in italiano – per paura del giudizio: l’inglese mi permetteva di “nascondermi”.
Poi ho pensato che i testi mi piacevano e magari potevano piacere anche a qualcun altro, così mi sono fatta coraggio e ho inviato i provini alla Dear John.
E da li è partito il viaggio.

La voce

E come si è evoluta la tua voce?

Che bella domanda! Senz’altro ho sentito un cambiamento vocale.

Come ti dicevo poco fa, ho sempre cantato in inglese e ho sviluppato una vocalità molto potente.

Tuttavia quando cantavo le canzoni che scrivevo, all’inizio avvertivo una sorta di contraddizione tra quello che dicevo e come lo dicevo perché tendevo a cantare anche le canzoni pop come se fossero blues, ma usando tutta quella potenza, c’era il rischio che il messaggio si perdesse.

Matteo Sandri, a cui è stata affidata la produzione, quando sono andata in studio per registrare mi ha suggerito di cantare ancora più piano e quando mi sono riascoltata, in effetti, mi sono riconosciuta.

In passato quando registravo, c’era sempre qualcosa che non mi convinceva e poi ho capito perché: pretendevo di usare lo stile che usavo per cantare le cover anche per miei brani, ma non poteva funzionare.

Quando finalmente ho capito qual è la mia voce, per me è stato un momento magico.

Per quanto riguarda la tua sfera personale ci sono degli aspetti su cui senti di dover ancora lavorare?

Mio nonno mi diceva sempre: “La tua anima da piccola peste ti accompagnerà anche quando avrai la mia età!”. (Ride, ndr.)
Penso sia importante lavorare sulla propria crescita personale: sto imparando a far tacere l’orgoglio e a volte vorrei essere un po’ meno dura con me stessa, oltre che meno diffidente nei confronti di ciò nuovo.

La vita nei testi

Quanto c’è di autobiografico nei tuoi testi?

In alcune canzoni c’è molto, in altre meno. Cerco di scrivere partendo dal mio vissuto, ma vorrei che chi mi ascolta si riconoscesse nei miei testi.

Parto dal particolare, per arrivare all’universale: desidero raccontare la storia di tutti noi.

Che suggerimento vorresti dare a un giovane che desidera intraprendere il percorso musicale?

Suggerirei di affidarsi a persone che sappiano sempre valorizzarlo e non farlo sembrare qualcosa che non è, di essere pronto a fare  sacrifici e di sognare sempre.

Il sogno ci mantiene vivi.

I progetti

Che progetti hai per i prossimi mesi?

Scrivere, scrivere, scrivere e poi chissà.
Io e la Dear John abbiamo già iniziato a lavorare ad altre canzoni che presto prenderanno forma.
L’importante è non fermarsi.